Nessuno poteva immaginare che un gruppo di giovani del Centro di Formazione Professionale salesiano dell’Istituto Gerini di Roma si trovasse coinvolto in modo diretto nella lotta al Covid 19.
La riapertura delle aziende italiane dal 4 maggio, al termine del lockdown, ha infatti permesso ai giovani del IV anno duale del settore elettronico di continuare l’attività di stage in aziende ove l’evoluzione tecnologica rappresenta il core business e, in questo particolare momento, l’attenzione è stata rivolta a trovare soluzioni per arginare l’emergenza sanitaria mondiale.
I giovani si attengono ovviamente ai protocolli di sicurezza prescritti dalle autorità sanitarie nazionali e a quelle adottate dalle aziende partner del Cfp (centro di formazione professionale ndr).
Alcuni titolari di azienda, per la particolare stima nei confronti dell’Istituto, per la sensibilità educativa e per preservare i giovani da eventuali contagi durante il viaggio sui mezzi pubblici hanno provveduto a prelevarli al mattino e a riportarli in famiglia a fine giornata con gli stessi dipendenti dell’azienda.
I positivi feedback dei giovani, delle loro famiglie e delle aziende ospitanti sono fonte di grande soddisfazione per i formatori e confermano anche il valore delle scelte basate sulle tecnologie digitali, principalmente su strumenti hardware e software con cui sono stati coinvolti gli allievi. In questo modo essi valorizzano esperienze e progettualità che conducono all’elaborazione di un prodotto finale, che non ha carattere puramente astratto, ma che è parte della vita quotidiana.
Tale didattica innovativa non è più esclusiva o di nicchia e per pochi, ma entra ormai in molteplici ambiti disciplinari, e in particolare nella robotica, le cui applicazioni spaziano dalla meccanica alla logistica, dalla domotica alla sicurezza, dal settore chirurgico e sanitario in genere fino a quello spaziale, etc.
È sempre più importante ed urgente che le nuove generazioni studino queste modalità e che seguano le nuove avanguardie tecnologiche. L’utilizzo delle tecnologie digitali serve certamente alla cultura ed è fonte di progresso perché risponde a tante esigenze della vita nei più svariati settori, ma non va disgiunto da tanti altri nuclei del sapere e da metodiche tradizionali dell’insegnamento.
Tra gli allievi del IV anno una decina sono tornati presso le aziende che operano nel settore elettronico e contribuiscono fattivamente all’assemblaggio e collaudo di apparecchiature per la prevenzione, la diagnostica e il monitoraggio per il contenimento e il contrasto al diffondersi del Coronavirus; altri sono impegnati per il montaggio di ventilatori polmonari indispensabili per tenere in vita le persone contagiate con condizioni respiratorie critiche ed altri ancora nel collaborare nel settore di speciali sensori posti sugli indumenti del personale sanitario in modo da segnalare tramite allarme o messaggio la durata della loro presenza accanato a persone in situazione di particolari gravità di rischio, sia all’interessato come ai diretti superiori.
Sia le aziende sopra citate che tante altre chiedono con insistenza ai giovani e ai loro formatori di incrementare fortemente le competenze tecniche sempre più innovative perché facilitano l’inserimento immediato nel mondo del lavoro, che è sempre più qualificato ed esigente. Il crescente sviluppo del digitale è diventato ormai abituale e fondamentale strumento di supporto per le aziende ed è una delle caratteristiche a cui tendono i Cfp salesiani, insieme ad una formazione integrale da un punto di vista umano e cristiano dei loro allievi.
L’esperienza accennata ricorda la figura di Don Bosco, grande educatore di giovani, e la risposta che seppe dare alla città di Torino quando nel 1854 fu colpita dal colera.
Don Bosco credeva profondamente nel protagonismo dei giovani e affidava loro responsabilità anche al di sopra delle loro forze; non badava a spese per la loro formazione e ricercava per essi le tecnologie più avanzate del tempo; li accompagnava personalmente nelle prime esperienze lavorative e curava il loro inserimento nel mondo del lavoro anche da un punto di vista contrattuale; voleva che fossero esemplari da un punto di vista umano, cristiano e professionale per poter dare un contributo per il bene della società civile. Nel 1854, quando il colera devastava la città di Torino, non esitò a mandare un gruppo dei suoi giovani più responsabili a soccorrere e alleviare le sofferenze di tanti malati ed abbandonati a sé stessi; chiese loro di rispettare le precauzioni sanitarie del tempo, di vivere in grazia di Dio e di avere una grande fede nella Madonna. Nessuno dei giovani si ammalò. Il loro coraggio e generosità suscitò la stima della gente e delle autorità del tempo che ringraziarono pubblicamente Don Bosco e i suoi ragazzi per la preziosa collaborazione offerta alla città. Oggi i “nuovi ragazzi di Don Bosco” collaborano fattivamente anche nell’offrire un prezioso contributo tecnico e scientifico per il bene dell’intera società.