2025: con Brigitte quanti vip ci hanno lasciato!

                  Si calcolano a decine i Vip che ci hanno lasciato nel 2025, decisamente l’anno più funesto soprattutto per il mondo dello spettacolo: attori, attrici, cantanti, ballerine, artisti di ogni genere, gente di cinema, di teatro e di televisione, ma anche scrittori e scienziati, se ne sono andati all’altro mondo nell’arco dei dodici mesi in misura maggiore di quanto sia avvenuto negli anni scorsi, alla media di quasi tre al mese, una dipartita ogni dieci giorni.

                  Di conseguenza, nel 2025 il “paradiso degli artisti” si è arricchito di nomi importanti, tutti accolti sul cancello semiaperto fra le nuvolette bianche dal celeste guardiano dalla lunga barba, l’aureola sulla testa e un mazzo di chiavi in mano, come lo rappresenta ogni volta Emilio Giannelli nella sua quotidiana vignetta in prima pagina sul Corriere della sera: San Pietro incaricato dall’Altissimo di ricevere i nuovi arrivati sulla soglia dell’aldilà.

                  Ad aprire l’elenco delle dipartite è stata, il 2 gennaio, Rosita Missoni, designer di maglieria, madre di un mito della moda italiana, si devono a lei i coloratissimi maglioni diventati un simbolo della casa. Ma la perdita più importante il mondo della moda l’ha avuta con la repentina scomparsa il 4 settembre di Giorgio Armani, lo stilista milanese che ha lasciato, oltre ad un considerevole patrimonio materiale, un mondo di creatività che ha non ha uguali: famosa la sua giacca destrutturata che non c’é vip che non voglia indossarla come una divisa irrinunciabile nelle grandi occasioni.

                    Fra gli attori l’americano David Lynch, attore, regista, musicista, quello di Twin Peaks, Velluto blu, Elephant Man: è morto il 16 gennaio, a 78 anni per un enfisema polmonare incurabile: aveva fumato in interrottamente, lo ha confessato lui stesso in un’intervista, per tutta la vita dall’età di otto anni. Lo ha seguito di pochi giorni, il 30, anche lei all’età di 78 anni, Marianne Faithfull, attrice e cantante inglese protagonista degli anni della Swinging London, popolarissima quando ebbe una storia d’amore con il più importante dei Beatles, Mick Jagger.

                  L’elenco degli uomini e delle donne di cinema che ci hanno lasciato è particolarmente lungo: si apre con Robert Redford spentosi a 89 anni, peraltro fino all’ultimo portati benissimo. Attore, regista, l’ultimo vero anti-divo di Hollywood, con i primi risparmi disponibili si era comprato un’intera valle nello Utah, dove aveva fondato il Sundance Festival, una rassegna di film indipendenti che per anni ha attirato nomi illustri della mecca del cinema. Ma da ricordare sono le sue interpretazioni in Butch Cassidy, La stangata, La mia Africa, L’uomo che sussurrava ai cavalli, I tre giorni del condor. Di lui si poteva dire, come di una star femminile, che godeva delle tre B: biondo, bello e bravo. Così almeno una volta lo aveva definito un ufficio stampa senza molta fantasia.

                  Gene Hackman, trovato morto a 95 anni nella sua villa di Santa Fè in New Mexico, è l’attore americano protagonista di decine di film d’azione come Il braccio violento della legge, Nemico pubblico, Gli spietati. Memorabile il ruolo che ebbe come presidente degli Stati Uniti coinvolto nell’uccisione di una giovane amante. Il film è passato più volte di recente alla nostra televisione fra i classici da salvare. Mai così attuale, col presidente Usa che ci ritroviamo oggi.      

