Orestiadi di Gibellina. Storia, festival e cartellone 2012

Orestiadi di Gibellina. Storia, festival e cartellone 2012

GIBELLINA –  Si svolgerà dal 3 al 28 luglio la XXXI edizione delle Orestiadi di Gibellina.

STORIA DELLLE ORESTIADI

Il festival internazionale è un progetto che venne ideato dal Senatore Ludovico Corrao e inaugurato nel 1979 dal Mistero Buffo di Dario Fo e Franca Rame. Da allora il Festival ha avuto una cadenza annuale, dimostrando oggi una longevità insolita per la Sicilia e ha visto passare da qui artisti provenienti da tutto il mondo. È un elenco lunghissimo quello dei poeti, registi, attori, musicisti e coreografi che si unisce a personalità immense delle arti visive, artisti che hanno lavorato ospiti della Fondazione in residenze artistiche, workshop, produzioni, come in una vera Officina creativa tra le più felici oggi in Italia, e sicuramente con la sua specificità l’unica in Sicilia. Nel 1983 ‘L’Orestea di Gibellina’ di Emilio Isgrò, regia di Filippo Crivelli e macchine spettacolari di Arnaldo Pomodoro, segna l’inizio di una vocazione al teatro contemporaneo, alla ricerca, alla sperimentazione e alla complessità dei linguaggi espressivi.

Le iniziative artistiche della Fondazione hanno continuato nel segno della multidisciplinarietà, coniugando insieme l’arte contemporanea con la musica e il teatro sperimentale. Grandi artisti hanno partecipato alla realizzazione delle scenografie da Mimmo Paladino, la cui montagna di sale caratterizza ancora il Baglio di Stefano sede della Fondazione, a Nunzio, Toti Scaloja, solo per citarne alcuni. Tra gli registi della scena internazionali che hanno dato il loro contributo si ricordano Cesare Lievi, Iannis Xenakis, Mario Martone, Alexandr Popowski, Thierry Salmon, Silviu Purcarete, Eimuntas Nekrosius, Lev Dodin, Pietro Carriglio, Roberto Andò, Raul Ruiz, Pippo Delbono, Elio De Capitani, Amos Gitai, Moni Ovadia, Bob Wilson, Peter Stein, Arianne Mnouchkine, Robert Lépage e musicisti come Daniele Abbado, Robert Fripp, John Cage, Philip Glass, Salvatore Sciarrino, Giovanni Sollima.  E ancora artisti e autori siciliani oggi riconosciuti in Italia e in Europa come Franco Scaldati, Claudio Collovà, Scimone e Sframeli, Vincenzo Pirrotta ed Emma Dante, ma è questo sicuramente un elenco riduttivo e incompleto. Sono passati trenta edizioni felicissime e le manifestazioni intestate alle Orestiadi hanno avuto come principale scopo il sostegno e la rifondazione della città di Gibellina.

Uomini di cultura italiani e stranieri hanno fatto la storia delle Orestiadi, realizzando ciascuno un frammento di un progetto culturale vastissimo e articolato, fortemente caratterizzato dall’incontro tra le espressioni artistiche più innovative e il richiamo continuo alla memoria dei luoghi, un progetto di cui il Festival rappresenta solo una parte.

Le Orestiadi di Gibellina è infatti anche uno di quei rari festival in Italia dedicati alla poesia e ha ospitato importanti convegni con la presenza di poeti provenienti dalla Siria, dall’Egitto, Libano, Marocco, Tunisia e moltissimi altri Paesi del bacino del Mediterraneo: uno scambio vitale con la Sicilia e l’Italia che ha accolto le testimonianze e le espressioni più alte di moltissimi poeti, solo per citarne alcuni, come Adonis, Karim Hannachi, Daisaku Ikeda, Giovanni Raboni,  Elio Pagliarani, Vincenzo Consolo e Francesca Corrao, che ha inoltre curato e ideato tutti i progetti sulla poesia, teatro, musica e danza che, insieme alle arti visive, alla fotografia, al design e all’artigianato, hanno trovato qui a Gibellina, grazie alla immensa intuizione del Senatore Ludovico Corrao, una casa comune di straordinaria vitalità. 

IL FESTIVAL

Il Festival 2012 è stato presentato dal direttore artistico delle Orestiadi Claudio Collovà, dal presidente della Fondazione Orestiadi, Francesca Corrao e dal direttore artistico del “Circuito del Mito” Salvatore Presti, con cui a partire da quest’anno viene avviata una collaborazione culturale.

