Quirinale. Una elezione che ha del paradossale

ROMA – Siamo ancora una democrazia parlamentare? Si direbbe di no.  Ogni giorno che passa Camera e Senato decidono sempre meno.

E va bene che le assemblee parlamentari sono composte da nominati e non più da eletti, tuttavia, per la nostra carta fondamentale esse dovrebbero assumere tutte le decisioni più importanti per il paese. Invece, di giorno in giorno sono sempre meno le decisioni assunte dalle aule. Così, anche oggi, un altro mattone delle prerogative parlamentari è caduto. 

L’iter per l’elezione del Presidente della Repubblica ha seguito un metodo tanto inusitato quanto lesivo delle prerogative parlamentari. La decisione non solo è stata assunta dal solo presidente del consiglio senza alcuna collegialità, ma, in barba alla segretezza del voto, sembra essere stata “militarmente” monitorata, tant’è che le schede riportavano una diversa dicitura: Mattarella, S. Mattarella, on. Mattarella prof. Sergio et similia.

Certo, c’era l’inquietante precedente dei 101 franchi tiratori che affossarono la candidatura Prodi. Stavolta è successo il contrario, sarà che ballavano poltrone da ministri, candidature e ipotetiche alleanze future e allora tutti si sono adeguati e non solo hanno obbedito ma hanno anche firmato il voto.

Ciò che colpisce di più non è tanto il comportamento meschino di chi voleva salvare il proprio futuro politico ma la memoria corta di molti di quelli che oggi sono in Sel che, al tempo della guerra in Kosovo, governo D’Alema e ministro della difesa Mattarella, organizzarono manifestazioni in piazza e si offrirono come bersagli, recandosi nelle zone di guerra.

Il governatore della Puglia ieri auspicava la nascita di una Syriza italiana e oggi un accordo di governo con Renzi. Ma qual è il progetto politico di Sel? Quello di un paese obbediente ai dettami dell’Europa di banchieri e finanzieri, che piace a Renzi e ai suoi sponsor, o quello dell’Europa dei popoli? La democrazia o l’oligarchia?

Vero è che a sinistra si auspicava l’uscita dal Patto del Nazareno, ma è evidente che quel patto è ormai concluso, non perché rotto, ma perché ciò che esso prevedeva è stato fatto. O meglio, restava da fare l’indicibile: la restituzione dell’agibilità politica a Berlusconi. 

Da tutta questa vicenda emerge quanto l’ex Cavaliere  non sia più in grado di elaborare una tattica. Si pensava che avesse questo problema solo rispetto alla sua disastrata squadra di calcio, oggi abbiamo capito che non ne ha più neppure in politica. 

Ha fatto votare ai suoi nominati tutto quanto richiestogli da Renzi, nella speranza di avere forse in cambio la depenalizzazione del reato per cui è stato condannato e di conseguenza il passaporto per tornare nell’agone politico. Non ha capito, però, di avere di fronte un allievo che ha superato di gran lunga il maestro, tant’è che in pochi mesi è riuscito ad andare ben oltre il suo  programma, ha fatto cose che al maestro non era mai riuscito a fare. Sarà l’effetto di un diverso vessillo o sarà che è riuscito a sfilare all’ex Cavaliere la sua la base elettorale e sociale (basti vedere quali sono i quartieri in cui il Pd riporta più preferenze). Povero (si fa per dire) Berlusconi, tutti, fortuna compresa, gli stanno voltando le spalle, anche se i pochi colonnelli che gli sono rimasti accanto affermano che da oggi nasce una nuova destra.

Ma v’è di più, l’elezione odierna ha in sé del paradossale. Non ci riferiamo certo alla persona eletta, che ha alle spalle un dramma familiare che accomuna tante famiglie italiane vittime delle mafie, un’attività parlamentare di cui non si ricordano episodi discutibili. 

Il paradosso è un altro, è che il nuovo presidente dovrà firmare quella legge elettorale appena varata, l’Italicum, così simile, se non addirittura peggiore, di quel Porcellum che, in qualità di membro della Corte Costituzionale, ha censurato. Così come dovrà, si auspica, promulgare qualche legge che tagli le retribuzioni più alte, che sempre da quella postazione, però, ha bocciato. Dovrà apporre la sua firma su qualche altra legge che “riabiliti” Berlusconi? Speriamo di no.

Sarà quello, comunque, il vero banco di prova per vedere se oggi è stato davvero eletto chi dovrà rappresentare l’unità nazionale ed essere il presidente di tutti gli italiani.

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