Una collaborazione tra il CNR-IOM di Trieste, le Università di Trieste e Innsbruck e Elettra Sincrotrone Trieste ha ottenuto per la prima volta un cristallo bidimensionale di ossido di boro (B₂O₃) composto esclusivamente da unità strutturali finora osservate soltanto nella fase vetrosa.
Lo studio è stato pubblicato su Science.
Contesto e rilevanza
L’ossido di boro è noto per il suo impiego nei vetri speciali (come il vetro Pyrex) e negli smalti, grazie alla capacità di aumentare la resistenza agli shock termici e alla corrosione chimica. Tuttavia, la fase vetrosa di B₂O₃ possiede unità strutturali (anelli “boroxine” composti da 3 atomi di boro e 3 di ossigeno) che non erano mai state osservate in forma cristallina ordinata.
Fino ad oggi, tali configurazioni erano solo previste da modelli teorici: il nuovo studio le conferma sperimentalmente in un materiale bidimensionale.

Metodologia e risultati principali
- Il team ha impiegato una superficie di platino come substrato per far crescere il cristallo bidimensionale e caratterizzarlo dettagliatamente.
- Le simulazioni numeriche mostrano che la struttura è altamente elastica, fino a 10 volte più flessibile del grafene: questo perché i rigidi anelli boroxine sono collegati tramite un atomo di ossigeno che funge da cerniera rotante nel piano.
- L’interazione tra il materiale e il substrato in platino è debole, aprendo la strada alla possibilità di separarlo e impiegarlo in dispositivi tecnologici.
- Con microscopia a scansione a effetto tunnel, gli scienziati hanno osservato la disposizione atomica nel reticolo e valutato come gli atomi si riarrangiano durante la transizione tra le strutture cristalline e vetrose.
Implicazioni e prospettive applicative
Questo nuovo materiale possiede caratteristiche uniche: è un semiconduttore a banda proibita larga, estremamente flessibile e poroso. Le sue potenzialità sono molteplici, tra cui:
- Elettronica avanzata
- Catalisi
- Tecnologie quantistiche
La scoperta apre una nuova frontiera nella ricerca sui materiali bidimensionali e può stimolare applicazioni innovative in vari settori.

Autori e riconoscimenti
I primi autori dello studio sono i dottorandi Teresa Zio e Marco Dirindin dell’Università di Trieste, che hanno contribuito in modo significativo a questo lavoro di frontiera.