Uganda, il lavoro della ong Smocsa

kampala –  Il lunedì si va per i villaggi a far visita alle ragazze madri che già fanno parte di Smocsa (Single Mothers & Child Support Agency), ma è anche un giro per andare a parlare con nuove ragazze madri o vedove, che vivono grossi disagi, segnalate da altre donne. 

Maria mi spiega che è fondamentale andare nei villaggi, poiché molte ragazze non possono permettersi di andare presso l’ufficio di Smocsa, fino a Nateete e anche perché vanno a parlare con loro, per dargli consigli in modo da evitare l’ennesimo suicidio. Sono madri single e in Uganda molte donne si ammazzano con i loro bambini perché sono state abbandonate dai loro uomini. Andare nei villaggi a trovarle anche per confortarle, condividendo le loro esperienze di maternità single in modo che sappiano che non sono le sole a vivere questa situazione, e che ce la possono fare. Questo è un modo per renderle più serene e donargli il sorriso. E in caso di necessità, sanno a chi rivolgersi. Chiedo a Maria, data la sua esperienza, quale percentuale di ragazze madri c’è in Uganda. Lei risponde che sono tante e che non si possono contare effettivamente , ma la stima è di circa l’80%, e le organizzazioni come Smocsa devono lavorare molto per garantire un sostegno reale, sia materiale che psicologico. Eccoci al primo villaggio, ci sono solo due donne e un bambino, ma quando iniziano a parlare, a fare domande e chiedere di raccontarci la loro storia, diventano un fiume in piena e all’improvviso arrivano altre donne, con altri bambini e presto diventa una piccola comunità bisognosa di aiuto di essere ascoltata. Così iniziano le storie. Sylvia ha19 anni due figli. Il marito ha sposato un’altra donna e ha smesso così di mantenerli.  Li ha lasciati a casa dicendo che non era più interessato a lei e ai bambini. Ha un piccolo bar dove vende birra è così che riesce a mantenere i bambini, che hanno rispettivamente 3 anni e 9 mesi. Irene, orfana di padre, ha12 anni, vive con la mamma che non lavora. Irene vende mais per ottenere dei soldi per e tasse scolastiche.

 

Ha già completato la scuola primaria Il mais è il cibo che mangiano al mattino per una veloce pausa. Shadia ha 4 anni ed è la nipote di Irene, sua sorella e il marito sono morti, quindi vive con lei. Irene è stata costretta a ritirarsi dalla scuola Barbara ha18 anni, il figlioletto Brighet sei mesi. Andava a scuola quando ha conosciuto un ragazzo, che con lusinghe e promesse di una vita da favola la convinse ad avere rapporti intimi con lui. Quando è rimasta incinta, l’ha abbandonata senza riconoscere il bambino. Irene fa la cameriera nella casa dove è ospitata e questo le permette di guadagnare un po’ di soldi per lei e per suo figlio. Rehema, una delle donne di Smocsa, le chiede quali sono i problemi maggiori che incontra in questa nuova vita. La risposta è semplice e dolorosa, mancano i soldi per il sostentamento del bambino, mancano i vestiti, le cure mediche e un alloggio. CI incamminiamo per un piccolo sobborgo dove troviamo un altra piccola comuntà di ragazze madri; qui incontriamo Nashiba, 15 anni, legata alla caviglia da una corda davanti alla porta di casa. E dire che l’ho anche fotografata senza accorgermi della corda! Guardo la ragazza ma non riesco a provare orrore per quello che vedo perché capisco la motivazione per cui la madre usa questo metodo decisamente poco ortodosso. Nashiba è stata colpita all’età di 4 anni da meningite. Non è cosciente di ciò che le sta attorno, non è autosufficiente e non è in grado di fare scelte o distinguere il vero dal falso. Sua madre Margrets però non l’ha abbandonata, cosa che fanno in molte quando hanno un figlio disabile. Sua madre si è presa cura di lei, ma con l’avanzare dell’età si è resa conto che non poteva starle sempre dietro – ha altri tre figli – e lasciarla sola eqiuvaleva ad esporla a gravi pericoli, in primo luogo quello dello stupro. Nashiba, se lasciata sola, cammina e non è in grado di far ritorno a casa o di difendersi. L’ignoranza l’inciviltà la cattiveria, porterebbero Nahiba ad essere derisa, picchiata e violentata, quindi la madre ha trovato l’unica soluzione possibile per far sì che a sua figlia non accada nulla: legarle alla caviglia una corda in modo che non si possa allontanare e che nessuno le si possa avvicinare per farle del male. Diritti umani violati? Sì, ma dallo stato, che non si fa carico di queste persone disabili. Non esiste un centro dove poter curare queste ragazze o i bambini. Tutto è sulle spalle della famiglia e a loro la scelta se abbandonare o tenere il disabile. La madre Margrets.mi fa tenerezza e capisco il suo gesto d’amore nel proteggere la ragazza.Quella corda mi sembra il cordone ombelicale che ancore le tiene unite. Vedo la dolcezza nei suoi occhi e la delicatezza con cui le prende la mano e si fa accarezzare. 

 

Margrets ha 28 anni e non è davvero una cattiva madre! Asia, 25 anni, madre single, ha quattro bambini di 10, 6, 4 e 2 anni. Il marito l’ha abbandonata con la motivazione che non poteva vivere con una donna vecchia. Se n’è andato e si è preso una ragazzina come nuova compagna. Ovviamente di alimenti non se ne parla Asia è orfana, ma per fortuna il padre le ha lasciato una casa. Nantege Sarah, 18 anni, è madre di Jonathan, di 7 anni e Angel di 5. Il padre del primo figlio è morto, mentre il secondo l’ha abbandonata perché non voleva mantenere una donna con figli. Lei lava i vestiti nelle case private per guadagnare un po’ di soldi e pulisce anche i giardini, ma questo non le basta e così ha dovuto togliere i bambini dalla scuola perché il denaro non bastava per pagare le tasse scolastiche. In Uganda l’aborto è illegale e si rischia il carcere; l’uso della pillola e del preservativo trova molti ostacoli, colpa dell’ignoranza e della mancanza di campagne di informazione da parte dello stato, che mantiene  fra la popolazione questo tipo di ignoranza ed esalta la maternità. Una maternità non desiderata, spesso costretta, una maternità fatta di giovani ragazze che ancora non conoscono nulla della vita, ma che sono sottoposte a matrimoni forzati, per essere poi abbandonate da uomini ignoranti e violenti. Madri costrette a scappare di casa a causa delle ripetute percosse inferte da uomini dediti all’alcool o semplicemente violenti, perché la donna non conta niente: è solo carne da macello pronta, quando fresca, ad essere usata per poi essere buttata. L’ultimo villaggio è composto da una miriade di donne e non so quanti bambini, tutte donne che hanno subito violenza fisica da mariti, compagni e padri. Questa generazione è orfana a causa dell’Aids. Forse è questo il motivo che le spinge a cercare di crearsi una famiglia, ma invano. La cultura che pone il maschio in un ruolo dominante è orrenda e sopratutto fondata sull’ignoranza e la violenza. In ogni villaggio, alla fine della visita, sono tante le piccole donne che si appartano con Maria o con Rehema per parlare di situazioni più atroci o di bisogni impellenti. Loro ascoltano prendono appunti, danno il numero di telefono e in qualche caso, qualcuna viene a casa con noi. Questo è il lavoro di Smocsa, che sotto il sole cammina per dare speranza a chi non crede più nella vita e nell’amore.

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