Adhd rush hour. Una nuova misteriosa malattia infantile? Recensione. Clip

ROMA – L’ ADHD è un distubo comportamentale, un deficit dell’ attenzione e dell’ iperattività. La risposta usata per risolvere, o per meglio dire, per tamponare queste espressioni comportamentali, un medicinale, uno psicofarmaco.

La cura farmacologica, però, non è priva di conseguenze: l’ atomerina può provocare allucinazioni, produce danni epatici e in alcuni casi spinge al suicidio, mentre il metelfenidato è un’ anfetamina, classificata dalla DEA nello stesso gruppo dei narcotici come l’ eroina, la morfina e la cocaina. Lo stesso ONU si è ritrovato a parlare di una vera e propria emergenza sanitaria, riguardo all’ ADHD. Sono state invitate le nazioni a valutare la sovrastima di tale deficit, invitando i paesi a frenare l’ eccessivo uso di Ritalin, medicinale prescritto, negli USA, a bambini di appena dodici mesi, a quali era già stato diagnosticato il deficit. Ed è qui che si muove la regista, Stella Savino, non solo facendoci ascoltare i pareri, a volte, contrastanti dei medici di base, dei pediatri e degli psichiatri, ma guidandoci nelle vite di quei bambini e degli adulti le cui esistenze sono stravolte dalla dignosi dell’ ADHD.

Armando, diciannove anni, vive a Roma, dove frequenta ancora il terzo anno di liceo. L’ ADHD gli è stato diagnosticato quando aveva solo dieci anni, e da nove è sotto cura farmacologica. Il ragazzo descrive con freddezza la sua malattia, parlando soprattutto dell’ effetto collaterale, dovuto alla terapia che segue, peggiore: lo sdoppiamento di personalità.  L’ assunzione del farmaco, nel suo caso, è strettamente legato alla necessità di riuscire a scuola, tanto che Armando, nei fine settimana e nelle vacanze, sospende la terapia, convivendo con quel disturbo che la medicina sa solo tenere a freno, ma non debellare. La madre del ragazzo è una donna che affronta assieme al figlio questo calvario, fatto di viaggi in Svizzera per procurarsi il medicinale per il figlio, in modo tale che non sia schedato come un drogato, visti i principi attivi del farmaco. Fortemente contraria alla terapia, non ha mai portato Armando da uno psichiatra o da un analista, trovando che “la psicoanalisi scava cose che se la mente dimentica vuol dire che deve dimenticare”.

Zach vive a Miami, Florida, ha dieci anni e frequenta il quinto anno delle elementari. A lui è stato diagnosticato l’ ADHD al suo primo anno d’ asilo, e da allora è sotto cura farmacologica. Nel corso degli anni ha sperimentato quasi tutti i farmaci indicati per il trattamento del suo deficit, poichè, metaboliccandolo troppo velocemente, gli effetti collaterali si sono rivelati insistenibili dopo solo poche settimane dall’ inizio di ogni nuova terapia.
La storia del bambino è raccontata dall madre, Traceye, una donna sofferente per la condizione del figlio, ma molto lucida nel descrivere la condizione del figlio, prima e dopo l’ assunzione dei farmaci. Per Traceye il deficit di Zach non è una malattia, ma un dono, tanto da dire che “se esistesse una pillola in grado di trasformare Zach in un bambino normale” non gliela darebbe, perché  “cosa sarebbe successo ad Eistein se sua mamma gli avesse dato una pasticca e lui si fosse concentrato su una cosa sola per volta?”. Seguiamo Zach nelle sue attività nel campo estivo per bambini affetti da ADHD, lo STP ( Summer treatment program), dove per due mesi i bambini seguono lezioni in classe, praticano attività sportive e ricreative. Lo STP ha come finalità il miglioramento, nei bambini, delle loro capacità di attenzione, concentrazione, socializzazione, attraverso l’ imposizione di regole, essenziali per l’ adattamento all’ interno del sistema scolastico.  Tutte le attività sono sorvegliate da uno staff di operatori, i quali attraverso un rigido sistema di punteggio, assegnano punti a coloro che sono attenti in classe, rispettano le regole e non disturbano i compagni, ma allo stesso modo tolgono punti a coloro che, anche per errore, non prestano attenzione ad una penna che cade loro dal banco. Questo sistema, di gratificazione o di punizione, dovrebbe infine sedimentarsi nella psiche del bambino, portandolo a modificare il proprio comportamento, portandolo ad essere come “tutti gli altri suoi coetanei.”.

Lindsay è originaria dell’ Iowa, ma vive a New York City, ha venticinque anni, è laureata e ha ricevuto la sua prima diagnosi di ADD (attention deficit disorder) all’ età di ventuno anni.  La ragazza è volto di un nuovo fenomeno in espansione, la diagnosi in età adulta dell’ ADHD e dell’ ADD, definito dall’ DSM (Manuale diagnostico disordini psichiatrici) come un disturbo dell’ età evolutiva. Lindsay, per colpa dell’ assicurazione che non copre le terapie, come quelle comportamentali, è costretta a seguire solamente la terapia farmacologica.

Non è solo l’ America ad allarmare,con i suoi alti tassi di bambini ed adulti affetti da ADHD, perchè in Svezia è stato riscontrato che il 10% dei bambini soffre di tale disturbo, quasi sempre trattato, unicamente, con una cura farmacologica. La domanda che sorge spontanea è, esiste veramente questa malattia o è solo l’ ennesimo modo di far guadagnare le casa farmaceutiche? Ed anche, un bambino disattento in classe o impreparato, che desidera giocare, non è forse bisognoso di attenzioni, più che di pillole? Che un bambino faccia fatica a stare seduto in aula, o che intervenga a sproposito, o che desideri più giocare che stufiare, non sono forse tratti proprio dell’ infanzia? Quello che più spaventa è che stiamo, sempre più, ricorrendo alla cura farmacologica, senza però trovare una reale cura, se di cura si può parlare, per quei tratti che hanno caratterizzato i primi anni di molti geni del nostro passato.

CAST tecnico

Scritto e diretto da: Stella Savino

Prodotto da: Andrea Stucovitz

Fotografia: Alessandro Soetje

Montaggio: Roberta Canepa

Suono presa diretta: Luca Guerriero

Musiche: Walter Fasano

Montaggio sonoro: Lilio Rosato

Consulente scientifico: Stefano Canali

Durata: 76 minuti

HDHD RUSH HOUR  – CLIP

 

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