Il microscopio che svela la composizione chimica dei campioni

Un team di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano ha sviluppato un nuovo microscopio ottico che produce, in modo più efficace rispetto ai sistemi attualmente in uso, immagini dettagliate della composizione chimica di un campione: apre nuove prospettive nei settori delle scienze dei materiali e della vita. Il risultato, ottenuto in collaborazione con Politecnico di Milano, Columbia University e Standford University è pubblicato sulla rivista Optica

Un team di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Ifn), al quale hanno partecipato ricercatori del Dipartimento di fisica del Politecnico di Milano, della Columbia University di New York e della californiana Stanford University, ha sviluppato un innovativo microscopio ottico in grado di produrre, in modo più efficace rispetto ai sistemi attualmente in uso, immagini dettagliate della composizione chimica di un campione.

“Lo strumento rappresenta un importante passo avanti nel campo della microscopia e della spettroscopia, aprendo nuove prospettive per la ricerca nelle scienze dei materiali e nelle scienze della vita: potrà, infatti, contribuire allo studio di materiali bidimensionali innovativi, e alla rivelazione e caratterizzazione di microplastiche rinvenute nell’ambiente e all’interno di tessuti animali”, afferma il coordinatore della ricerca Cristian Manzoni (Cnr-Ifn).

I benefici offerti dal microscopio derivano dall’inedita combinazione di due tecniche: la spettroscopia Raman e la spettroscopia a trasformata di Fourier.

L’effetto Raman è un fenomeno fisico sfruttato da decenni per ottenere informazioni sulla composizione di un campione senza perturbarlo: permette, infatti, di ottenere mappe bidimensionali delle proprietà di un materiale o di un tessuto biologico.

Nel lavoro, pubblicato sulla rivista Optica, i ricercatori dimostrano – tramite la spettroscopia a trasformata di Fourier – di aver ridotto il tempo necessario per acquisire un’immagine dettagliata del campione rispetto a quello più lungo impiegato con i microscopi Raman, dovuto al fatto che essi misurano uno spettro per ogni punto mediante una scansione della sua superficie: un processo lento che richiede circa 1 secondo per ogni punto (pixel).

La spettroscopia a trasformata di Fourier, infatti, offre la possibilità di misurare in parallelo tutti i punti del campione, rimuovendo i filtri spaziali o spettrali impiegati nelle tecniche tradizionali: questo metodo, basato su una tecnica detta “interferometria”, combina un’elevata efficienza alla possibilità di acquisire contemporaneamente più dati sullo stesso campione.

Nel loro studio, i ricercatori hanno impiegato un interferometro birifrangente di eccezionale stabilità e ripetibilità; il sistema acquisisce mappe Raman e di fluorescenza con elevata risoluzione spaziale (inferiore a 1 micrometro) in un tempo fino 100 volte inferiore rispetto a quello impiegato dagli strumenti tradizionali.

“Questo metodo permette anche di misurare separatamente i segnali Raman e quelli di fluorescenza, consentendo – in maniera inedita – di studiare entrambi i fenomeni sulla stessa area del campione, e di ottenere molte più informazioni spettrali rispetto alle tecniche tradizionali”, conclude Manzoni.

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