                  Claudia Cardinale si è spenta a 87 anni a Parigi dove viveva da molti anni, non per sfuggire alle tasse in Italia ma perché il francese era la sua lingua madre, lei tunisina arrivata al cinema per caso: aveva vinto in patria un concorso di bellezza che aveva come premio una settimana alla Mostra di Venezia. Era giovanissima e bellissima. Non tardò a farsi notare. In seguito avrebbe lavorato per i maggiori registi italiani. Nella sua filmografia c’è tutto il cinema italiano: il Luchino Visconti del Gattopardo e di Vaghe stelle dell’Orsa, ilFellini di Otto e mezzo, MarioMonicelli dei Soliti ignoti, MauroBolognini di Bell’Antonio, Valerio Zurlinidella Ragazza con la valigia, Luigi Comencini della Ragazza di Bube, Sergio Leone di C’era una volta il West, Damiano Damiani del Giorno della civetta, Liliana Cavani de La pelle. E’ stata una grande star internazionale, avendo avuto anche all’estero registi di primissimo piano.

                  Ultimo della serie, il regista americano Rob Reiner, a 78 anni è morto il 15 dicembre nella sua villa di Los Angeles ucciso a coltellate dal figlio irrimediabilmente drogato che nell’occasione non ha risparmiato la mamma, la fotografa Michele Singer che il padre aveva sposato dopo averla conosciuta sul set del suo film più noto. Una strage hollywoodiana che ricorda quella commessa nel 1969 dalla setta del diabolico Manson che costò la vita a Sharon Tate, la bellissima moglie di 26 anni di Roman Polanski. Reiner, autore di moltissimi film di successo, è noto soprattutto per aver diretto Harry ti presento Sally, la gustosissima commedia del 1989 con Meg Ryan e Billy Crystal che tutti ricordano soprattutto per la scena del finto orgasmo inventato al ristorante da Sally per contraddire Harry in una discussione sulla psicologia femminile. Al termine, al cameriere che le chiede cosa vuole ordinare, la signora del tavolo vicino dopo aver assistito alla commedia risponde: “Lo stesso che ha preso la signorina”. Una curiosità da cinefilo: per quella scena il regista Reiner aveva chiamato sul set, ad interpretare l’anziana signora, proprio sua madre, che qui ha avuto la sua prima e ultima prova d’attrice. Reiner è stato anche attore, va ricordato in Pallottole su Broadway di Woody Allen che si disse molto soddisfatto della sua performance.

                  Terence Stamp, l’attore inglese noto anche da noi per aver interpretato, sotto la regia di Joseph Losey e al fianco di Monica Vitti, la commedia Modesty Blaise ispirata ad una fortunata serie di fumetti, ma era stato anche Il collezionista di William Wyler. E’ morto l’indomani di Ferragosto, a 87 anni.

                  Diane Keaton è stata la musa ispiratrice di Woody Allen del qualeha interpretato ben sette film, fra cui Manhattan, Il dormiglione, Io e Anne. Saranno questi a darle l’immortalità cinematografica. Si è spenta in ottobre a quasi 8o anni.

                  Lea Massari ha cominciato come indossatrice poi è passata al cinema lavorando con registi di vaglia: Michelangelo Antonioni de L’avventura, Nanni Loy de Le quattro giornate di Napoli, Dino Risi di Una vita difficile che ha interpretato accanto ad Alberto Sordi in uno dei rari ruoli drammatici interpretati dal popolare attore comico. In teatro aveva fatto Rugantino, la celebre commedia musicale di  Garinei e Giovannini andata in scena al Sistina. Si era ben presto ritirata dal cinema dopo aver sposato un ex- pilota dell’Alitalia, rifugiandosi prima sulle rive del lago di Bracciano, poi in Sardegna, dove aveva girato il suo primo film, prodigandosi a raccogliere cani perduti senza collare. E’ morta in giugno a 91 anni.

                  Adriana Asti, prima doppiatrice, poiattrice di teatro, cinema e televisione, ha lavorato con Bernardo Bertolucci e Pier Paolo Pasolini, è morta, a 94 anni a luglio, mentre era in corso la Mostra del cinema di Venezia che le ha tributato un omaggio pubblico per aver lavorato a lungo con la Biennale Teatro. E’ stata una delle più brave attrici italiane sia sulla scena teatrale che sui set cinematografici e negli studi televisivi, sempre chiamata ad interpretare ruoli impegnativi in lavori di qualità.

                  Eleonora Giorgi, figlia di un dipendente di Cinecittà che andava a trovare spesso sul set, non ha tardato a farsi notare per il fisico prorompente: ma ha avuto atto anche ruoli importanti, come Cuore di cane di Alberto Lattuada, che si vantava di averla scoperta, lui che si considerava un talent-scout: la prima, Carla del Poggio l’aveva sposata, tante altre sarebbero venute dopo.

