Teatro Parioli: plauso della critica e del pubblico per “Zio Vanja”, un classico tra disillusione e amore per la vita

ROMA – Al teatro Parioli in Roma, si alza il sipario sullo “Zio Vanja” di Anton Čechov, un evergreen della drammaturgia russa che regala emozioni senza tempo. 

Una pièce che oscilla tra il dramma e la commedia e a oltre un secolo dal suo concepimento, continua a essere attuale. In scena è il male di vivere espresso a 360°, in una Russia industrializzata dove però permane la dicotomia tra proprietari terrieri e contadini – veri e propri servi della gleba – che qui tocca la sua acme, tra malcontento e disagio sociale.

Infatti, zio Vanja è un uomo di mezza età che per tutta la vita ha gestito una grande tenuta agricola insieme a sua nipote, la figlia del famoso “professore” Aleksandr Vladimirovič Serebrijakov.

La sua vita proseguiva sempre uguale, scandita dal lavoro e dalla dedizione alla nipote, sino a quando il “professore” ormai in pensione, non decise di ritirarsi in campagna insieme alla sua giovane moglie Elena. Un evento che scombussolò la vita della famiglia, abituata alle proprie routine contadine e soprattutto provocò un calvario interiore in Vanja, che per la prima volta comprese di aver gettato al vento i propri anni migliori, dopo essersi invaghito della bella Elena.

Nell’adorazione generale di cui godeva il “professore”, primo marito della compianta sorella di Vanja, lo zio è l’unico che apertamente si ribella al suo fascino ieratico e mette in discussione le scelte di quest’uomo, a suo dire: « Non un vero talento artistico, ma un impostore in grado soltanto di rielaborare teorie altrui».

Una nuova consapevolezza lo pervase, conscio di aver dedicato troppi anni alla gestione della fattoria per suo conto, senza aver mai preteso nulla per sé. Come appunto confessò al suo amico Astrov, medico condotto di campagna e aspirante filosofo: « Temo di non riuscire più a vedere la luce in fondo al tunnel».

Massimo Grigò, Giuseppe Cederna, Pietro Bontempo _ Zio Vanja – Roberto Valerio – ph Ilaria Costanzo

I due personaggi, Astrov e Vanja, non sono, solo, legati da una profonda amicizia, ma sono accomunati da un destino comune come loro stessi affermano: «Siamo due uomini intelligenti che hanno perso la speranza». Immediato è il paragone tra questa coppia e i due clown Vladimiro ed Estragone che trascorrono l’esistenza aspettando Godot, mentre loro, al contrario, attendono un futuro migliore, che stenta ad arrivare…

Uno stato d’animo collettivo che non solo riflette la situazione politico-economico russa, ma anche rispecchia quel malcontento diffuso nel “secolo breve” – ben esemplificato nello spleen baudelairiano – responsabile, per certi versi, di aver innescato la miccia che ha gettato le basi del primo conflitto mondiale. 

Dal punto di vista recitativo, superba è la performance di Giuseppe Cederna, che spazia dal pianto alla frustrazione e sfoggia invidiabili abilità circensi e di mimo che usa per allietare la nipote Sonja (un’ineguagliabile Mimosa Campironi). 

Eccelsa è l’intensità della sua interpretazione, che arriva dritto al cuore dello spettatore, rendendo il suo dolore, un sentire comune.

Chiediamo appunto al protagonista, Giuseppe Cederna, come si può sopravvivere a una tale disillusione e così ci risponde: «Soltanto grazie ai sentimenti: sarà l’amore per la nipote a ridare nuova linfa vitale a un Vanja esasperato, convincendolo a tornare a lavorare e alla vita attiva».

Un inno all’amore familiare e alla vita, che in qualche modo, va sempre avanti. 

“Zio Vanja” al Teatro Parioli dall’8 al 12 febbraio

di Anton Čechov

regia di Roberto Valerio

con Giuseppe Cederna, Pietro Bontempo, Mimosa Campironi, Massimo Grigò, Alberto Mancioppi, Caterina Misasi, Elisabetta Piccolomini.

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