Pubblicata su Nature Ecology and Evolution una nuova ricerca internazionale a cui partecipa il Cnr-Isafom. I risultati aprono nuove prospettive nella lotta al cambiamento climatico attraverso l’analisi dell’efficienza d’uso del carbonio nella vegetazione terrestre.
Un team di ricercatori internazionali, con il contributo dell’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo del CNR (Cnr-Isafom), ha realizzato il più ampio database mai creato sull’efficienza d’uso del carbonio (Carbon Use Efficiency – CUE) da parte delle piante.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Ecology and Evolution, fornisce oltre 2.700 stime globali, dieci volte superiori rispetto ai dati precedenti, offrendo uno strumento cruciale per migliorare i modelli climatici e le strategie di mitigazione basate sulla natura.
Cos’è la Carbon Use Efficiency e perché è importante per il clima
La CUE rappresenta il rapporto tra il carbonio assorbito attraverso la fotosintesi e quello effettivamente trasformato in biomassa stabile, come zuccheri, tessuti vegetali e molecole organiche. È quindi un indicatore fondamentale per capire quanto carbonio le piante riescono a trattenere, evitando che venga riemesso in atmosfera sotto forma di CO₂ attraverso la respirazione.
“Due grossi flussi di carbonio sono controllati dalle piante: la fotosintesi, che sottrae CO₂ dall’atmosfera, e la respirazione, che la restituisce. La CUE misura quanto di quel carbonio viene trattenuto,” spiega Alessio Collalti, primo ricercatore del Cnr-Isafom e responsabile del Laboratorio di Modellistica Forestale a Perugia.
Una mappa globale dell’efficienza vegetale
Lo studio ha utilizzato dati da torri di flusso eddy covariance, strumenti avanzati che monitorano gli scambi di gas tra vegetazione e atmosfera. Integrando queste osservazioni con modelli ecologici e analisi statistiche avanzate, i ricercatori hanno ottenuto una fotografia dettagliata dell’efficienza vegetale nei diversi ecosistemi del pianeta.
Le foreste decidue si sono rivelate più efficienti delle sempreverdi, mentre praterie e colture agricole hanno mostrato i livelli di CUE più elevati. Al contrario, le savane dominate da graminacee registrano alcuni dei valori più bassi. Il tipo di vegetazione ha un impatto più rilevante del clima stesso, anche se temperatura e umidità rimangono fattori chiave.
Implicazioni per le politiche ambientali e la riforestazione
Queste nuove conoscenze potrebbero orientare con maggiore precisione le politiche di riforestazione, conservazione e gestione del territorio, in un’ottica di sostenibilità e contrasto al cambiamento climatico.
“Non basta sapere quanta CO₂ viene assorbita: è fondamentale sapere quanta viene effettivamente trattenuta. Questo cambia completamente il modo in cui valutiamo l’efficacia degli interventi basati sulla natura,” sottolinea Collalti.
Verso una modellazione climatica più accurata
Nei modelli di simulazione del ciclo del carbonio terrestre, la CUE è spesso trattata come una costante per la difficoltà di misurazione. Questo introduce margini di errore significativi nelle previsioni climatiche. Il nuovo dataset prodotto dallo studio consente invece di considerare la CUE come variabile dinamica, influenzata da fattori stagionali, dalla biodiversità e dalle condizioni ambientali.
I prossimi studi si concentreranno sulle variazioni spaziali e temporali della CUE, per raffinare ulteriormente le proiezioni globali sui flussi di carbonio e fornire strumenti più affidabili a supporto della transizione ecologica.