Russia. Dopo l’Amnistia libere le Pussy Riot

ROMA – In questi giorni arriva la notizia che il Parlamento russo, la Duma, ha approvato un progetto di amnistia presentato da Vladimir Putin e secondo il testo finale, beneficeranno di questo provvedimento anche le attiviste di Pussy Riot.


La sanatoria infatti ricadrà su chi viene condannato per reati che prevedono meno di cinque anni di reclusione e per gli imputati di reati minori in attesa di giudizio, incluso quello di “teppismo”.
Prima di capodanno dovrebbe dunque arrivare la scarcerazione per Nadežda Tolokonniková e Maria Alëchina che insieme alla loro compagna Yekaterina Samucevic, condannata e poi scarcerata con la condizionale l’anno scorso, saranno così libere.
Nonostante l’amnistia concessa, il Presidente Putin non ha usato mezze misure per condannare le azioni delle Pussy Riot, dichiarando: “sono umilianti per la dignità delle donne – poi aggiunge – hanno oltrepassato ogni limite”.
Gli avvocati delle attiviste si sono mostrati fiduciosi all’agenzia di stampa Dpa confermando “Se tutto va secondo i piani, saranno liberate immediatamente”, tuttavia il Russian Federal Prison Service non ha voluto rilasciare commenti in merito ad una possibile data della loro scarcerazione.
Le Pussy Riot, Nadežda Tolokonniková e Maria Alëchina, stanno scontando due anni di detenzione per “teppismo motivato da odio religioso”, la fine della loro pena era prevista per il prossimo marzo.
Il 21 febbraio 2012 le tre femministe erano andate in scenda con una performance di dissidenza politica e religiosa nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, ma la storia delle Pussy Riot arriva da più lontano, precisamente dalla nascita del gruppo nel 2011.
Il collettivo punk femminista, infatti, è nato a Mosca nell’estate del 2011,precisamente il giorno in cui è stato annunciato il ritorno di Putin.
Fin dalla loro nascita le attiviste si sono rese protagoniste di provocazioni politiche nei confronti dell’establishment istituzionale russo, ponendo l’attenzione su argomenti come la situazione delle donne ma anche contro i presunti brogli elettorali con cui Vladimir Putin si sarebbe assicurato la rielezione per la seconda volta a presidente della Russia.
Gli elementi caratterizzanti delle Pussy Riot sono il punk, l’attivismo politico, la lotta contro la religione e soprattutto la loro voglia di ribellarsi al sistema. Con i passamontagna e i vestiti coloratissimi riescono a rendersi riconoscibili anche in mezzo a una folla di milioni di persone per esprimere poi la loro protesta nei modi più eclatanti possibili.
Il loro caso ha suscitato forte interesse, non solo in Russia, ma anche nella comunità internazionale, per via dei presunti abusi a cui sarebbero state sottoposte durante la custodia, e per la minaccia incombente di una sentenza severa, fino a sette anni di detenzione, che grava continuamente sulle loro teste.
La Russia tradizionalista, ovviamente, non vede di buon occhio le esibizioni delle Pussy Riot, tantoché il patriarca Cirillo I, durante una liturgia nella Chiesa della Deposizione della Veste, ha auspicato una risposta severa delle istituzioni nei confronti del gruppo femminista.
Nell’ultimo anno, le battaglie delle Pussy Riot hanno trovato ampiamente spazio sui media, ma anche sui libri e sul grande schermo, infatti, il 12 dicembre nelle sale italiane è uscito il flm di Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin “Pussy Riot: A Punk Prayer”, mentre il 25 febbraio verrà pubblicato in America il libro “Words Will Break Cement: The Passion Of Pussy Riot”.
 Quest’ultimo è un reportage della giornalista russa Masha Gessen che, come la collega italiana Alessandra Cristofati con il suo “Free Pussy Riot! Viaggio nella Russia di Putin”, spiega quanto sia politica la storia delle Pussy Riot.
Adesso grazie alla sanatoria promossa paradossalmente dallo stesso Putin, le attiviste torneranno libere ma non sembrano avere intenzione di redimersi e soprattutto di interrompere la loro lotta contro la società.

Condividi sui social

Articoli correlati