Uno studio internazionale, pubblicato su Nature Climate Change, svela il limite della capacità refrigerante delle masse glaciali e prevede un’accelerazione della loro fusione entro il prossimo decennio.
Un gruppo di ricerca internazionale, coordinato dall’Institute of Science and Technology Austria (ISTA) con la collaborazione dell’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) e dell’Istituto di ricerca sulle acque (Cnr-Irsa) del Consiglio nazionale delle ricerche, ha sviluppato un innovativo modello matematico in grado di stimare per quanto tempo i ghiacciai riusciranno ancora a mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Climate Change, evidenziano che la capacità di auto-raffreddamento dei ghiacciai — una funzione naturale che contribuisce a mantenere stabile il microclima circostante — raggiungerà il suo punto massimo entro il prossimo decennio, per poi declinare rapidamente.
Un modello globale per prevedere il futuro dei ghiacciai
Lo studio si basa sui dati raccolti da 350 stazioni meteorologiche distribuite su 62 ghiacciai in tutto il mondo, analizzati attraverso 169 campagne di misurazione estive.
“I nostri dati mostrano che i ghiacciai stanno per raggiungere il culmine della loro capacità di auto-raffreddamento”, spiegano i ricercatori Thomas Shaw e Francesca Pellicciotti dell’ISTA. “Dopo questo punto, le temperature superficiali aumenteranno in modo più rapido, accelerando la fusione e il ritiro dei ghiacciai”.
Il ruolo dei ghiacciai nel raffreddare il pianeta
I ghiacciai, oltre a costituire una riserva idrica fondamentale, hanno un effetto diretto sul microclima locale, contribuendo a mantenere basse le temperature dell’ambiente circostante attraverso un fenomeno noto come decoupling — il disaccoppiamento termico tra la superficie del ghiaccio e l’atmosfera.
Secondo lo studio, tuttavia, questo equilibrio naturale è destinato a interrompersi prima della metà del secolo, segnando una fase di accelerato declino delle masse glaciali.
“Possiamo parlare di una sorta di resilienza termica dei ghiacciai”, sottolinea Franco Salerno del Cnr-Isp, “poiché attraverso il raffreddamento dell’aria circostante essi si proteggono dal cambiamento climatico. Ma questo effetto non durerà a lungo”.
L’importanza del monitoraggio scientifico
Uno degli aspetti critici emersi dallo studio è la scarsità di dati osservazionali, che limita la possibilità di individuare soglie di cambiamento utili a prevedere i comportamenti futuri dei ghiacciai.
“Serve un’azione immediata per ampliare le reti di monitoraggio, soprattutto nelle regioni montane meno rappresentate”, spiega Nicolas Guyennon del Cnr-Irsa. “Solo attraverso una raccolta dati più capillare potremo comprendere meglio l’evoluzione di queste risorse idriche essenziali e il loro impatto sul sistema climatico globale”.