                  Nadia Cassini, deve tutto al cinema italiano di serie B anche se non le ha offerto ruoli più importanti. Era stata definita da un paparazzo “il più bel lato B del cinema Italiano”: e li è rimasta. Si è spenta quasi dimenticata a 76 anni.

                  Alvaro Vitali, il pestifero Pierino di tanti film scollacciati che ha interpretato da autentico caratterista. E’ morto nella sua Roma in giugno a 75 anni.

                  Enzo Staiola: chi non ricorda il bambino di Ladri di biciclette, in lacrime accanto al padre accusato di furto? Si racconta che per farlo piangere come serviva alla scena Vittorio De Sica gli mise in tasca dei mozziconi di sigarette accusandolo, sul set, di essere un raccoglitore di cicche. Non era vero e il piccolo Staiola pianse di vera disperazione. Non ha più fatto l’attore, come avrebbe voluto. E’ morto in giugno a 85 anni dopo una vita passata come impiegato del Catasto di Roma.

                  Fra i personaggi che nel 2025 hanno lasciato questa “valle di lacrime” (come diceva mio nonno citando, senza saperlo, un passo della Bibbia) oltre a Papa Francesco che si è spento a 88 anni il 21 aprile, per tradizione il giorno del Natale di Roma di cui il papa era vescovo, nel suo letto nel residence di Santa Marta che aveva preferito all’appartamento papale nel palazzo apostolico che sovrasta piazza san Pietro, meritano di essere ricordati, scrittori, studiosi, artisti, sportivi, giornalisti, uomini e donne della televisione. Non solo, dunque, divi del cinema.

                  Due sportivi: Nino Benvenuti, pugile carico di titoli, di medaglie, di popolarità. Era il più bello fra quanti salivano sul ring ai suoi tempi.  Avrebbe potuto fare l’attore, ebbe fuggevoli suggestioni politiche, ma è passato alla storia come un grande della box. E mentre l’Italia esulta per le imprese, davvero straordinarie, del giovane campione (e fuoriuscito fiscale) altoatesino Jannik Sinner, il tennis mondiale ha perduto, il primo dicembre a 92 anni, un altro autentico campione: Nicola Pietrangeli che ai suoi tempi non era stato meno popolare. Specialista anche di polemiche: con i colleghi di racchetta, con i dirigenti sportivi, con i giornalisti del settore, perfino con il pubblico. Era cresciuto in Tunisia con la madre russa, figlio di un colonnello zarista in fuga dalla rivoluzione del 1917. A Roma da bambino non parlava italiano ma francese, e lo prendevano in giro. Con lui l’Italia ha vinto nel 1976 la Coppa Davis, quella vera, non quella di oggi, precisano i nostalgici. “Ciao Nicola, ti ho voluto veramente bene, accidenti a te”. Con questo necrologio sul Corriere della sera del 2 dicembre scorso Adriano Panatta ha salutato l’antico rivale.

                  Due giornalisti: Bruno Pizzul, morto in marzo a 67 anni, voce inconfondibile di tante cronache sportive, prima alla radio poi alla tv. Indimenticabile quella del tragico incontro Juventus-Liverpool nello stadio Heysel di Bruxelles, dove una disumana calca di spettatori provocò la morte di decine di persone, molti gli italiani. Con grande professionalità Pizzul seppe passare di colpo dal banale racconto di una partita di calcio alla telecronaca di un raccapricciante dramma umano: “Ci sono vittime” disse con voce rotta quando fu noto il tragico bilancio. Ed Emilio Fede, già corrispondente della Rai dal Cairo, dei cui casinò era assiduo frequentatore al punto che spesso era costretto a chiamare il cassiere di viale Mazzini per farsi anticipare parte dello stipendio divorato dalle immancabili perdite sul tavolo verde. Il collega e fine umorista Carlo Mazzarella gli aveva appioppato per questo il soprannome di “Sciupone l’Africano”. Aveva sposato la figlia del direttore generale della Rai, ma non solo per questo faveva fatto una bella carriera (sempre Mazzarella tornò a definirlo “Sui generi”). Più tardi fu attratto dalla stella di Berlusconi e imboccò un’altra strada, che gli procurò qualche guaio giudiziario. E’ morto a settembre, aveva 94 anni.

