L’economia e il profitto condizionano il diritto alla salute

ROMA – Negli ultimi trent’anni la tutela della salute si è trasformata da diritto costituzionalmente garantito a parametro economico e finanziario. Lo svuotamento della rappresentanza popolare nella moderna democrazia e nei suoi equilibri istituzionali ha inciso e non poco sui principi costituzionali in materia di sanità.

Un mix di concause ha influenzato fortemente il ridimensionamento della sanità pubblica (la riforma costituzionale del titolo quinto, le politiche europee, l’enorme crescita della sanità privata). Del popolo e del suo ruolo centrale resta solo il simbolo sterile, mentre il potere reale di decisione si distribuisce tra politici, burocrati, e imprenditori. I tagli alla sanità rappresentano la regola amministrativa fondamentale. Gli obiettivi di miglioramento della salute, le risposte ai bisogni e alle aspettative, in tema di salute e di assistenza sanitaria sono un miraggio, slogan, chiacchiere e smentite regolano il sistema. Il dato reale e drammatico è che la crisi economica e i costi dei servizi sanitari portano moltissimi cittadini a rinunciare alle cure a causa delle difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie, determinata da liste d’attesa troppo lunghe e da costi notevolmente aumentati. L’alternativa è il privato. Il legislatore statale impone alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva , in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali condizionati anche da obblighi comunitari a ciò si aggiungono altissima corruzione, sprechi e mala gestione con disavanzi osceni e il tutto manda in crisi il sistema della sanità pubblica. A favore di chi? Riteniamo che un sistema politico irresponsabile sta ipotecando il futuro dei suoi figli mentre tutto resta fermo ed immobile e il cittadino non reagisce.

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