CANNES – Correva l’anno 1960 e al festival di Cannes erano in gara i grossi calibri del cinema europeo: Ingmar Bergman, Luis Bunuel, Michelangelo Antonioni e Federico Fellini.
Vinse, come tutti sanno, La dolce vita. Presidente della giuria era George Simenon,proprio lui, il più prolifico scrittore francese del Novecento, che per il film di Fellini si era battuto come un leone, imponendolo agli altri. Ne nacque un’amicizia durata negli anni. Lo dimostra un singolare epistolario. Scrive Simenon a Fellini: ” E’ sempre miracoloso scoprire di avere un fratello”. Scrive Fellini a Simenon: ”E’ l’amico più grande che tutti vorrebbero avere, un esempio di talento senza limiti”.
A cotè del concorso, nella saletta del palazzo del cinema intitolata a Bunuel, una proiezione mattutina nel week end ha riportato Simenon al Festival con il film La chambre bleu, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore francese, con la regia e l’interpretazione di Mathieu Amalric. “Un giallo fra Hitchcock e Truffaut – ha scritto un critico d’oltralpe – protagonisti un amante ossessivo, implacabile e frustrato, e una donna che si rivelerà fatale e incapace di demordere.”
Chissà se sarebbe piaciuto a Simenon il film che lo rappresenta oggi, dopo tanti anni, al festival dove fu di casa fa come presidente della giuria? Difficile dirlo, anche se lo scrittore di Francia più letto in assoluto, aveva per il cinema un debole inconscio: non sono pochi, infatti, i critici concordi nel dire che i romanzi di Simenon hanno tutti un innegabile impianto cinematografico che ne fanno materiale utilissimo da filmare. Prova ne sia le fortunatissime serie televisive seguite ai film deliberatamente tratti dai suoi romanzi, che hanno fatto la fortuna idi attori come Jean Gabin in Francia e da noi Gino Cervi.
Oltre che al festival, il film esce contemporaneamente nelle sale francesi. Ormai è un meccanismo collaudato: distribuire nei cinematografi di tutt’Europa i film che stanno andando in concorso sulla Croisette. Il vantaggio è reciproco: se il film è di forte richiamo, porta lustro al festival che lo voluto in rassegna; nel caso contrario è il festival che manda pubblico al film altrimenti poco noto. Si è visto con il film su Grace di Monaco che ha aperto le proiezioni sulla Croisette e contemporaneamente era nei multisala di tutt’Italia. A chi sarò piaciuto di più, il film affidato agli stupefacenti primi piani di Nicole Kidman- race Kelly? Al sofisticato pubblico del Palais du cinema e agli occhiuti critici internazionali o alle più ben disposte platee di periferia o di provincia nostrane? Lo sapremo ai primi riscontri degli incassi.
Peccato non avere subito a disposizione sotto casa anche il film tratto da Simenon. E’ sicuramente una chicca, con i personaggi tratteggiati dallo scrittore secondo i suoi schemi perfetti: l’uomo geloso, la donna intrigante, l’amour fou, la passione travolgente, il finale spesso macchiato di sangue raramente innocente.
Nato a Liegi nel 1903, Georges Simenon ha scritto centinaia di romanzi e racconti: il primo, Il romanzo di una dattilografa, lo scrisse seduto ai tavolini di un caffè di Parigi e siccome era un perfetto sconosciuto lo firmò con uno pseudonimo. Tanti romanzi , ma anche tantissime donne: Simenon ebbe una fama di tombeur de femmes al limite del primato mondiale. Lui stesso indicò in alcune migliaia il numero delle donne che, inesauribile, sedusse con reciproca soddisfazione. Una vita movimentata, la sua: una fuga negli Stati Uniti per sfuggire ad un’accusa di collaborazionismo nella Francia occupata dai nazisti, il ritorno in Europa negli Anni Cinquanta, la morte a Losanna a 86 anni, con grande rimpianto della sue ultime conquiste femminili. Le cronache riferiscono che anche al Festival di Cannes del 1960 lo scrittore non abbia mancato, nei ritagli di tempo fra una riunione della giuria e una proiezione, di fare fulminee conquiste femminili, con grande divertimento di Federico Fellini che al racconto delle sue performance rimaneva estasiato. Lui che ufficialmente non ha mai messo un corno all’amata Giulietta.