                  Due scrittori: Fulco Pratesi, ambientalista, fondatore del WWF, ligio alla sua filosofia di vita basata sul rispetto della natura e della salute. Non beveva mai acqua minerale commercializzata in bottiglie di plastica, ma solo l’acqua del rubinetto o, come diceva, “L’acqua del sindaco”, facendone uno slogan entrato nell’uso. E Mario Vargas Llosa, lo scrittore premio Nobel per la letteratura nel 2010. Era nato ad Arequip, è morto a Lima ad aprile a 89 anni, si sentiva più spagnolo che sudamericano. I venti, uno dei suoi ultimi libri, una sorta di irridente testamento spirituale dedicato ai suoi lettori, è stato pubblicato postumo da Einaudi: poche pagine piene di caustica saggezza.

                  Due ballerine: Alice ed Hellen Kessler se ne sono andate a novembre, avevano 89 anni. Sono vissute insieme e sono morte insieme avendo fatto ricorso alla discussa formula del suicidio assistito, che da noi non è ammesso per legge mentre in Germania è consentito. Dopo aver ballato in tv, in teatro, al cinema, le più famose gemelle tedesche dello spettacolo che in Italia avevano trovato l’America, con la loro scelta di morire insieme hanno suscitato postume polemiche. Sono state sepolte in una sola urna nella stessa tomba. Insieme quaggiù per tutta la vita, nessuno oserà dividerle lassù.

                  Due artisti dell’immagine: Oliviero Toscani, il fotografo che ha segnato un’epoca: i suoi ritratti, le sue provocazioni, le sue interpretazioni della realtà sono spesso autentiche opere d’arte. E Giorgio Forattini, morto a gennaio a 82 anni, il più geniale della generazione di vignettisti del dopoguerra: le sue caricature, soprattutto dei politici, hanno suscitato il divertimento dei lettori dei giornali che le hanno ospitate ma anche la stizza degli interessati. Merita di ricordarne qualcuna: Craxi in camicia nera e con gli stivaloni di Mussolini, Spadolini nudo e con una pancia debordante ma con un pisellino da neonato, Andreotti vestito da seminarista, Fanfani che salta come il tappo della bottiglia di champagne aperta per festeggiare la sua sconfitta al referendum indetto nel 1974 nel tentativo fallito di abolire per la legge sul divorzio.

                  Due maxi-celebrities della tv: Pippo Baudo, spentosi quasi novantenne il giorno di Ferragosto, è considerato da molti l’inventore, se non addirittura il padre, della televisione, per aver presentato decine e decine di programmi, dal festival di Sanremo a Canzonissima, l’uomo al quale la Rai non sapeva dire di no, mentre lui osò l’inosabile e si fece irretire dalle sirene di Berlusconi (come Emilio Fede) salvo poi pentirsene dopo aver pagato uno scotto per insolvenza contrattuale che gli costò il palazzetto di viale Aventino (che diventò la sede del neonato telegiornale di Canale Cinque) che aveva amorevolmente acquistato proprio con i soldi della Rai.

                  Due intellettuali: Giò Pomodoro (Giorgio all’anagrafe), scultore, orafo, incisore, scenografo, famoso per le sue Sfere di bronzo che ha sparso per il mondo: una è davanti al nostro Ministero degli Esteri, alla Farnesina, un’altra davanti al palazzo delle Nazioni Unite, una terza in Irlanda davanti al Trinity College, che lo aveva insignito di una laurea honoris causa e lui si era così sdebitato.  E Stefano Benni, scrittore, umorista, sceneggiatore, poeta, drammaturgo, detto “Lupo” per la sua infanzia passata in campagna, nato e morto a Bologna a settembre a 78 anni, ha scritto una ventina di romanzi, alcuni esilaranti.

