Lo storico Palazzo delle Papesse di Siena riapre fra geometria e simmetria “Dalì a Siena- da Galileo Galilei al Surrealismo”

Prosegue con grande attesa, per tutti gli eventi ad essa collegati, la Mostra presentata il 17 settembre 2020 nella sede del Palazzo delle Papesse e inaugurata ufficialmente il 19 con il titolo:  “Dalí a Siena: da Galileo Galilei al Surrealismo”, organizzata da The Dali Universe, con il patrocinio del Comune di Siena, della Banca d’Italia e dell’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena.

Le oltre 100 opere dell’artista catalano che amava la geometria e la simmetria, resteranno esposte fino al 30 settembre 2021, con l’obiettivo di diffondere gli eclettici interessi del Maestro per la letteratura, la matematica, la fisica e la psicoanalisi. Salvador Felipe Jacinto Dalì y Doménech, nome completo dell’artista, intrecciava a queste discipline anche la ricerca attraverso vari mezzi espressivi per la realizzazione delle opere. Dalì si é infatti cimentato con la pittura la scultura, gli arredi, le illustrazioni, le scenografie, gli abiti di moda e persino i gioielli. Le sale del Palazzo delle Papesse dove sono esposte le sculture delle opere e alcuni dipinti, rappresentano una scenografica vetrina di questo artista considerato uno dei più visionari del suo tempo che conobbe Renè Magritte, Max Ernst, Paul Eluard, primo marito di Gala, la donna che gli rubò fin dal primo incontro il cuore e l’anima  rimanendo per tutta la vita la sua musa, amante, compagna, nonostante i reciproci tradimenti professionali e carnali di entrambi. “Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro”. Per poterla sposare in Chiesa Dalì aspettò la morte dell’amico Paul Eluard e nel 1968 acquistò per lei un Castello a Púbol, dove fu sepolta dopo la sua morte, avvenuta nel 1982. Lui divorato dalla depressione, denutrito e svuotato di energia morì sette anni dopo. 
 
Alla presentazione di questo straordinario Evento che unisce secoli diversi altrettanto affascinanti, hanno  presenziato Ferruccio Carminati, Managing Director “Dalí a Siena: da Galileo al Surrealismo”, Beniamino Levi, mercante d’arte e collezionista, che ha lavorato con l’artista negli anni ’60, Luigi Donato, rappresentante della Banca d’Italia, Alessandro Marchini, Direttore dell’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena e Roberto Pantè, creative director. Ognuno di loro ha aggiunto un tassello in più alla straordinaria opera di questo genio surrealista che attraverso le sue creazioni, soprattutto la Leda atomica,  suggerisce ancora ai giovani una ricetta per la “bellezza” a partire da una sua affermazione contenuta in “Cinquanta segreti dell’artigianato magico”.
 
“Devi, soprattutto da giovane, usare la geometria come guida alla simmetria nella composizione delle tue opere. So che i pittori più o meno romantici sostengono che queste impalcature matematiche uccidono l’ispirazione dell’artista dandogli troppo su cui pensare e riflettere. Non esitare un attimo a rispondere loro prontamente che, al contrario, é proprio per non aver da pensare e riflettere su certe cose, che le usi”.  Tutto questo appare chiaro osservando il bozzetto  Salvador Felipe Jacinto Dalì y Doménech amava la geometria e la matematica e, alla luce delle sue affermazioni, appare quantomai intrigante il nesso con Galileo, che in un periodo della vita dopo la condanna del Santo Uffizio soggiornò a Siena su invito dell’Arcivescovo Ascanio II Piccolomini, proprio nel Palazzo delle Papesse. Qui fece giungere i suoi cannocchiali che usó nel mese di agosto 1633, insieme a Teofilo Gallaccini, accademico dell’ateneo senese e suo coetaneo: “Questo il globo della luna dimostrataci dall’occhiello di Galileo”. 
 