Quattordici gli appuntamenti delle Orestiadi 2012 per dodici serate, con diversi artisti di fama nazionale e internazionale, con in programma una prima mondiale assoluta e una prima nazionale. Lavori ampiamente riconosciuti dalla critica italiana ed estera, concepiti e realizzati da ensemble che in molti casi hanno raggiunto una forte visibilità non solo nel nostro Paese. A vario titolo saranno presenti anche produzioni europee, provenienti da Germania e Francia. Fra gli ospiti di questa edizione, Malou Airaudo, Denis “Kooné” Kuhnert, Szu-Wei Wu, Enrico Casagrande, Daniela Nicolò, Motus, Giovanna Velardi, Dominik Barbier, Masque Teatro, Lorenzo Bazzocchi, il duo Antonio Rezza Flavia Mastrella, Teatropersona, Franco Scaldati, Alessandro Serra, Chiara Cicognani ed Elisabetta Gambi, Korekané, Teatro Iaia, Clara Gebbia, Enrico Roccaforte, Filippo Luna, Nenè Barini, Germana Mastropasqua, Alessandra Roca, Serena Barone, Stefania Blandenburgo, Massimiliano Carollo, Aurora Falcone, Carmelo Farina, Melino Imparato, Egle Mazzamuto, Roberta Petralia, Salvatore Pizzillo e altri ancora. È la prima edizione senza il Senatore Ludovico Corrao ed è una edizione che si svolge anche nel suo nome, che delle Orestiadi è stato il cuore e l’anima, portando il festival in questi decenni sulla ribalta internazionale, come possibilità di unire sperimentazione e avanguardia all’identità di uno straordinario territorio come quello siciliano e alla sua storia millenaria. Gli spettacoli andranno in scena tutti alle 21,30, nella tradizionale cornice del Baglio Di Stefano a Gibellina (Tp), sede della Fondazione Orestiadi. Il costo del biglietto intero per ogni spettacolo è di 15 euro, mentre il ridotto (over 65 e under 24) è 12 euro. Per i Soci Idea Net, biglietto a 10 euro. Per maggiori informazioni o prenotazioni, chiamare lo 0924.67844. Tutte le notizie sulle Orestiadi sul sito www.orestiadi.it.

IL CARTELLONE

Il via, martedì 3 luglio con Du O, spettacolo di Malou Airaudo, con Denis Kuhnert alias “Kooné” e Szu-Wei Wu, realizzato grazie alla collaborazione del Goethe-Institut di Palermo e del Circuito del Mito, che con questo spettacolo inaugura, fra l’altro, il proprio cartellone per l’estate 2012. La Palermo amata da Pina Bausch continua a fare da polo di attrazione per artisti e danzatori che proprio con la Bausch hanno collaborato. È il caso della coreografa Malou Airaudo e dei danzatori Denis “Kooné” Kuhnert e Szu-Wei Wu. È in Sicilia infatti che questi artisti, noti a livello internazionale, hanno accettato – su invito del Goethe-Institut Palermo, che quest’anno festeggia il suo 50° anniversario di attività, e delle Orestiadi di Gibellina – di presentare in prima mondiale assoluta il nuovo lavoro Du O, che ha nell’acqua il suo punto focale.

È uno spettacolo che svela la sua particolarità e originalità nella combinazione di elementi espressivi provenienti dalla lezione di Pina Bausch e del suo teatro-danza e dalla danza nata sulla strada, ovvero la breakdance e la danza hip hop di cui il berlinese Denis “Kooné” Kuhnert è uno dei più noti esponenti. Il pensiero di fondo dello spettacolo è mettere insieme due mondi apparentemente lontani eppure forse così vicini: la danza molto fisica e “povera” proveniente dalla breakdance di Kooné e il teatro-danza; la teatralità non verbale di forte impatto del teatro-danza “classico” con la spettacolarità delle evoluzioni acrobatiche della breakdance. Nel processo di sviluppo della pièce, è nata l’idea di confrontare l’assolo di Kooné con un duetto e di invitare a tale scopo la danzatrice taiwanese Szu-Wei Wu, con la quale la Airaudo ha già lavorato nelle sue due ultime creazioni Irgendwo e Der verlorene Drache, e che aggiunge una nuova connotazione artistica alla pièce.

Giovedì 5 luglio è la volta di Educazione Fisica, di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, prodotto dal CRT Centro di Ricerca per il Teatro di Milano e organizzato dall’Associazione Uddu di Palermo. Testo Elena Stancanelli. Con Enrico Ballardini, Alice Conti, Giulia D’imperio, Daniele Giacomelli, Veronica Lucchesi, Dario Mangiaracina, Dario Muratore, Chiara Muscato, Quinzio Quiescenti, Alessandro Rugnone, Francesca Turrini, Marcella Vaccarino, Gisella Vitrano.

