Travolta dalle polemiche sull’irresponsabile prelievo di mille e duecento litri d’acqua al secondo dal lago di Bracciano, l’Acea, l’azienda comunale di Roma, fa sentire finalmente la sua voce con un clamoroso mea culpa. Nonostante la difesa d’ufficio offerta gratuitamente dalla sindaca Raggi, il suo presidente è inquisito per disastro ambientale e oggi fa un passo indietro.
Da un comunicato dell’Ansa risulta che l’Acea ha dichiarato di aver finalmente fatto un’opera di controllo lungo i cinquemila chilometri della rete idrica di Roma per eliminarne le rotture e la dispersione di acqua. Una volta conclusa, l’operazione consentirà il recupero di oltre mille litri di acqua al secondo, i tempi previsti sono entro l’anno. Di conseguenza, sempre secondo quanto fa sapere l’Ansa, l’Acea si impegna fin da oggi a non prelevare più acqua dal lago di Bracciano al più tardi entro l’estate del 2018.
I mille e duecento litri al secondo che da anni sta succhiando dal lago, l’azienda comunale ammette di poterli recuperare eliminando le perdite dalle sue tubature colabrodo. Sarà da credergli?
Ora il gioco è scoperto: che il lago di Bracciano non sia una cisterna dalla quale prelevare di regola l’acqua per Roma è finalmente a conoscenza di un’intera popolazione, e per i responsabili del colpevole prelievo sarà più difficile agire sotterraneamente come hanno fatto finora.
Intanto, l’agonia del lago continua: sull’idrometro di Trevignano oggi si legge chiaramente che il livello dell’acqua è sceso di 160 centimetri, più di un metro e mezzo, che calcolato sull’intera superfice del lago sono milioni e milioni di litri d’acqua perduti. Chi li restituirà mai ad un lago che invece di essere sfruttato come si è fatto finora, dovrebbe essere protetto perché inserito in un contesto idrogeologico che fa parte di un parco regionale? Ci sarà mai una class action delle popolazioni rivierasche con richiesta di risarcimento danni per milioni di euro?