Le sale del Palazzo della Loggia di Noale ospiteranno, a partire dal 17 maggio, una mostra del pittore veneziano Vito Campanelli, Opus, a cura del critico d’arte Gaetano Salerno.
Quella di Vito Campanelli è una pittura che sembra muoversi su di un piano assoluto, dove il colore agisce come forza generativa e l’atto pittorico inocula caos e forma a partire da un reale pre-pittorico ricco di potenzialità.

Il suo gesto è differenza immanente, pura affermazione di divenire, mai negazione, mai dialettica: è un’arte del sì alla vita, della metamorfosi continua, dove ogni immagine è un evento e non una rappresentazione, un accadere e non un fatto compiuto.
Campanelli attraversa un reale geologico e genealogico, assunto nella sua continuità senza alcuna trascendenza, in un movimento orizzontale che rende l’artista un intercessore tra visibile e invisibile.
Le sue immagini non raffigurano né illustrano, ma fanno emergere sulla soglia di una faglia, forme mai viste prima, sempre sul punto di trasformarsi.
L’artista si muove tra sacro e profano, tra salvezza e annientamento, affacciandosi su lacune abbacinanti che solcano la realtà e che sfidano le coordinate sensibili dell’osservatore.

La sua tavolozza alterna cicli rossi e blu: il rosso, caldo e tellurico, esplode in fiamme e lapilli; il blu, freddo e cosmico, contrae e dissolve, conducendo verso una quiete entropica. In entrambi, la materia pulsa, si lacera, si trasforma, rivelando strutture ctonie o galattiche, sempre sul crinale tra inizio e fine del mondo.
La pittura di Campanelli è frattale e traumatica, non lineare ma ciclica, ogni opera un nuovo inizio. Essa de-centra il soggetto, lo risucchia in uno specchio opaco che non riflette ma assorbe.
Arte che coagula tensioni primarie, che vive nella metastabilità della forma e della materia.
Non riproduce ma presenta, non definisce ma differenzia. E lo fa come una Rorschach cosmica, che parla all’inconscio, accennando verità che l’osservatore dovrà comporre da sé, come la Pizia oracolare.
In conclusione, quella di Campanelli è un’arte poietica, che svela l’essere lasciandolo accadere nella luce radente del colore, dove ogni forma, pur mutando, è sempre salva. Una pittura che è insieme inizio e fine, materia e antimateria, generatrice inesauribile di forme nel braciere eterno dell’essere.