Ricerca. Ingv studia presenza di acqua liquida in calanchi Marte

I calanchi presenti su Marte, noti come “gullies”, potrebbero essere originati dall’azione di acqua allo stato liquido. E’ questa l’ipotesi dello studio “Geomorphologic observations and physical hypothesis on Martian gullies” frutto dell’intuizione di un ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e pubblicato sulla rivista ‘Italian Journal of Geosciences’.

Sulla Terra i calanchi sono dei profondi solchi nel terreno prodotti per lo piu’ dallo scorrimento delle acque su rocce argillose, con scarsa copertura vegetale e, quindi, poco protetti dal ruscellamento. Si presentano lungo il fianco di un monte o di una collina rappresentando percorsi delle acque stretti e affilati. Sempre sulla Terra i calanchi si trovano prevalentemente esposti al mezzogiorno (a sud nel nostro emisfero) perche’ il fenomeno erosivo sull’argilla e’ condizionato dall’esposizione al Sole. Al contrario su Marte i “gullies” sono rivolti prevalentemente verso i poli, come se avessero bisogno di mantenersi a bassa temperatura, analogamente ai ghiacciai terrestri. Questo paradosso puo’ avere una spiegazione fisica.

“I calanchi marziani, scoperti nel 2000 grazie alla sonda spaziale Mars Global Surveyor sulle scarpate di alcune regioni del pianeta rosso”, spiega Adriano Nardi, ricercatore dell’Ingv e autore dello studio, “potrebbero essere interessati da fenomeni di sorgivita’ stagionale influenzata dalla variabilita’ delle condizioni meteorologiche esterne; le sorgenti d’acqua, si attiverebbero solo in presenza di determinate condizioni ambientali, di pressione e di temperatura. Al fine di indagare questo fenomeno abbiamo proposto un nuovo modello fisico denominato Weather-Springing Water (WSW)”.

La possibilita’ che i ‘gullies’ si fossero prodotti a seguito di liquefazione di ghiaccio presente nel sottosuolo (cosiddetto permafrost) sembrava impossibile date le condizioni climatiche presenti sul pianeta rosso. Tuttavia, nell’arco dell’ultimo ventennio, sono state osservate diverse mutazioni nella loro morfologia, cosi’ come la comparsa di nuove strutture morfologiche. “Le osservazioni geomorfologiche delle immagini e le simulazioni numeriche delle condizioni atmosferiche – prosegue il ricercatore – hanno indicato che la pressione e la temperatura presenti nel sottosuolo potrebbero favorire la fusione del permafrost e in questo modo il fenomeno di affioramento avverrebbe dove la falda acquifera incontra una scarpata, ma solo quando all’esterno si verificano condizioni atmosferiche particolari”.

Considerata l’elevata instabilita’ dell’acqua su Marte, una volta affiorata in superficie essa tendera’ a scomparire rapidamente. Con il modello fisico ideato dai ricercatori Ingv e’ risultato tuttavia che l’acqua, prima di evaporare, avrebbe il tempo necessario per attraversare ed erodere questi canali per l’intera lunghezza delle morfologie osservate. “Le simulazioni effettuate hanno mostrato che il fenomeno di sorgivita’ si manifesta solo sporadicamente – conclude Adriano Nardi – Si tratta di un evento meteorologico-geologico, in grado di determinare le particolari caratteristiche morfologiche e geografiche dei ‘gullies’ marziani, altrimenti difficili da spiegare. La ricerca continua, anche nell’ottica di identificare potenziali sorgenti d’acqua da utilizzare nello scenario di una futura colonizzazione del pianeta”.

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