La fine del berlusconismo. Ma ora devono pagare i danni

 

Allo stato non si sa ancora se il nostro Paese riuscirà a salvarsi dal baratro in cui è sprofondato per colpa dell’incompetenza somma di un ceto di governo – quello berlusconiano con il suo capo – dal quale ora sembrano allontanarsi tutti, perfino ministri come Franco Frattini, fino all’altro ieri uno dei più solerti esecutori degli ordini di scuderia (“Se il Pdl non avesse appoggiato il governo Monti sarei uscito dal partito” dichiara oggi sul “Corriere della sera”).

La speranza che tutte le persone sensate nutrono è che il “partito del predellino” possa scomparire il più in fretta possibile, insieme ai suoi dirigenti più dannosi (Gelmini, La Russa, Gasparri, Cicchitto, Bondi, soltanto per citare i più fastidiosi, anche visivamente), per far posto ad una destra accettabile e dal volto pulito e che scompaiano da tutte le televisioni le apparizioni più moleste, quelle dei ministri Maurizio Sacconi e Renato Brunetta, sicuramente i più dannosi responsabili di dicasteri che la storia ricordi dall’unità d’Italia ad oggi.

Rimane soltanto un dubbio, in attesa che Mario Monti riceva l’incarico di formare un nuovo governo: se l’Italia dovesse sprofondare nel default, non essere più capace di onorare il suo debito, se le banche dovessero accusare il colpo e flettere la propria debolezza su milioni di risparmiatori, dovremmo consentire a Silvio Berlusconi di farla franca, di non essere considerato il principale responsabile di questo disastro? E magari considerare i suoi principali ministri una “risorsa” per il sistema politico, magari da riciclare alla prima occasione in ossequio al perdonismo imperante nel regno del cattolicesimo?

L’Islanda ha messo sotto accusa l’ex primo ministro Geir Haarde, in carica dal 2006 al 2009. L’accusa: non è stato in grado di gestire la crisi economica, come era suo dovere. “Sulle casse dello Stato incombeva un pericolo enorme e lui non ha fatto nulla”, c’è scritto nella deliberazione parlamentare. È la medesima accusa che potremmo rivolgere a Berlusconi e al suo ministro economico Giulio Tremonti, che nel 2008 e 2009 hanno ripetutamente negato perfino l’esistenza della crisi, non apprestando alcuna cura nonostante l’evidenza dei sintomi. Perfino pochi giorni fa, il magnate di Arcore ha negato la realtà, adducendo come prova i tavolini sempre occupati dei ristoranti.

Un risarcimento dei danni si potrebbe forse ipotizzare e nemmeno simbolico. In fondo, Berlusconi, con il suo premierato, si è arricchito di inserzionisti per le sue reti televisive, sfruttando il suo enorme conflitto di interessi. Potrebbe restituire alla collettività almeno una parte del malloppo.

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