Letta, Hollande e il ruolo della sinistra

ROMA – Torniamo sull’incontro della scorsa settimana a Roma fra Letta e Hollande, torniamo su quel poco che rimane della sinistra in Europa, torniamo a parlare di riforme e proposte concrete perché non è nostra intenzione uniformarci al vuoto, al degrado morale e all’assenza di proposte e contenuti che da tempo caratterizza la politica italiana e globale. 

Ci torniamo per compiere un’analisi e tentare, nel nostro piccolo, di indicare una rotta, perché le Europee si avvicinano ed è oramai sotto gli occhi di tutti che il prossimo Europarlamento sarà composto per almeno un terzo da forze populiste, demagogiche, xenofobe e neo-naziste che rischiano seriamente di mettere a repentaglio il processo di unificazione del Vecchio Continente.

Peccato che gli unici ad averlo ben chiaro in mente sembrano essere Letta e Hollande mentre la Cancelliera, ancora alle prese con la formazione del suo governo di “Grosse Koalition” con l’SPD, evidentemente si dimentica di cosa successe ai tempi della Repubblica di Weimar, quando la Germania fu messa in ginocchio dalle potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale, e sembra non rendersi conto che il motivo per cui il suo Paese è così inviso ai partner internazionali non è perché esporta troppo ma perché ha imposto all’intera Europa un regime di austerità e rigore fine a se stesso che sta conducendo milioni di persone sull’orlo dell’abisso e della disperazione sociale.

È , dunque, da qui che deve partire la nostra riflessione sul PD, sulla sinistra italiana e, soprattutto, sul futuro dell’Europa.

Perché il PD smetterà di avere un senso, e la sinistra una funzione sociale, se alle Europee non sosterrà convintamente Martin Schulz alla presidenza della Commissione europea, rafforzando l’alleanza con le altre forze socialiste e socialdemocratiche d’Europa e, se non è chiedere troppo, aderendo finalmente al PSE e smettendola con quest’ambiguità di sostenerne tutte o quasi le scelte rimanendone però fuori.

Perché è chiaro che la sintonia fra Letta e Hollande altro non è che la giusta e necessaria convergenza fra due dei migliori esponenti della sinistra europea, i quali hanno il dovere di collaborare fianco a fianco per indebolire le idee sbagliate, fallimentari e dannose di una Merkel provinciale e nettamente animata da una volontà di dominio e di potenza che è quanto di peggio possa fare la Germania in un momento così particolare e delicato.

Perché qualunque analista politico ed economico si rende conto a occhio nudo che, parlando di questioni concrete, né Alitalia né Air France possono avere un futuro in un mondo oramai globale, nel quale le compagnie arabe possono permettersi di investire centinaia di miliardi di petro-dollari per allestire flotte con cui mai potremmo competere, mentre potrebbe crescere e trasformarsi in un ottimo investimento la creazione di una grande compagnia aerea mediterranea che coinvolga l’Italia, la Francia e, se possibile, anche la Spagna di Rajoy.

Perché tutti sanno che non ha senso parlare di Eurobond e Project bond fino a quando non si avrà il coraggio di rovesciare i dogmi del liberismo imperante e favorire la nascita di una sorta di IRI europea per agevolare la ricostruzione industriale nei paesi più colpiti dalla crisi, fra i quali anche il nostro.

 

Perché è innegabile che questo modello di globalizzazione, che ha favorito la diffusione di una falsa democrazia ma si è ben guardata dall’estendere e rafforzare i diritti, non conduce da nessuna parte, se non nel baratro.

Perché bene ha fatto Letta a porre al centro del dibattito comunitario il concetto che se non si riafferma la dignità, la centralità e la preminenza degli esseri umani sulle logiche del mercato i movimenti eversivi dilagheranno, sospinti dalla rabbia, dallo sconforto e dalla disperazione di chi sta pagando la crisi al posto di coloro che l’hanno causata.

Perché se davvero vogliamo mettere in comune il nostro destino, attraverso l’unione bancaria e, speriamo il prima possibile, quella politica, allora non possiamo rinunciare a una seria riflessione sulla nascita di grandi partiti europei che abbiano finalmente un’anima e un’identità chiara e precisa e si chiamino in tutti i paesi con lo stesso nome: PSE per quanto riguarda la sinistra e PPE per quanto riguarda la destra; senza dimenticare gli altri che pure hanno tutto il diritto di far sentire la propria voce in una logica di alleanze.

Perché l’Italia e la Francia sono due nazioni fondatrici e non possono continuare a dimenticarsene, rimuovendo la storia e continuando ad accettare imposizioni che mai avrebbero dovuto tollerare, in quanto malvagie e prive di senso, come gli assurdi vincoli di bilancio che stanno deprimendo la crescita, falcidiando centinaia di migliaia di posti di lavoro e vanificando ogni tentativo di ripresa e sviluppo.

E, infine, perché o la sinistra, soprattutto in Italia, comprende una volta per tutte che l’unica possibilità che ha di avere ancora un ruolo, un senso e una ragione sociale di esistere è quella di assumere una dimensione e un modo di agire compiutamente europeo oppure non riusciremo mai a interrompere l’egemonia culturale delle destre e del liberismo che troppi danni hanno arrecato e continuano ad arrecare al nostro sistema di welfare, oramai di fatto smantellato, alla nostra concezione dei diritti, attualmente purtroppo minoritaria, e alla nostra visione del ruolo dello Stato, in netto contrasto con quella reaganiana ma incapace di affermarsi a causa della nostra eccessiva timidezza, della nostra mancanza di coraggio e del nostro assurdo definirci “post-ideologici”, come se quest’aggettivo privo di significato costituisse un valore.

 

Questo è il ruolo di una sinistra europea e moderna nel Terzo millennio: quello di sempre, occuparsi del dolore, dei drammi e della disperazione degli ultimi e aiutare i più meritevoli a spiccare il volo, ma in un contesto più ampio, con più concorrenti, con meno dazi e barriere, almeno materiali, di un tempo.

Speriamo che lo capisca, in particolare in Italia, puntando su Letta nella primavera del 2015 e liberandosi delle velleità rottamatorie che, oltre a renderla antipatica e poco convincente, finiscono con l’alienarle il consenso di chi crede che tutto manchi alle nostre latitudini fuorché una proposta politica populista e demagogica.

 

 

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