Bioingegneria e terapia cellulare per migliorare l’autotrapianto di tessuto ovarico crioconservato
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Trieste e dell’IRCCS Burlo Garofolo ha messo a punto una strategia innovativa per la preservazione della fertilità nelle pazienti pediatriche oncologiche. Il nuovo approccio, sviluppato con tecniche avanzate di bioingegneria e terapia cellulare, prevede l’autotrapianto di tessuto ovarico crioconservato, arricchito con cellule autologhe derivate dai vasi sanguigni.
Queste cellule, isolate dallo stesso campione ovarico, stimolano una rivascolarizzazione più rapida ed efficiente del tessuto dopo il reimpianto, migliorando così l’apporto di ossigeno e nutrienti. L’obiettivo è ridurre la perdita ovocitaria dovuta all’ischemia post-trapianto e aumentare le probabilità di successo nel ripristino della fertilità.
Uno studio d’eccellenza, pubblicato su Bioactive Materials
I risultati della ricerca, condotta su modelli animali, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Bioactive Materials. Lo studio è frutto della collaborazione con due enti di eccellenza: l’ICGEB – International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology, sotto la guida della prof.ssa Serena Zacchigna, e il centro di ricerca Elettra Sincrotrone Trieste.
A coordinare il progetto sono stati la dott.ssa Chiara Agostinis (IRCCS Burlo Garofolo), la prof.ssa Roberta Bulla (Università di Trieste – Dipartimento di Scienze della Vita) e il prof. Giuseppe Ricci, direttore della Clinica ostetrica e ginecologica dell’IRCCS Burlo Garofolo e docente presso il Dipartimento Universitario Clinico di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute.
Potenzialità cliniche e nuovi scenari
«Questo lavoro – spiega la dott.ssa Agostinis – getta le basi per un successivo studio preclinico, in cui intendiamo valutare l’efficacia complessiva della tecnica, anche in relazione alla funzionalità endocrina dell’ovaio autotrapiantato».
«Nonostante le linee guida internazionali abbiano promosso questa procedura da sperimentale a clinica – aggiunge il prof. Ricci – sono ancora numerose le barriere operative da superare. Solo pochi centri in Italia la applicano, rendendo difficile l’accesso per molte pazienti».
Il protocollo sperimentale è stato sviluppato nell’ambito del dottorato di ricerca della dott.ssa Mariagiulia Spazzapan, mentre la valutazione post-trapianto tramite microtomografia a raggi X è stata curata dalla dott.ssa Lorella Pascolo. Le analisi sono state effettuate sulla linea SYRMEP presso Elettra Sincrotrone Trieste, grazie al lavoro della dott.ssa Elena Longo.
Una speranza concreta per le giovani pazienti oncologiche
La ricerca scientifica ha reso curabili molte neoplasie pediatriche, ma resta aperta la sfida di migliorare la qualità della vita dopo le cure. La preservazione della fertilità rappresenta un aspetto centrale: in età prepuberale, l’autotrapianto di tessuto ovarico crioconservato offre oggi una possibilità reale di ripristino della funzione riproduttiva.
Tuttavia, il successo della procedura resta limitato a causa del deficit di ossigeno che si verifica nel periodo successivo al trapianto, quando il tessuto non è ancora perfettamente rivascolarizzato. Questo stress ischemico determina una significativa perdita di ovociti e una riduzione della funzionalità del tessuto innestato.
Grazie a questo nuovo approccio sviluppato a Trieste, si apre una prospettiva concreta per aumentare il successo clinico del trapianto ovarico, offrendo così maggiori opportunità di fertilità alle giovani pazienti guarite dal cancro.
Fondi e finanziamenti
Lo studio è stato finanziato dal Ministero della Salute (progetti RC 23/18 e 20/23 IRCCS Burlo Garofolo), dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR Next Generation EU (CUP J53D23001020006 a RB) e dal Programma Operativo Nazionale Ricerca e Innovazione – REACT EU 2014–2020.