Biofuel. Inglese il destino della benzina che domani profumerà

Chi vive in campagna si lamenta perché non sa come liberarsi delle potature e dei residui vegetali del giardino. 

Fra pochi anni non avrà più questo problema: in Inghilterra stanno lavorando ad un motore d’automobile che non ha bisogno di benzina né di gasolio, di elettricità e tanto meno di idrogeno perché il combustibile che lo fa girare è prodotto proprio dai rifiuti vegetali. 

È il futuro dell’automobile dicono a Corringham, nell’Essex, dove è nata la Coryton Fuel, un’azienda che studia e produce il combustibile per auto ricavato dagli scarti vegetali. E non sembra l’idea di uno scienziato pazzo che si illude di aver trovato la pietra filosofale, ma una vera e propria impresa che sta già dando i suoi frutti e altri ne darà in futuro. 

Qui si produce il nuovo biocarburante che farà marciare le nostre automobili e tutti gli altri veicoli con il motore a combustione interna, il vecchio motore a scoppio, ottenendo due risultati in uno: nessun inquinamento atmosferico e liberazione dalla schiavitù del petrolio.

   Non piacerà agli arabi che sui petrodollari hanno costruito una mostruosa ricchezza, ne saranno entusiasti gli ambientalisti che finalmente sentiranno l’aria che respiriamo non più inquinata dai residui degli idrocarburi.

La piccola azienda che nella campagna inglese sta interpretando il futuro è nata, si può dire per caso, da una scommessa e da una ristrutturazione: la scommessa è stata quella che ha visto due inglesi appassionati di auto d‘epoca che sulle strade delle Dolomiti di qualche anno fa presero parte alla corsa storica della “Stella alpina” con una Lancia Fulvia d’antan che nel serbatoio aveva una miscela innovativa ricavata dalla macerazione di scarti vegetali. 

I due ambientalisti non vinsero la gara, ma tornati in patria, sempre più convinti si dedicarono allo studio e alla produzione del biocarburante in una raffineria dismessa della Bp. 

Del resto avevano un esempio illuminante a cui rifarsi: re Carlo d’Inghilterra che con una poltiglia poi filtrata ricavata dalla decomposizione di pezzi di formaggio e mosto di vino della Cornovaglia, alimentava la sua Aston Martin per delle brevi passeggiate che più ecologiche non avrebbero potute essere.

Oggi nello stabilimento della Coryton Fuels lavorano circa settanta tecnici impegnati nella trasformazione delle inusitate materie prima in un carburante che quanto a lavorazione è impegnativo come un whisky di marca, solo che gli ingredienti non sono il malto cotto nei forni che bruciano la torba e l’acqua delle Alte Terre scozzesi ma sono ben altro, sono gli scarti che provengono dalle ditte fornitrici: alcune panetterie dell’Ucraina, dieci allevamenti svedesi e segherie polacche. 

Con un’adeguata lavorazione quei residui vegetali si trasformano in bioetanolo che, filtrato, diventa carburante pronto per essere immesso nel serbatoio delle automobili. 

Naturalmente è una produzione di nicchia, che alla pompa, il giorno che fosse distribuito su vasta scala, costerebbe il triplo del carburante oggi in uso.

 Ma è il futuro dei nostri motori a scoppio, soprattutto dopo il 2035 quando l’Unione Europea metterà definitivamente al bando i carburanti di origine fossile. “Se con una campagna di promozione politica si potessero mettere insieme a livello internazionale tutti gli scarti vegetali d’Europa per farne biocarburanti – dicono alla Coryton –   ci sarebbe energia per rifornire tutto il parco auto oggi circolante”. 

Ma le automobili che vanno a rifiuti non puzzano? ” Al contrario –  assicura Andrew Wilson, ceo della Coryton – dallo scappamento esce un fumo dal sapore dolciastro per lo zucchero contenuti negli scarti vegetali. E senza pericolo di inquinamento”. 

 Un futuro profumato, dunque, per le auto non più dipendenti dal petrolio. Meno rosea la prospettiva di chi il petrolio oggi lo estrae e ci si arricchisce. Per loro la ruota della fortuna è girata in negativo. 

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