Come ha scritto il “Sole 24 Ore” “è sicuramente una lieta sorpresa, e diventerà forse una delle scoperte importanti della stagione, lo spettacolo creato da Sabino Civilleri e Manuea Lo Sicco, due attori “storici” della compagnia di Emma Dante. Vi si ritrovano senza dubbio alcuni tratti stilistici – una certa prevalenza del gesto, una certa caratterizzazione nervosa dei personaggi – tipici della regista siciliana, ma caricati qui d’una nuova freschezza”. È educazione fisica, non libertà. Un allenatore vuole trasformare un gruppo di adolescenti nella squadra perfetta. Forgiare i loro corpi, orientare le loro teste. Portarli verso il gesto esemplare, convincerli ad abbandonare la mediocrità per il sublime. I ragazzi gli credono, e si abbandonano alla sua  esaltazione.

Venerdì 6 luglio in scena Let the sunshine in (Antigone) contest #1, ideazione e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, con  Silvia Calderoni e Benno Steinegger, drammaturgia  di Daniela Nicolò; produzione: Motus. Syrma Antigónes, la traccia di Antigone – titolo del progetto complessivo – è il nome, secondo Pausania, di una località vicina a Tebe dove pare sia avvenuta la morte di Polinice: su questa uccisione converge il fuoco dell’esplorazione, che dedichiamo ai giovani morti sul catrame delle strade sconnesse dai riot. Una ricerca in continua oscillazione fra memoria e presente, che si volge indietro per riflettere sull’oggi, scegliendo lo sguardo della “Living Antigone” di Brecht, per ricostruire-tracciare-declinare il tema della rivolta nel contemporaneo. In scena i due attori-autori si fronteggiano e, nella totale solitudine di coppia, tentano di “rappresentare” Antigone e Polinice, Eteocle e Polinice, Ismene e Antigone: fratelli-personaggi e pretesti mitopoietici. Polinice, in dissidio fra l’essere pacifista o terrorista incarna il conflitto fra violenza e non violenza.

Sabato 7 luglio, alle 21,30, viene presentato in prima nazionale Demetra, spettacolo coreografico video e scenografia elettronica: un progetto di Giovanna Velardi e Dominik Barbier; coreografia  di Giovanna Velardi. con: Alice Zanoni, Sabrina Vicari, Simona Miraglia, Emanuela Fenech, Tiziana Passoni, Giovanna Velardi, Dario Tumminia. Scenografia elettronica e video: Dominik Barbier, Anne Van den Steen; musiche: Domenico Sciano, scultura di Fabrizio Lupo. «Demetra» è uno spettacolo che associa la coreografia e la scenografia elettronica, che si interroga sull’apparenza del potere e il funzionamento della democrazia; sviluppa la sua tematica prendendo spunto dal mito greco di Demetra e Persefone. È uno spettacolo coreografico, che nasce da una ricerca di un significato condiviso dei simboli, un’indagine interculturale sul rapporto tra l’uomo e l’avatar, tra un oggetto e il suo segno maturato sul fantasma, sul prestanome, sul valore del simbolo nella società dell’immagine. La base dello spettacolo è un coro formato da 7 danzatrici, che evoca il teatro antico, che nella creazione sottolinea l’umano tanto presente nel mito.

Mercoledì 11 luglio è la volta di tre momenti artistici: Just Intonation/Special coils/ Nikola Tesla. Lectures. Just Intonation: Ideazione e regia Lorenzo Bazzocchi, con Eleonora Sedioli, produzione Masque teatro. Il lavoro trae la sua origine da due polarità solo apparentemente distanti. Il corpo-donna diviene segreto senza nascondere niente, a forza di innocenza e precisione, persino a costo di una spaventosa tecnicità. Just intonation è corpo sonoro.

Special coils è una performance ad alta tensione: ideazione e regia sono di Lorenzo Mazzocchi. Con Lorenzo Bazzocchi, Eleonora Sedioli. Ecco la rarefazione immaginativa per scariche elettriche di Special Coils. Tesla coil è il nome di una delle più stupefacenti invenzioni dello scienziato serbo Nikola Tesla. Macchina elettrica in grado di generare scariche elettrostatiche di alta frequenza.

