Windjet scompare, nessun piano per il trasporto aereo italiano

ROMA –  “Qui non è solo questione di Windjet o di Alitalia. Qui è l’intero sistema dell’aviazione italiana che è a rischio scomparsa”. A pronunciare queste parole è Vito Riggio, il presidente dell’Ente nazionale aviazione civile (Enac), intervenuto nella vicenda della piccola compagnia siciliana, ormai praticamente fallita.

Soldi, infatti, per  un probabile salvataggio non ci sono, anche se l’ultima parola spetta al ministro Corrado Passera, che tenterà in extremis di rimettere in piedi la trattativa con Alitalia, sfumata qualche giorno fa.

Ma non è soltanto il caso Windjet a preoccupare Riggio, perchè a dirla con le sue parole è “l’intero sistema dell’aviazione civile italiana ad essere a rischio scomparsa, stretto dalla pressione competitiva che viene dalle compagnie low cost irlandesi e inglesi – le quali  non pagano lo stesso volume di tasse che paghiamo in Italia –  e dalle compagnie dei Paesi arabi che non pagano il petrolio”.
Insomma senza giri di parole servono regole e soprattutto serve farle veramente rispettare, senza fare sconti a nessuno, come purtroppo accade adesso.
Per questo sarebbe necessario realizzare il prima possibile un piano nazionale del trasporto aereo e dell’aviazione civile, che possa fare ordine in questo delicato settore.

Il 13 giugno del 2012, quindi soli due mesi fu proprio il ministro dello sviluppo economico ad annunciare che entro l’estate l’Italia avrebbe avuto un piano nazionale degli aeroporti.  Ma, al momento, di piani strategici non se ne sono visti e forse neppure ce ne sono.
Un mese dopo, esattamente il 14 luglio del 2012 Marco Filippi, capogruppo del Pd alla VIII Commissione Trasporti, Lavori Pubblici e Comunicazioni del Senato lanciava un allarme ben preciso: “Il comparto dell’aviazione civile italiana soffre da decenni di abbandono ed incuria, sia governativa che parlamentare”.
Parole durissime emerse nella relazione del trasporto aereo presentata pochi giorni fa dai senatori del Partito Democratico della 8° Commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni  che va a toccare proprio il sistema aeroportuale, l’aviazione generale, gli enti di settore, i servizi di assistenza,  l’Alitalia e le concorrenti stranieri. Insomma una visione che cerca di fornire un quadro il più completo possibile su un comparto importante per l’economia italiana. Quadro, tuttavia,  desolante, che parla  di un’aviazione  trascurata e afflitta da eccessivi vincoli burocratici che collocano l’Italia agli ultimi posti dell’Europa.
Uno sviluppo, quello sempre del trasporto aereo, che questa indagine conoscitiva definisce  ”molto diffuso ma debole”.
Per non parlare di Alitalia, che secondo il rapporto dei senatori, rappresenta un po’ l’emblema delle aspettative disattese tant’è che la compagnia di bandiera si colloca nel nercato in una posizione non ben precisata, soprattutto a causa delle politiche industriali poco efficaci, tant’è che lo sperato pareggio di bilancio del 2011 non c’è stato.

Ma tornando alla relazione, fu lo stesso Filippi ad asupicare l’istituzione di un’Authority dei trasporti che pfosse in grado di riorganizzare e dare impulso al settore, ripensando all’architettura istituzionale tra i vari enti di controllo come l’Enac – che ha poche risorse e opera con un terzo degli ispettori di volo rispetto al traffico attuale,   l’Enav e  l’Ansv.
La vicenda Alitalia avrebbe dovuto portare qualche spunto, invece, non c’è ancora nessun piano in grado di tutelare i posti di lavoro, garantire i passeggeri e nel contempo aiutare il trasporto italiano, magari con un fondo creato ad hoc per compagnie, la cui scomparsa potrebbe provocare un effetto domino.
Inutile ripetere che recentemente la compagnia Meridiana ha presentato ricorso alla Commissione Europea per quanto concerne gli aiuti indiretti da parte degli enti locali che compagnie come la Ryanair usufruiscono, alimentando un’altra piaga del settore, ovvero la concorrenza sleale.
E non è tutto. Anche la mobilità aeroportuale è un altro nodo da sciogliere, specie in tempi di crisi come questo, dove il binomio trasporto e ambiente. come insegna il caso Ilva, s’intrecciano indissolubilmente.
Dal raddoppio della pista a Fiumicino all’allargamento dello scalo senese di Ampugnano a quello laziale di Ciampino che avrebbe dovuto chiudere per via dell’impatto ambientale e dare il via alla realizzazione di uno scalo a Viterbo. Tutto si traduce con un’attesa infinita e un “nulla di fatto”.

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