All’IDI, Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma la sfida contro le malattie rare

Nella foto, da sinistra i dottori: Luca Fania, Alessia Provini, Tiziano Tonanzi, MariA Antonietta Pilla, Maria Pina Accetturi, Gianluca Pagnanelli, Cinzia Mazzanti, Flora Canzona, Salvatore Ruggeri .

Nella foto, da sinistra i dottori:  Luca Fania, Alessia Provini, Tiziano Tonanzi, MariA Antonietta Pilla, Maria Pina Accetturi, Gianluca Pagnanelli, Cinzia Mazzanti, Flora Canzona, Salvatore Ruggeri               .

La ricerca apre nuove speranze per le patologie che colpiscono oltre 2 milioni di persone. Intervista a Cinzia Mazzanti, Primario della 1a Divisione di Dermatologia 

L’Idi, con i suoi laboratori avanzati di ricerca, da oltre 50 anni rappresenta un vero e proprio punto di riferimento internazionale per lo studio delle malattie rare dermatologiche.

Un risultato raggiunto grazie alle esperienze maturate sul campo, alle competenze e alle conoscenze che questa struttura mette a disposizione dei pazienti che giungono da tutte le parti d’Italia. Pazienti che, proprio per la complessità delle loro patologie, diventano i protagonisti principali attraverso le loro storie cliniche e soprattutto umane. Sì, perchè in questa struttura – come riportano la maggior parte delle testimonianze – l’empatia tra paziente, medici e operatori sanitari è un obiettivo primario ancor prima di trattare ogni singola patologia. Parliamo di malattie rare i cui nomi spesso sono ignorati dal vocabolario comune come il pemfigo ed il gruppo dei pemfigoidi, la dermatite erpetiforme, le malattie autoinfiammatorie, la sclerosi sistemica solo per citarne alcune. Ma le malattie rare sono molte di più.

Abbiamo chiesto un approfondimento alla dottoressa Cinzia Mazzanti, Primario della 1a Divisione di Dermatologia dell’IDI, che si occupa da molti anni principalmente di malattie rare, con particolare attenzione al gruppo delle patologie bollose autoimmuni.

Dottoressa Mazzanti, quante sono al momento le malattie rare che curate presso la vostra struttura?

L’Idi è centro di riferimento nazionale per molte malattie rare per le quali siamo autorizzati a rilasciare esenzioni e il relativo piano terapeutico. Sono 24 le patologie per cui abbiamo questo riconoscimento. Le cito solo le più conosciute quali il pemfigo, il pemfigoide, le epidermolisi bollose ereditarie, lo xeroderma pigmentoso, le ittiosi. Abbiamo delineato il percorso assistenziale per ogni singola patologia in base al singolo quadro clinico prevedendo una stretta collaborazione tra ambulatorio delle malattie rare, reparto per ricoveri e Day hospital. 

L’Idi, proprio per ciò che rappresenta, è diventato un punto di riferimento importante a livello nazionale. Quante persone si rivolgono alle vostre cure ogni anno?

Ogni giorno si effettuano circa 700 prestazioni ambulatoriali. Consideri che solo nell’ambulatorio di Malattie rare (afferente alla mia divisione in cui presta servizio il dott. Biagio Didona) sono stati effettuati nel corso del 2018 1322 visite e nel 2019 oltre 1600.

Nel reparto da me diretto nel 2019 sono stati effettuati 215 ricoveri per pemfigo e 125 per pemfigoide bolloso. Come vede le patologie che vengono definite “rare” da noi sono invece molto frequenti. Da questi numeri e dall’impegno nella ricerca deriva la nostra esperienza e competenza.

E quali i successi ottenuti attraverso i vostri metodi curativi?

Ad oggi l’IDI è uno dei centri italiani che tratta con un farmaco biologico (Rituximab) efficace e sicuro per un grande numero di pazienti affetti da pemfigo. Inoltre, conduciamo numerosi studi clinici multicentrici e internazionali rivolti alla sperimentazione di farmaci innovativi nella cura delle patologie bollose autoimmuni e delle genodermatosi.

Collabora con la Prima divisione di Dermatologia il Dr Di Zenzo, responsabile di un gruppo di ricerca che si occupa di malattie bollose autoimmuni afferente al laboratorio di Biologia molecolare e cellulare. Qual’è lo stato dell’arte sulla ricerca e su quali patologie vi state concentrando maggiormente? bdc276ea-f0ce-4928-9141-de5937d04927.JPG

In questi anni ci siamo occupati della patogenesi del pemfigo identificando le basi molecolari dell’interazione tra autoanticorpi e il principale autoantigene di questa patologia: la desmogleina 3. Per quanto riguarda il pemfigoide bolloso abbiamo caratterizzato la dinamica di comparse degli autoanticorpi e messo a punto saggi diagnostici innovativi. Nell’ultimo anno, in collaborazione con l’associazione dei pazienti (ANPPI) e numerosi Dipartimenti di Dermatologia Italiani stiamo coordinando la realizzazione di una piattaforma di diagnostica avanzata che consenta di ridurre il ritardo diagnostico che in queste malattie rappresenta un problema capace persino di condizionare l’esito terapeutico. Il lavoro di ricerca prosegue con la messa a punto di modelli di pemfigo ex vivo e la ricerca e validazione di nuovi bersagli terapeutici.

Dottoressa Mazzanti sono molte le testimonianze che parlano dell’umanità e della disponibilità che esprime tutto il personale del vostro istituto. Quanto è importante la collaborazione tra medico e paziente nel costruire insieme un percorso terapeutico?

È fondamentale creare un rapporto di fiducia con il paziente cercando di rispondere ai quesiti, dubbi ed incertezze che il paziente ci sottopone.

Credo molto nel lavoro di squadra ed è per questo che negli ultimi anni mi sono impegnata nel creare un gruppo di medici specialisti prevalentemente dermatologi, consulenti, biologi, ricercatori e borsisti che collaborano tra loro, ognuno per la propria parte, al fine di dare una risposta completa ed armonica al paziente. In questo è molto importante il lavoro che facciamo in collaborazione con l’ANPPI (associazione nazionale malati di pemfigo e pemfigoide) del cui comitato scientifico faccio parte. Dall’accesso all’ambulatorio delle malattie rare, all’attività diagnostica e terapeutica, che si svolge prevalentemente nel reparto per poi proseguire con i controlli ambulatoriali successivi, c’è un percorso diagnostico terapeutico di alta qualità.

Anche nell’attività del Reparto il lavoro del team è importantissimo. Dal Medico, agli infermieri, alla dietista, alla psicologa, alla OOSS c’è una particolare propensione alla cura del singolo. Quando c’è un paziente ricoverato molto grave scatta una solidarietà tra tutti gli operatori sanitari che va ben oltre il proprio dovere istituzionale. Ancora mi commuovo quando vedo con quanta dedizione, abnegazione e spirito di collaborazione ci si dedica tutti insieme proprio al malato più fragile. Insomma noi ce la mettiamo tutta anche se le difficoltà sono molte e le sfide del futuro sono enormi. Ma confido molto nell’aiuto che mi viene dall’Alto e questo mi dà speranza e forza.

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Alessandro Ambrosin

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