Terzo momento è la conferenza/esperimento Nikola Tesla. Lectures di e con Lorenzo Bazzocchi. Durante la conferenza verrà presentato al pubblico uno dei primi esperimenti di trasmissione elettrica di potenza senza fili sulla scorta di quel Wireless transmission of power concepito e messo in opera da Tesla nei primi anni del secolo scorso.

Venerdì 13 luglio andrà in scena Pitecus di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, con Antonio Rezza; quadri di scena Flavia Mastrella; (mai) scritto da Antonio Rezza.

È uno spettacolo che racconta storie di tanti personaggi, un andirivieni di gente che vive in un microcosmo disordinato: stracci di realtà si susseguono senza filo conduttore, sublimi cattiverie rendono comici ed aggressivi anche argomenti delicati. Non esistono rappresentazioni positive, ognuno si accontenta, tutti si sentono vittime, lavorano per nascondersi, comprano sentimenti e dignità, non amano, creano piattume e disservizio. I personaggi sono brutti somaticamente ed interiormente, sprigionano qualunquismo a pieni pori, sprofondano nell’anonimato ma, grazie al loro narcisismo, sono convinti di essere originali, contemporanei e, nei casi più sfacciati, avanguardisti. Parlano un dialetto misto, sono molto colorati, si muovono nervosi e, attraverso la recitazione, assumono forme mitiche e caricaturali, quasi fumettistiche.

Sabato 14 luglio è in programma “Io”, firmato sempre da Flavia Mastrella e Antonio Rezza, con Antonio Rezza; quadri di scena Flavia Mastrella; (mai) scritto da Antonio Rezza. Il radiologo esaurito fa le lastre sui cappotti dei pazienti mentre un essere impersonale oltraggia i luoghi della provenienza ansimando su un campo fatto a calcio. Io cresce inumando e disumano, inventando lavatrici e strumenti di quieto vivere. Il radiologo spossato avvolge un neonato con l’affetto della madre. Io mangia la vita bevendo acqua rotta che è portavoce dell’amaro nascere. Io si affida alla bellezza del profilo per passare sotto infissi angusti. Ogni tanto un torneo, un uomo che cimenta in imprese impossibili ma rese rare dalla sua enfasi, un ufo giallo scrutante esseri e parole, un visionario vede vulva nelle orecchie altrui. E Io, affacciato sul mondo terzo dove scopre che, tra piaghe e miseria, serpeggia l’appetito non supportato dalla tavola imbandita. Infine la catastrofe: Io si ridimensiona…

Como poco innanto tra clamori e vanto così l’idea dell’inventura porta la mente a vita duratura.

Giovedì 19 luglio, Teatropersona presenta Aure, con Valentina Salerno, Francesco Pennacchia, Chiara Nichelini; regia e drammaturgia di Alessandro Serra. Lo spettacolo si ispira all’opera di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto, capolavoro pittorico, sinfonia perfetta di suoni e rumori. Aure chiude una trilogia del silenzio e della memoria. Lo spettacolo si ispira all’opera di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto, un fiume placido e solenne di parole, ma soprattutto, un capolavoro pittorico, sinfonia perfetta di suoni e rumori. Nel suo quieto incedere la recherche si sfalda, il naturalismo si rompe, tutto evapora, rendendo indistinti oggetti e paesaggi. L’anima stessa è rivestita da un involucro corporeo. Autore dello spazio e delle figure Vilhelm Hammershøi, pittore danese del silenzio, capace di permeare la scena di tempo. Nei suoi interni, cui lo spettacolo si ispira, il tempo fluisce come fatto luminoso, tutto è al contempo immobile e vibrante.  Nella camera oscura interiore si accende una speciale luce: il corpo dell’attore che, come la luce, non si vede, ma fa vedere.

Venerdì 20 luglio, è la volta del Trattato dei manichini, con Valentina Salerno, Chiara Michelini, Alessandra Cristiani, Silvia Malandra. Regia di Alessandro Serra.

Trovare la chiave d’accesso all’infanzia, nella memoria onirica, secondo le leggi anamorfiche del sogno. La visitazione all’infanzia non è un fatto personale, riguarda tutti noi. Una volta aperti gli occhi si resta esterrefatti nel vedere un’unica dolorosa iniziazione alla vita: imperscrutabile grido che è paura e al contempo gioia incontenibile.

Questa creazione, privilegio di tutti gli spiriti, obbedisce ai dettami del Trattato dei Manichini di Bruno Schulz. Effigi di donne consacrate all’esposizione in vetrina, per preservare la vita di chi, pagando, potrà indossarne le vesti. Manichini accatastati alla rinfusa, nudi, svergognati, come bambini che sciamano al sole, eppure immobili, gratificati.

