Un nuovo studio epidemiologico condotto su oltre due milioni di donne in Svezia conferma che il rischio di tumore al seno associato ai contraccettivi ormonali non è uguale per tutte le formulazioni.
La ricerca, realizzata dall’Università di Uppsala e pubblicata su JAMA Oncology, ha analizzato i dati dei registri sanitari nazionali tra il 2006 e il 2019, valutando l’impatto delle diverse tipologie di ormoni sulla salute mammaria.
Rischio medio aumentato del 24%, ma con forti differenze tra i prodotti
Secondo gli autori, l’uso di contraccettivi ormonali nel complesso è associato a un aumento medio del rischio di tumore al seno pari al 24%, corrispondente a circa un caso aggiuntivo ogni 7.800 utilizzatrici per anno. Tuttavia, lo studio dimostra che non tutti i contraccettivi incidono allo stesso modo.
- I prodotti a base di desogestrel mostrano l’aumento maggiore: fino al 50% di rischio in più dopo 5-10 anni di utilizzo continuativo.
 - Le iniezioni di medrossiprogesterone acetato e le pillole combinate contenenti drospirenone ed estrogeno non risultano associate a un incremento significativo del rischio.
 - Le spirali ormonali e le pillole a base di levonorgestrel, tra i metodi più diffusi in Svezia, mostrano un rischio inferiore rispetto ai preparati con desogestrel.
 
Implicazioni cliniche: personalizzare la scelta contraccettiva
Lo studio suggerisce che la scelta del progestinico sia un fattore determinante nella valutazione del rischio, soprattutto per le donne con familiarità o altri fattori predisponenti al tumore mammario.
Gli autori sottolineano che i contraccettivi ormonali restano strumenti sicuri, efficaci e con benefici clinici rilevanti (dalla riduzione del rischio di tumore ovarico e endometriale al controllo delle disfunzioni ormonali). Tuttavia, l’analisi dettagliata delle formulazioni può consentire un approccio più consapevole e personalizzato.
				
															
			
			
			
															
															
								