Teatro Prati. “Lo sbaglio di essere vivo”, fresca rivisitazione di un grande classico. Recensione

Al Teatro Prati il testo di Aldo De Benedetti diventa una grintosa commedia di sorrisi e riflessioni ben recitata dalla compagnia di Fabio Gravina

ROMA – Torna in scena uno dei testi più apprezzati di Aldo De Benedetti che, dal teatro al cinema, ha messo alla prova attori come Vittorio De Sica, Gino Cervi, Arnaldo Ninchi e attrici come Andreina Pagnani, Dina Galli e Isa Miranda. In tempi recenti anche Fabrizio Frizzi si è cimentato nel ruolo del protagonista ma adesso e fino al 20 marzo è Fabio Gravina che ne offre una rivisitazione fresca ed originale al Teatro Prati. “Lo sbaglio di essere vivo”, scritto e portato al successo nel 1945 dopo un lungo periodo di esilio dell’autore a causa delle sue origini ebraiche, è una commedia amara e grottesca di vaga ispirazione pirandelliana, che rasenta a volte un teatro dell’assurdo tuttavia sfumato dalla coscienza calcolatrice e subdola dei suoi personaggi.

Adriano Lari, forse a causa di una congestione, si ritrova in stato di catalessi e dichiarato morto. La sera prima del funerale si risveglia e nonostante l’opposizione della moglie decide di proseguire con la recita e poter quindi riscuotere il premio assicurativo. Dopo circa due mesi di latitanza (e Gravina sostituisce il viaggio al trasloco in un Paese dall’improbabile nome “Mortorio al mare”), Maria ritrova per caso Guglielmi, suo amico d’infanzia e poi datore di lavoro di Adriano, il quale l’ha sempre amata e si sente ora libero di corteggiarla, chiedendo addirittura aiuto ad Adriano (che nel frattempo si è presentato come il fratello gemello del defunto) per raggiungere il suo scopo. Ma la situazione degenera psicologicamente per il protagonista quando questi si rende conto che non riesce a trovare lavoro dato che non ha documenti da presentare; lui non esiste più per la società, né tantomeno ha diritti come marito. Le situazioni paradossali che si innescano sono imprevedibili e tragicomiche, a cominciare dall’impossibilità di poter ricominciare a vivere se non si è dotati di un passato alle spalle.

Il messaggio che De Benedetti ci voleva dare scrivendo questo testo ricco di riflessioni esistenzialiste ma anche battute travolgenti e una comicità di situazione che spesso conduce lo spettatore ad una drastica autoanalisi, è quello che, anche volendo e riuscendo in parte a pilotare il nostro destino, non avremmo successo a condizionare quello degli altri, tantomeno di una moglie che sfoga dentro da anni la sua rabbia dovuta ad una costante insoddisfazione sentimentale e di ruolo. Il materialismo condotto da un vorace attaccamento al denaro arrivato per caso, per quanto sia utile ad affrontare certe situazioni pratiche, non risolve ma semmai distorce i problemi di altra natura, in particolare le relazioni umane che ci coinvolgono quotidianamente. E così lo sbeffeggiatore Lari, incarnato ineccepibilmente da Gravina nelle sue ambizioni truffaldine, deve arrivare ad un punto di non ritorno constatando di essere stato causa, in un momento e nell’altro della sua vita (ossia prima e dopo la morte apparente), dell’infelicità della sua compagna coniugale. Quest’ultima è interpretata da un’intensa ed espressiva Paola Riolo le cui intonazioni drammatiche raggiungono l’apice nei suoi sfoghi e attraverso le cui sporcature dialettali si riesce a penetrare nel vivo di un personaggio vero e sentito. Così come la scelta linguistica di una efferata cadenza toscana nel personaggio del corteggiatore Cesare Guglielmi, impersonato da un vivace Matteo Micheli calza perfettamente col rampollo benestante e sempre ottimista che crede ancora di poter ridare una speranza ad una (apparente) vedova proprio attraverso un sentimento sincero. Azzeccatissimi – ma anche collaudati da tempo all’interno della compagnia di Gravina – Arianna Ninchi, l’amica mortoriese impicciona e ruffiana, Mara Liuzzi e Tito Manganelli che si destreggiano rispettivamente nei doppi ruoli della vicina e della cameriera Rosina, e di Mantovani e Pomponi (sarà quest’ultimo personaggio a scoperchiare le carte di Adriano Lari accompagnandolo per mano alla sua seconda rinascita). Uno spettacolo godibile, ben diretto ed interpretato, che dimostra quanto gli sforzi di un’impresa privata senza sovvenzioni, qual è quella del Teatro Prati, riescano a produrre ancora rappresentazioni dignitose e non soggette ai vincoli dello star system.

LO SBAGLIO DI ESSERE VIVO
commedia in 3 atti di Aldo De Benedetti
riduzione e regia di Fabio Gravina

Personaggi e intrpreti

Mantovani – Tito Manganelli

Vicina – Mara Liuzzi

Mria Lari – Paola Riolo

Cesare Guglielmi – Matteo Micheli

Adriano Lari – Fabio Gravina

Paola – Arianna Ninchi

Rosina, cameriera – Mara liuzzi

Pompeo Pomponi – Tito Manganelli

Regia di Fabio Gravina

Dal 5 febbraio al 20 marzo al Teatro Prati di Roma

Via degli Scipioni 98 – Roma

www.teatroprati.it

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