Occhi puntati sul processo Condor. C’è sete di giustizia, anche in America latina

ROMA – Jorge Troccoli, il torturatore, è presente, seduto tra i suoi avvocati.

Ed è l’unico degli imputati ad essersi presentato in Aula. Così come è l’unico ad avere un avvocato da lui nominato, e non d’ufficio, come invece è per tutti gli altri imputati del processo per il Plan Condor che arriva per la prima volta davanti alla giustizia proprio in Italia e per il quale c’è molta attesa anche in America Latina. A giudizio una serie di militari e politici che hanno sequestrato, ucciso e desaparecido all’interno di una operazione di coordinamento tra le dittature sudamericane, propiziata dall’amministrazione di Nixon, che aveva come scopo quello di perseguire e reprimere qualsiasi oppositore e tutelare così la sopravvivenza delle dittature civico militari, e che è conosciuta come Plan Condor.

Troccoli e gli altri 31 sono accusati di aver torturato, ucciso e desaparecido oppositori politici in Cile, Argentina, Uruguay, Bolivia e Perù. Il processo si celebra in Italia perché tante vittime di quelle violazioni erano italiane. Per lo più giovani uomini e giovani donne, figli di migranti , che in altre epoche avevano trovato rifugio nelle terre sudamericane. Anche Troccoli, l’unico imputato presente in Aula, è di origine italiana e ha un passaporto italiano. E vive in Italia, come un pensionato qualsiasi. E’ scappato dall’Uruguay perché anche lì era iniziato un processo in cui compariva come accusato per fatti molto simili a quelli per cui è presente oggi in Aula. Una richiesta di estradizione per poter essere giudicato in Uruguay era arrivata ma, in seguito ad un ritardo nella consegna di documentazione da parte dell’Ambasciata uruguayana, era stato rimesso in libertà. E fino ad ora è vissuto in piena tranquillità.

Ma nell’udienza di questa mattina, nell’Aula Bunker di Rebibbia, davanti alla III Corte d’Assise, non c’era solo lui. Erano presenti anche i familiari delle vittime e i rappresentanti di istituzioni, governi, partiti politici, sindacati costituitisi parte civile.

Tra i familiari era presente Aurora Meloni, uruguayana, moglie di Alvaro Daniel Banfi ucciso in Argentina nel 1976: “Anche se sono passati quaranta anni non è tardi. Ringrazio l’Italia che ha deciso di fare questo processo, ringrazio il governo del mio paese che si è costituito parte civile. Spero che questo processo permetta a me e alle mie figlie di avere risposte, informazioni – perché ci sono molte cose di cui ancora non siamo a conoscenza – e soprattutto di avere  giustizia”.

C’è Cristina Mihura, moglie di Bernardo Arnone desaparecido, che è arrivata in Aula con l’avvocato che la rappresenta, Paolo Angelo Sodani, ma che ha voluto essere accompagnata anche da Enrico Dante il primo avvocato che 32 anni fa la aiutò a presentare la sua prima denuncia in Italia. “Sono passati 32 anni e siamo ancora qui. Ce l’abbiamo fatta.”

C’è Genevieve Joseph, piccola sorella di Charles de Focault, nipote di una desaparecida argentina e che qui accompagna la storia di padre Giuseppe Tedeschi, sacerdote salesiano sequestrato e trovato cadavere.

Per la prima volta, in questo giudizio, verranno giudicati i fatti riguardanti l’assalto alla Moneda – Palazzo del Governo cileno – e quindi anche la morte di Salvador Allende. Infatti una delle vittime, Juan Montiglia, di origine italiana, faceva parte della guardia dell’allora presidente cileno e fu catturato, fucilato e fatto esplodere con la dinamite, proprio in quel frangente.

L ’associazione 24 di marzo, che ha lavorato da dieci anni perché questi fatti venissero giudicati da una corte di giustizia , spera di riuscire a far venire in Italia, come testimone, la figlia di Allende, Maria Isabel, che attualmente è Presidente della Camera nel suo paese.

E come testimoni insieme a tanti altri dovrebbero esserci anche cinque giovani uomini e donne che fanno parte di quella categoria di persone che abbiamo imparato a conoscere come Hijos. Bambini e bambine nati in cattività, regalati a famiglie vicine al regime e ritrovati dopo la lunga battaglia dei propri familiari.

Oggi a Roma è iniziato il cammino della giustizia anche per loro.

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