ROMA – “In relazione alla mostra su Raffaello, che si inaugura domani sera a Mosca, ieri sono stati pubblicati vari articoli sulla stampa nazionale e locale – poi ripresi da altre testate sul web – che contengono numerosi imprecisioni e errori, che la Direzione degli Uffizi intende correggere con questo comunicato”. Così inizia la nota della Galleria degli Uffizi, che ha replicato alle polemiche sollevate sull’eventualità di spostare le opere italiane a Mosca.
“In primo luogo – risponde la Galleria – la mostra “Raffaello. La Poesia del Volto” non è stata affatto concepita e organizzata in soli tre mesi. Questo lasso di tempo indica solo il periodo intercorso dalla data della sottoscrizione dell’accordo di collaborazione tra il museo Puškin e le Gallerie degli Uffizi.
In genere infatti gli accordi istituzionali – diversamente dalle lettere di intento – sono firmati in corrispondenza alle fasi finali di preparazione di una mostra. Nel caso specifico, l’esposizione si trovava, al momento della firma, in fase organizzativa già da cinque mesi (periodo di tempo del tutto normale per una mostra con 11 opere). Ma la sua elaborazione culturale risale ben più indietro nel tempo: ad anni – se non decenni, ad esempio per quanto riguarda Lina Bolzoni – di ricerche svolte dagli autori del catalogo”.
“Se lo si vorrà leggere – prima di esprimere trancianti giudizi aprioristici – si potranno apprezzare i numerosi e originali risultati scientifici in esso presentati. Infatti il rapporto tra pittura e poesia (che richiama il consueto detto oraziano ut pictura poēsis, che ha ispirato e permeato molti studi, in particolare a partire dagli anni Quaranta del Novecento) viene qui ripreso e declinato in relazione alla ritrattistica di Raffaello, per comprendere come già a partire dalla metà del Cinquecento si assista alla nascita di uno specifico lessico critico, dedicato alla elaborazione di una prima formulazione del significato e degli obiettivi più generali dell’arte dell’Urbinate. La scelta di una chiave di lettura così specifica è stata accolta dal Museo Puškin con grande entusiasmo al punto che, per comunicare un’immagine poetica dell’arte di Raffaello, nel risvolto di copertina del catalogo i colleghi russi hanno scelto un epigramma in latino di Girolamo Borgia, composto tra il 1516 e il 1520, affiancandolo ad una sua traduzione nella loro lingua.
Inoltre, sulla stampa è stato erroneamente riportato che “i restauratori” hanno manifestato resistenze al prestito dei ritratti dei Coniugi Doni di Raffaello, della Galleria Palatina, e che perfino l’Opificio delle Pietre Dure si è “categoricamente” pronunciato contrario. Queste valutazioni, basate su alcuni brani ricavati da una relazione sullo stato di conservazione delle opere in questione, sono del tutto infondate: si è infatti stravolto il senso di questo documento, in quanto le frasi sono citate fuori contesto. La relazione fa parte di una pratica di verifica sulla possibilità di prestito delle opere d’arte, introdotta proprio dal nuovo direttore, Eike Schmidt, in accordo con il comitato scientifico delle Gallerie degli Uffizi, nella prima metà del corrente anno, procedura che prevede un esame tecnico-scientifico particolareggiato di ogni singola opera richiesta per mostre fuori sede, invece di una semplice dichiarazione del curatore, seguita da una scheda di catalogo, come era previsto in precedenza, con l’esame dello stato di conservazione effettuato solo al momento della partenza dell’opera.
A proposito dei ritratti dei coniugi Doni di Raffaello, la relazione redatta dal restauratore Roberto Bellucci, dell’Opificio delle Pietre Dure, afferma che “lo stato di conservazione delle due opere è sostanzialmente buono, così come appare la stabilità del colore” come premessa all’esame sistematico di ogni potenziale criticità, che quindi segue una valutazione positiva, ma che, come doveroso, illustra minuziosamente ogni singolo dettaglio, naturalmente delicato e da tenere in considerazione per l’età e per le caratteristiche specifiche di opere di tale preziosità. La relazione illustra inoltre i provvedimenti da adottare nell’eventualità del viaggio. Il restauratore non esclude “categoricamente” che le opere possano viaggiare (come si evince invece dall’errata citazione sulla stampa), ma scrive testualmente: “sarebbe categoricamente da escludere che viaggiassero in camion, per quanto ammortizzato si tratterebbe comunque di un viaggio di alcuni giorni continuamente”. Inoltre Bellucci sconsiglia giustamente “il viaggio in stiva di aereo” se “assemblate in pallet insieme ad altri involucri di vario genere”, ipotizzando invece un viaggio in cabina: e puntualmente è stato previsto un imballo specificamente studiato dal punto di vista della sicurezza e della conservazione per le opere in questione.
Come previsto dal regolamento, la relazione dell’Opificio delle Pietre Dure è servita come base di valutazione per accordare il prestito e come punto di partenza per definire le misure precauzionali da adottare per il trasporto delle opere. Naturalmente queste procedure sono state definite in stretto dialogo con i restauratori e i trasportatori. Dal momento che i dipinti sono realizzati su supporto ligneo, in particolar modo era necessario evitare eventuali sbalzi micro- climatici, accorgimenti che si possono ottenere grazie a metodi e tecnologie precise.
Non sorprende quindi che dopo un viaggio in aereo durante il quale sono stati adottati tutti i provvedimenti di sicurezza del caso, i due ritratti Doni – e anche tutte le altre opere in mostra a Mosca – siano arrivati sani e salvi. Quod erat demonstrandum. “