Un microchip di appena due millimetri, impiantato sotto la retina, sta cambiando la vita a chi aveva perso la vista centrale a causa della degenerazione maculare senile. Si chiama PRIMA ed è il risultato di un progetto internazionale di visione artificiale che vede l’Italia in prima linea grazie all’Università di Tor Vergata e all’Ospedale Britannico di Roma.
Il dato più sorprendente riguarda i risultati del trial clinico: oltre l’80% dei 32 pazienti anziani coinvolti è tornato a leggere lettere e parole, dopo anni di cecità funzionale. Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha certificato l’efficacia di questo sistema che combina un microchip retinico, speciali occhiali con telecamera e un’elaborazione digitale delle immagini.
Come funziona
Il chip sostituisce i fotorecettori ormai distrutti dalla malattia. L’immagine catturata dagli occhiali viene semplificata, proiettata a infrarossi sulla retina e trasformata in impulsi elettrici che raggiungono il cervello. Il campo visivo è ridotto (solo 10 gradi), ma sufficiente a riconoscere forme, numeri, frasi brevi e muoversi in autonomia.
Le storie dei pazienti
Dietro ai numeri ci sono persone reali:
- Un avvocato che voleva tornare a leggere i fascicoli da solo
- Un uomo di 87 anni che ha recuperato il proprio ruolo in famiglia
- Un architetto fiorentino di 88 anni che, dopo 14 anni di buio, ha ripreso a lavorare a un progetto di mobilità sostenibile
Quest’ultimo caso è oggi considerato il miglior risultato mondiale nel campo della visione artificiale.
Italia protagonista
Il professor Andrea Cusumano, tra i pionieri della retina artificiale, lavora a questo progetto dal 1989 e annuncia che la prossima fase è già in corso: microchip più avanzati, occhiali senza computer esterno e l’obiettivo di ottenere la marcatura CE entro il 2026 per portare la tecnologia ai pazienti italiani.
Una nuova frontiera per l’oftalmologia
La degenerazione maculare, nella sua forma atrofica, non ha cure farmacologiche risolutive. Il microchip PRIMA non sostituisce l’occhio, ma ridona una forma di visione funzionale a chi l’ha persa del tutto. Per molti pazienti significa tornare a leggere, camminare senza accompagnamento, recuperare indipendenza.
Una rivoluzione che, per la prima volta, non è solo teorica ma clinicamente provata.


