Arte. Ventinovegiorni (di resistenza). Intervista a Federica La Paglia

ROMA – Incontriamo Federica La Paglia, curatrice di Ventinovegiorni di (resistenza), nello spazio Menexa al centro di Roma dove attualmente è esposta l’istallazione di Rosa Jijon “It’s just a game!”.

La Paglia ha ideato questo percorso a cui partecipano vari artisti con inaugurazioni ogni 29 giorni, una ciclicità di cui subito le chiediamo il perché. “Ventinove giorni è il ciclo della luna, è il tempo che impiega a scomparire e tornare piena. Il plenilunio segna il picco dell’energia fisica, mentale e spirituale, stimolando ogni volta un risveglio, come quello di chi tutti i giorni resiste alla società contemporanea, alla decadenza culturale, alla crisi economica, allo sfruttamento dell’ambiente o più semplicemente alle quotidiane difficoltà.”

Ci racconti come nasce questo lavoro?
Ventinovegiorni di (resistenza) nasce da una mia ricerca sui fenomeni di resistenza e opposizione al tempo della crisi. Sono partita da due elementi: per prima cosa la convinzione che non si possa staccare l’arte dalla società civile e che si debba osservare l’approccio socio-politico degli artisti. Il secondo elemento scaturisce dall’osservazione del mondo artistico contemporaneo che mi sembra sia caratterizzato invece da un distacco degli artisti dalla società in cui vivono. La contraddizione di questi due presupposti mi ha spinto ad osservare i fenomeni di resistenza che invece sono presenti nelle società – vedi indignados, occupy wall street , ma anche tutte le battaglie sociali che viviamo nel nostro paese – e a volgere lo sguardo su quegli artisti che con queste e da queste situazioni traggono ispirazione. Mi sono concentrata su questi fenomeni di resistenza che sono considerati ‘minori’ – perche in Italia quando si parla di resistenza ci si riferisce sempre al regime nazi-fascista – ma che rappresentano, anche se ancora a livello magmatico e disorganico, un primo passo. La rassegna vuole quindi essere una fotografia dell’esistente, vuole rendere manifesto ciò che c’è. Anche lo spazio in cui esponiamo attualmente, uno studio di comunicazione grafica che nel passato ha ospitato delle gallerie e che quindi ha questa vocazione, rientra nel discorso sulla resistenza perché il responsabile lo ha messo a mia disposizione proprio con l’idea di mantenere a Roma uno spazio aperto all’arte, considerando che nella nostra città molte gallerie stanno chiudendo … anche questa quindi è una forma di resistenza!

In questo momento e fino al 23 dicembre è possibile visitare “It’s just a game!” di Rosa Jijon ma quale è stato il percorso artistico che ci ha portati fino a qui?
Il primo ciclo della rassegna ha ospitato, dal 30 settembre al 26 ottobre, Elvio Chiricozzi.  Ritengo che per affrontare il concetto di resistenza sia necessario innanzitutto concentrarsi sull’essere umano e sulla sua capacità di resistenza. Il lavoro di Chiricozzi ha un sapore intimista e l’opera che abbiamo scelto come icona per tutta la rassegna rappresenta un ragazzino, un’età di mezzo che ci rimanda alla sospensione e alla lotta, alla resistenza per la ricerca di una propria identità, sdraiato su una panca che però non è ancorata a nulla, con un dito che punta verso l’alto, al di fuori della tela, guardando oltre. Dal punto di vista metaforico mi ricorda l’uomo contemporaneo che non ha più appigli, che è attaccato su vari fronti, preda di una grande instabilità alla quale resiste rimanendo sospeso.
Il secondo artista è Sandro Mele che ha esposto dal 29 ottobre al 25 novembre. Il suo è un lavoro squisitamente politico. Quindi dopo l’interiorità di Chiricozzi, con Mele scendiamo nelle piazze e la sua ricerca è legata al tema dei diritti e quello che accade nelle strade. Nella sua opera emerge l’immagine di un uomo disperato, quasi costretto ad indossare un passamontagna. L’attenzione si punta sull’esasperazione e allo stesso tempo sulla rassegnazione. L’incappucciato sembra rappresentare un monito.

Cosa verrà inaugurato il 28 dicembre?
Sarà la volta di Iginio de Luca, fino al 25 gennaio, artista noto per le performance in cui lui stesso è parte dell’opera che non è solo ideata ma anche compiuta dall’artista stesso. Nella nostra rassegna proporrà se stesso come vettore di resistenza presentando l’immagine di uno dei suoi più conosciuti interventi urbani attraverso cui esprime la sua critica beffarda verso la classe politica italiana. Un tema di grandissima attualità!

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