Durante l’inaugurazione, Marchini, ha espresso una bellissima sensazione:  “Mentre passeggiamo nelle sale che ospitano le opere di Salvador Dali, possiamo ancora sentire l’eco dei passi di Galileo. Attraverso un continuum spazio-temporale, il Palazzo delle Papesse oggi unisce due tra i più grandi geni dell’umanità, dell’Arte e della Scienza.”
Proprio il nesso spazio temporale sembra riassumerei negli orologi molli dell’artista catalano che era animato, nella creazione delle opere, dall’ossessione del tempo che vola via e si dissolve in altri spazi. Esattamente come le stelle che sono visibili in certe sere e spariscono poi celandosi ai nostri occhi. Nella sua opera La persistenza della memoria meglio nota come Gli orologi molli realizzata nel 1931 e conservata al Museum of Modern Art di New York, l’artista condensa il suo pensiero con il quale esprime la fugacità del momento. C’é sempre qualcosa da rincorrere mentre le nostre ossessioni impediscono di vivere serenamente l’oggi.
La scultura che la riproduce é presente alla Mostra e, rappresenta una creazione geniale piena di rimandi simbolici e significati nascosti, come scritto nella spiegazione che la accompagna. L’orologio molle si liquefa inesorabilmente sull’albero formando una doppia immagine. Nell’osservarla inclinando la testa a sinistra appare un’immagine nascosta: il quadrante dell’orologio si trasforma del profilo dell’artista. Dalì amava sempre sorprendere le persone e le incoraggiava a partecipare alla sua arte. Accanto a questa opera camminando all’interno del Palazzo rinascimentale si incontrano la Venere spaziale, Venus a la girafe, i bozzetti per Alices adventures in Wonderland, gli arcani dei Tarocchi,  La su Godiba con le farfalle, l’Omaggio e Newton, L’Elefante spaziale e molto molto altro che vale veramente la pena di vedere lasciandosi affascinare da questo mondo incantato fatto di luci e ombre, di colore e ricerca, di arte e scienza.
 
Durante l’inaugurazione Carminati ha voluto precisare un controverso aspetto dell’informazione che ha preceduto la Mostra nella quale si metteva in dubbio l’originalità delle opere scultoree:  “The Dalí Universe”, che gestisce una delle più grandi collezioni private di opere d’arte di Dalí al mondo, detiene la proprietà di preziosi diritti d’autore di alcune immagini di Dalí ed è l’editore di 29 sue sculture in bronzo…..La numerazione delle opere d’arte avviene dalla 2°guerra mondiale in poi e sono i Francesi che danno una regolamentazione. E’ l’artista che decide quante opere possono essere realizzate usando lo stesso stampo. L’artista va in fonderia e dà le direttive, seguendo il lavoro: per esempio la patinatura deve essere verde. Le opere vengono realizzate una alla volta, per questo la patinatura non è mai la stessa. Ovviamente il discorso vale per i metalli, bronzo, ferro, oro, platino e anche paste di vetro, per il marmo si capisce che quanto sopra detto non è possibile. I pezzi sono tutti originali, sono fatti a mano e non c’è produzione industriale. La matrice, per le incisioni, supponiamo che abbia una tiratura di 100 pezzi. Poi viene distrutta per non riprodurre più l’opera. Per i bronzi non è la stessa cosa. C’è uno stampo. Fino a 12 pezzi si usa il termine “originali”, oltre sono “ multipli”. E’ l’artista che decide quanti devono essere gli originali. Mitoraj ne faceva 4, 5, 6 ; Botero 8, 12. Morto l’artista, per 70 anni i diritti rimangono dell’autore o della persona che ha acquistato i diritti, che si chiama editore. Levi ha lavorato a lungo con Dalí e possiede un contratto scritto di pugno dall’artista in cui lui stesso dà le indicazioni di numero, allegando disegni per la realizzazione dell’opera, inclusi nel contratto”. Carminati ha aggiunto che la didattica sarà un elemento di valore aggiunto. Gli alunni delle scuole avranno l’opportunità di creare all’interno di un grande laboratorio. La produzione dei bambini verrà portata alla biennale di Venezia.
É importante anche ricordare che la Mostra ha permesso di assumere un numero considerevole di operatori per tutto il periodo dell’esposizione. 
É una grande emozione vedere aperto nuovamente il Palazzo che con una architettura  rinascimentale alla fiorentina, si inserisce perfettamente nel tessuto medievale di Via di Città e ricordare che per un periodo ha ospitato Galileo Galilei. Secoli dopo é stato un Centro d’Arte Contemporanea chiuso nel,2008. E attualmente ospita un artista catalano immortale, uno stravagante genio che con compiaciuta intelligenza e ironia é riuscito a dire di se stesso: 
“Certi giorni ho l’impressione che morirò di una overdose di soddisfazione”.
Da non trascurare la vista di sconvolgente bellezza della città di Siena, con quella sua inconfondibile Torre del Mangia come si vede nelle foto di seguito, una poesia Dionisiaca e Apollinea che unisce cielo e terra e ci porta a diretto contatto con il concetto di infinito, lo stesso che ha animato i due geni presenti nel titolo della Mostra: Dalì e Galilei.

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