Ennio Flaiano, 70 anni fa “Un marziano a Roma”: satira eterna

A settant’anni dalla pubblicazione del racconto, il capolavoro di Ennio Flaiano resta una delle più lucide satire sulla società italiana, tra cinema, critica e disincanto

A oltre cinquant’anni dalla morte di Ennio Flaiano, la sua scrittura continua a parlare al presente. Lo dimostra la nuova edizione di Chiuso per noia, pubblicata da Adelphi (pagg. 326, euro 16,00), volume curato da Anna Longoni che raccoglie trent’anni di recensioni cinematografiche, scritte tra il 1939 e il 1969. Un libro che restituisce il ritratto di Flaiano critico, osservatore ironico e spesso spietato del cinema e della società.

Prima di diventare uno degli sceneggiatori più importanti del cinema italiano — collaborando con Federico Fellini ai film che hanno segnato un’epoca — Flaiano è stato innanzitutto giornalista e spettatore. Il suo rapporto con il cinema è sempre stato ambivalente, oscillante tra passione e disincanto, come emerge chiaramente dai suoi articoli.

Ennio Flaiano, una vita tra scrittura e disincanto

Nato a Pescara nel 1910, ultimo di nove figli, Flaiano si trasferì giovanissimo a Roma. Aveva appena dodici anni quando, il 27 ottobre 1922, viaggiò su un treno gremito di fascisti diretti alla marcia su Roma: un episodio che avrebbe poi rievocato con il suo consueto sarcasmo.

Nel 1947 vinse il primo Premio Strega con Tempo di uccidere, romanzo ispirato alla guerra d’Etiopia, alla quale aveva partecipato nel 1936. La sua vita privata fu segnata dalla nascita della figlia Luisa, detta Lelè, gravemente invalida, una presenza dolorosa ma centrale nella sua esistenza.

Negli anni romani Flaiano fu giornalista, scrittore, umorista, drammaturgo e critico cinematografico. Scrisse per Il Mondo di Mario Pannunzio e per il Corriere della Sera, diventando una delle voci più autorevoli e caustiche della cultura italiana del Novecento.

Un marziano a Roma, la satira che non invecchia

Tra le opere più celebri e divertenti di Flaiano c’è senza dubbio Un marziano a Roma, racconto pubblicato nel 1954 su Il Mondo, di cui ricorrono oggi i settant’anni. La storia è nota: Kunt, un alieno proveniente da Marte, atterra a Roma, suscitando stupore e curiosità. All’inizio è un evento mediatico: giornali, interviste, folle entusiaste, persino un’udienza papale.

Poi, lentamente, l’interesse svanisce. Il marziano diventa invisibile, ignorato, ridicolizzato. La satira di Flaiano è feroce e lucidissima: l’Italia è il Paese che consuma tutto, anche lo straordinario, fino alla noia e all’indifferenza.

L’ispirazione, oltre alla fantascienza americana come Ultimatum alla Terra di Robert Wise, arriva anche dalla realtà romana degli anni Cinquanta, in particolare dalla figura di Faruk, ex re d’Egitto, protagonista di una dolce vita fatta di locali notturni, paparazzi e scandali, fino al totale oblio mediatico.

Dal teatro al cinema: un successo tardivo

Dal racconto Flaiano trasse una commedia teatrale che debuttò nel 1960 al Teatro Lirico di Milano, con Vittorio Gassman regista e interprete. Fu un clamoroso fiasco: fischi e pernacchie accompagnarono lo spettacolo.

Eppure, col tempo, Un marziano a Roma è diventato uno dei lavori più apprezzati di Flaiano. Negli anni successivi fu ripreso da altre compagnie, adattato per la televisione e citato più volte nel cinema italiano e internazionale, da Tinto Brass a Woody Allen, che ne riprese lo spirito in To Rome with Love.

Flaiano critico cinematografico: ironia e rigore

È però il Flaiano critico cinematografico a sorprendere ancora oggi. In Chiuso per noia emerge tutta la sua capacità di osservare il cinema con sguardo indipendente e corrosivo. Celebre la sua autocritica:

“Per anni ho scritto delle critiche sui giornali senza cavarne altro che inimicizie ed errori tipografici”.

Amò Ombre rosse di John Ford, ma non risparmiò stoccate al cinema americano in generale. Fu severo con Ossessione di Visconti, con Via col vento, con La terra trema e con Miracolo a Milano, dimostrando una libertà di giudizio rara, allora come oggi.

Un marziano chiamato Ennio Flaiano

A ben guardare, Flaiano stesso è stato un po’ come il suo marziano Kunt: accolto con entusiasmo, celebrato, poi lentamente dimenticato. Morì nel 1972, quasi in silenzio, per un attacco di cuore. Negli ultimi anni sognava una vita appartata, lontana da Roma, forse persino su un altro pianeta.

Eppure oggi, a settant’anni da Un marziano a Roma, la sua lezione resta attualissima. Flaiano continua a ricordarci che il vero pericolo non è lo straordinario, ma l’abitudine. E che l’ironia, quando è intelligente, è una forma altissima di verità.

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