Medio-oriente. Israele e Hamas giocano duro

TEL AVIV – E’ ben noto come il vento delle rivolte nordafricane faccia paura ad Israele, che aumenta allerta e repressione  anziché rallegrarsi della nuova euforia democratica di massa.

Lo spirito democratico  ci insegna che quando il coraggio dei molti si manifesta per decidere della sorte dei suoi governanti è un momento di festa, come  le elezioni. Ma Israele ha paura perché sa bene cosa ha perso (un presidente egiziano ormai accomodante e complice), ma non sa cosà verrà. I Giovani Turchi sono una minaccia. Ma è il momento che Israele cominci a confrontarsi con una nuova consapevolezza che si fa largo tra i giovani nordafricani ed arabi. Tale consapevolezza consiste nell’accettazione dell’esistenza di Israele, perché “quel paese e quella gente sono li ormai da più di mezzo secolo”, afferma un giovane algerino. I giovani protagonisti della primavera maghrebina vogliono spezzare la catena di violenza che ha segnato la storia degli ultimi cinquant’anni di storia del Mediterraneo sud-orientale.

Stamane un cargo battente bandiera Liberiana  in rotta dalla Turchia all’Egitto è stato intercettato a 200 miglia nautiche ad Ovest della costa corrispondente alla Striscia di Gaza. La nave, arrivata in Turchia attraverso la Siria secondo le autorità israeliane, sembra trasportare armi destinate ad appoggiare il movimento di Hamas, nonostante il cessate il fuoco  in corso dal Gennaio 2009.  Dietro come da copione c’è la mano iraniana (che rifornisce sistematicamente Hezbollah di armi). Solo qualche settimana fa  due navi iraniane sono transitate  sul Canale di Suez per la prima volta dalla Rivoluzione del  1979. Cauto il governo di Netanyahu nei confronti della Turchia per evitare ulteriori crisi diplomatiche.

Tutto ciò accade nel giorno in cui decine di migliaia  di palestinesi manifestano per “La fine delle divisioni” tra l’Autorità Palestinese ed Hamas, il cui leader Haniyeh ha proposto al Presidente  Abbas  un incontro immediato al fine di ottenere un dialogo nazionale unitario. Tuttavia non è mancata la reazione dell’ala più estremista di Hamas che in serata ha caricato i manifestanti pacifici e dato fuoco alle tende accampate di manifestanti e paramedici. Anche Hamas ha paura, come Israele, delle rivolte nordafricane, e, oltre trecentomila manifestanti mobilitati in piazza a Gaza fanno paura perché minano lo status quo.

Mentre l’ondata di proteste pacifiche, soprattutto nella giornata di oggi, si espande da Gaza a Ramallah, la violenza dei Coloni in Cisgiordania aumenta. Dopo l’uccisione, qualche giorno fa,  di cinque coloni israeliani tra cui due bambini a Itmar, vicino Nablus, le “reazioni” israeliane si moltiplicano in maniera cruenta con il tacito assenso del governo. Per l’omicidio dei coloni, sono già stati fermati alcuni operai di origine asiatica. Ma nonostante  quest’ultima pista non si  placano le ritorsioni dei coloni: l’esercito ad Awarta è impegnato nella repressione dell’intero villaggio;  il governo ha approvato la costruzione di nuove case in territori occupati (che significa nuove colonie); si susseguono con grande frequenza episodi di sassaiole di coloni a danno di palestinesi, assalti, incendi e nuovi posizionamenti di out-post (gli embrioni delle colonie).
Una politica estera sempre più aggressiva e basata sul sospetto e sulla psico-patologia dello straniero caratterizza oggi Israele. Una politica interna accomodante verso il sopruso e l’illegalità, che gioca sempre più duro. Questa continua ad essere la reazione di Israele  al vento democratico che spira dal Mediterraneo Sud-occidentale.

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