                  Fra gli ultimi di questa lunga serie di illustri scomparsi, e non solo per l’iniziale del cognome, Ornella Vanoni, spentasi a 91 anni a fine novembre. La signora della canzone italiana (una volta lo era stata Nilla Pizzi, ma era tanto tempo fa) ha cantato ed è apparsa in televisione fino a pochi giorni prima di andarsene dalla sua Milano, che le ha tributato un solenne omaggio funebre. E fino all’ultimo si è fatta intervistare, sul video e sui giornali, non rinunciando nonostante gli evidenti acciacchi all’ironia che tutti le riconoscevano. Alla rituale domanda di Aldo Cazzullo “Lei crede nell’aldilà” aveva esposto la sua filosofia: “Quando si fulmina la lampadina, non c’è più luce, viene il buio, ma la corrente elettrica c’è ancora”: come dire che qualcosa di noi resta, oltre la morte. Intanto, di lei ci resteranno tante belle canzoni.

“Al contrario di mio fratello (l’Avvocato) che ama la città io non la sopporto: adoro gli alberi, gli animali, il silenzio della campagna”. Così diceva Maria Sole Agnelli che da oltre 70 anni viveva in una grande tenuta agricola a trenta chilometri da Roma, a Torrimpietra, dove il giorno di Santo Stefano si è spenta serenamente alla età tonda di cento anni. Pur lontana da Torino, si era sempre interessata all’azienda, come seconda azionista, dopo il nipote John Elkann, della “cassaforte” olandese che custodisce la partecipazione di famiglia nell’impero Exor e, a cascata, in Stellantis, Ferrari, Juventus: Amava i cavalli, ma evitava di apparire nelle cronache mondane.

                  Ultimissima scomparsa di una celebrità di questo funesto 2025: Brigitte Bardot, spentasi a 91 anni il 28 dicembre nella sua villa la Mandrague a Saint Tropez, dove viveva da anni. Era nata a Parigi il 28 settembre scorso, una settimana dopo la nascita a Roma di Sophia Loren, con la quale non è mai stata in concorrenza perché nessun produttore si è arrischiato a mettere una accanto all’altra due icone del cinema mondiale (a parte il costo dei relativi cachet). La notizia della sua morte è stata data da un rappresentante della fondazione che BB aveva creato in difesa deli animali, la sua ultima passione. “Più conosco gli uomini più amo gli animali”: era il motto che aveva ripreso da Mark Twain. Eppure, non si era sottratta a quattro matrimoni (nell’ordine: Roger Vadim, Jacques Charrier, Gunter Sachs e Bernard d’Ormale, uomo politico del Fronte Nazionale, quest’ultima unione le costò la fama di essere di destra, ma lei protestò).  Da giovane ha reso famoso il bikini, nel 1970 è stata la Marianne facendo da modella per la statua simbolo della Republique, esposta in tutti i comuni di Francia. E’ apparsa in una cinquantina di film, (i più noti li rivedremo in questi giorni in tv) ha inciso decine di dischi andati a ruba. Al di là del cinema, è stata il simbolo di un’epoca.

                                                                                                                                                                *  *  *

                  Ma dove sono ora tutte queste brave persone? Noi quaggiù semplifichiamo: i buoni in Paradiso, i cattivi all’Inferno, mentre quelli un po’ così un passaggio in Purgatorio non lo possono evitare, in attesa di una definitiva sistemazione. Ma a decidere non siamo noi, qui sulla Terra, ma qualcuno lassù, fra le sfere celesti. Comunque, a parte Papa Francesco, sul quale non dovrebbero esserci dubbi, tutti sono in attesa di giudizio, quello Universale che avrà luogo nella Valle di Giosafatte, ma secondo noi sarebbero tutti da tenere nel Paradiso degli Artisti (forse le gemelle Kessler un po’ di Purgatorio se lo meritano per non aver aspettato la chiamata ufficiale e deciso di testa loro quando staccare la spina).

                   I cattivi da mandare all’Inferno sono altri: li conosciamo bene, quelli che chiusi nei loro fortilizi fanno la guerra, che non vogliono la pace, che invadono, trucidano, bombardano, massacrano, prevaricano, e forse non hanno mai letto un libro,  visto un film, ascoltato una canzone, ammirato un quadro. Di quelli si deve diffidare, oggi come ieri, sempre.

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