Martedì 24 luglio, in collaborazione con il Circuito del Mito andrà in scena Santa e Rosalia di Franco Scaldati. Regia di Franco Scaldati, con Serena Barone, Stefania Blandenburgo, Massimiliano Carollo, Aurora Falcone, Carmelo Farina, Melino Imparato, Egle Mazzamuto, Roberta Petralia, Salvatore Pizzillo, Franco Scaldati. Santa e Rosalia è uno dei testi più significativi nati dal laboratorio che Scaldati, in questi ultimi 15 anni, porta avanti al Centro Sociale San Saverio, nel quartiere Albergheria di Palermo. Dopo la prima rappresentazione nel 2003 di alcuni frammenti, il testo si è andato arricchendo, attraverso il laboratorio, fino ad arrivare allo spettacolo che sarà messo in scena a Gibellina, che, recuperando l’immenso patrimonio di sonorità, immagini e simboli nella cultura del quartiere, è diventato un vero e proprio omaggio di Scaldati a Palermo.

Giovedì 26 luglio, In_cubo – Tre frammenti da “Malina” di Ingeborg Bachmann. Progetto C.R.E.P.A. di Chiara Cicognani ed Elisabetta Gambi. Produzione, Korekané. In_cubo è un viaggio a ritroso dalla superficie al fondo della terra, dentro le radici. Come all’interno di una camera oscura: per ottenere nitidezza dobbiamo affrontare l’oscurità. Un percorso doloroso, ma necessario, per trascendere l’alienazione da un mondo in cui non ci riconosciamo più e dal quale internamente siamo scollegati. Per ritrovarsi catapultati dove? Non lo sappiamo. Lo scenario è apocalittico, sono le nostre terre franate che devono essere ricostruite. Si vive in un territorio sismico in un moto continuo di distruzione e ri-costruzione. Si tenta di ri-creare nuovi percorsi e ri-crearci in maniera diversa, ma è proprio dell’essere umano quello di ripetere, edificare tracciati, facendosi agganciare delle richieste del mondo esterno, dimenticando se stessi e smettendo di comunicare se non attraverso automatismi stereotipati.

Sabato 28 luglio, Teatro Iaia presenta Il Rosario, da Federico De Roberto. Progetto, drammaturgia e regia di Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte. Direzione musicale e musiche originali di Antonella Talamonti. Con Filippo Luna, Nenè Barini, Germana Mastropasqua, Alessandra Roca. Produzione Ruotalibera Teatro di Roma. Una pièce che fonde musica e teatro, tratta da “Il Rosario”di Federico De Roberto. L’universo sonoro a cui fa riferimento lo spettacolo è quello della “musica di tradizione orale” italiana, che è tradizionale e contemporanea al tempo stesso, sacra e profana, potente ed emozionante. Questa musica ancora vive in Italia, dal Nord al Sud, perché ci sono comunità che la cantano “in funzione”, cioè nei propri riti, come parte irrinunciabile della propria identità. Federico De Roberto ne “Il Rosario”, narra la storia di una madre e quattro figlie, e attraverso questa vicenda fa una riflessione complessa sul potere in ambito politico, religioso, familiare. Il lavoro drammaturgico che modifica il testo (eliminando tutti gli elementi esterni alla famiglia) cercando di non tradirne la sostanza, rivela un’opera dal linguaggio e dalla struttura piena di spunti musicali e ritmici sorprendenti. Nella rilettura del testo viene colta una metafora attualissima della dialettica oppressiva tra potere immobile e arte, possibile fonte di cambiamento, che porta ad una riflessione sulla situazione attuale, in cui il teatro stesso rischia di scomparire, soffocato dai tagli, dalla politica, dalla televisione: ecco che di fronte a tale realtà si leva un canto di dissenso al di sopra del vuoto in cui a tratti sembriamo essere precipitati. “Il Rosario” è così diventato una partitura musicale che va dal parlato all’intonato, dalla parola al canto: un viaggio che  attraversa tutta l’Italia, tra composizioni originali e canti della tradizione orale che scandiscono lo scorrere del tempo.

Sempre nell’ambito delle Orestiadi, venerdì 20 luglio, dalle 19 in poi al Cretto di Burri diversi artisti terranno un reading poetico in memoria di Ludovico Corrao: Un momento d’incontro e arte in un luogo simbolico, dove sorge il grande monumento della memoria, che ancora oggi è una delle opere d’arte contemporanea più estese al mondo, realizzato da Alberto Burri sulle macerie di Gibellina vecchia distrutta dal sisma.

 

 

 

 

 

 

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