Mafie e Vaticano, collusioni evidenti

ROMA – Il legame tra ambienti vaticani e criminalità organizzata non è certo cosa nuova.

Venne alla luce con gran risonanza grazie agli scandali legati alla gestione dello Ior, la banca vaticana, del cardinale Paul Marcinkus (presidente dell’istituto per quasi vent’anni), prelato americano spregiudicato che, sebbene indagato dalla magistratura italiana, il Vaticano protesse entro le sue mura, assicurandogli immunità dalla giustizia e permettendogli di finire i suoi giorni in una parrocchia negli Stati Uniti, al riparo da ogni richiesta di estradizione. 

Dentro lo Ior in quegli anni la magistratura dimostrò che passavano i soldi e gli affari di Guido Calvi e Michele Sindona, i due faccendieri protagonisti delle enormi truffe legate al Banco Ambrosiano e associati saldamente ad ambienti della criminalità organizzata. Marcinkus e i suoi sodali ebbero rapporti strettissimi anche con Licio Gelli e la loggia massonica P2 della quale facevano parte politici, magistrati, militari, finanzieri e criminali italiani di alto livello. 

Calvi e Sindona morirono e ancora oggi sull’accaduto si sa poco o nulla. Quasi nulla si sa del caso, mediaticamente noto, relativo al coinvolgimento di preti e monsignori col boss romano De Pedis, noto alle cronache come Renatino, il quale ha avuto persino l’onore della sepoltura nella chiesa di Sant’Apollinare: un privilegio negato ai comuni mortali ma stranamente concesso al capo della banda della Magliana considerato dai sacerdoti di Sant’Apollinare un benefattore. Enrico De Pedis donò molto denaro alla Chiesa, certo di qualche tornaconto. Non possiamo neanche non ricordare il caso Emanuela Orlandi che ancora una volta dimostra rapporti occulti tra la Chiesa e il crimine organizzato. È dei giorni nostri l’uscita di scena del banchiere Ettore Gotti Tedeschi dalla presidenza dello Ior (che guidava dal 2009) avvenuta praticamente a cavallo tra la rinuncia al soglio da parte di Benedetto XVI e l’elezione di Papa Bergoglio che nel suo pontificato sta agendo con mano ferma e senza fare sconti per ripulire e riformare la banca vaticana. Gotti Tedeschi è entrato in conflitto con la Curia romana con la quale sono volate accuse incrociate circa la gestione dell’istituto. 

Polemiche provocate dall’apertura di alcune indagini giudiziarie in Italia che dimostrano come la banca vaticana sia diventata negli anni uno strumento di ripulitura di denaro sporco frutto delle imprese criminali, oltre che di finanzieri disposti a tutto pur di arricchire sempre più se stessi e i loro complici, per acquisire un potere sempre più ampio nei confronti delle istituzioni italiane. Non dobbiamo mai dimenticarci che il silenzio è la componente fondamentale della mentalità mafiosa e non di rado ha contraddistinto l’atteggiamento della Chiesa Cattolica verso il fenomeno mafioso, benché ci siano stati e ci siano tuttora esponenti che hanno squarciato il velo dell’omertà, a rischio della propria vita. Alcuni di loro, come Don Pino Puglisi e Don Peppe Diana, l’hanno addirittura persa, sacrificandosi per la propria comunità. Sappiamo che le mafie non hanno mai mancato di ostentare una religiosità di facciata, “foglia di fico” delle loro imprese criminali. Una volta di più, e a maggior ragione dopo la scomunica di Papa Francesco ai mafiosi e ai loro conniventi,  credo sia obbligo della Chiesa denunciare e ribadire che non può esserci compatibilità di nessun tipo con le mafie.

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