Teatro Due. Torna “Girls like That”, il ritmo inarrestabile della crudeltà

Oggi e domani al Teatro Due di Roma nell’ambito della rassegna “Lei”, lo spettacolo che entra nelle meccaniche adolescenziali dei nativi digitali 

ROMA – Di “Girls like That”resta nelle vene una vibrazione, e anche due mesi dopo averlo visto, viene voglia di battere il tempo con il piede, di dondolare le spalle, come quando si ascolta una canzone dal ritmo irresistibile. Forse però è preoccupante ricordarsi con tanta allegria di una storia così: Scarlett è una studentessa del borghesissimo Istituto Sant’Elena, scuola molto selettiva, dove tutti sembrano crescere in perfetta armonia e negli anni si è formato un gruppo di compagne apparentemente compatto. Un giorno però l’equilibrio si spezza, perché inizia a circolare sui cellulari la foto di Scarlett nuda. Il gruppo diventa branco. La simmetria cristallina delle relazioni si infrange e le giovani rivelano la loro natura violenta, scagliandosi contro la compagna con una crudeltà non priva di conseguenze.

Le quattro attrici sulla scena (Giulia Gallone, Flavia Mancinelli, Diletta Masetti, Ottavia Orticello) danno vita a uno spettacolo di biomeccanica leggiadra, con una coordinazione talmente perfetta, una tecnica così affinata, da aspergere “di soavi licor l’orlo del vaso”, come direbbe il Tasso, e farci bere l’amara medicina della verità. Perché in questo testo non c’è una concessione, neppure minima, al senso di pietà. In molti momenti, queste interpreti – ingranaggi vivi e pensanti di una macchina teatrale costruita nei minimi dettagli dal regista Emiliano Russo – ispirano simpatia e complicità allo spettatore, obbligandolo poi a ravvedersi, a scrollare la testa. È uno strano effetto: chi assiste allo spettacolo si sente talmente coinvolto dalle quattro spietate educande, da vivere in prima persona la loro ferocia. Di fronte, però, all’evidenza di quell’inaccettabile empatia si trova costretto a rimproverarsi e a ristabilire il confine interiore del bene e del male. 

Così, lo spettacolo, sollevandosi dalle basse quote del cronachismo, diventa esperienza reale della crudeltà, del bullismo, e ci permette di analizzare con discernimento lo stato dei sentimenti ai tempi dei Social, la pornografia di cui gli adolescenti – in passato consumatori – sono diventati produttori volontari e involontari, vittime di narcisismi disumani e cattiverie spiazzanti.

Il testo, scoperto da Ottavia Orticello e tradotto insieme al regista, gode nella versione italiana di grande fluidità di linguaggio e di un impressionante inventario di sfumature e accenti. La struttura musicale pensata da Placey si articola in parti corali (fino a 19 attrici, volendo) e assolo. In questi ultimi si ripercorre la storia del femminismo e del femminile, con delle digressioni monologiche che ci permettono di conoscere il talento individuale delle quattro attrici e spezzano il ritmo, concedendo respiro anche allo spettatore. Tuttavia, queste inserzioni di Placey sono forse un punto di debolezza più che di forza: possono rivelarsi disorientanti e, d’altronde, non troppo convincenti sul piano ideologico, quasi un contrappeso posticcio a una narrazione della crudeltà femminile, che si poteva storicizzare in ben altra maniera. Ma anche questo difetto non banale, diventa poca cosa di fronte alla sfilata del talento di Giulia Gallone, Flavia Mancinelli, Diletta Masetti e Ottavia Orticello. 

E proprio Ottavia l’avevamo lasciata anni addietro, ammantata di fattiva discrezione, a seguire corsi di metodo mimico in qualche garage della Capitale. Ora, dopo l’Accademia, ma non necessariamente grazie a essa, è una delle promesse mantenute, anche se poco conosciute, del teatro italiano: attrice che incanta, domina la voce e il corpo con misura, con un pudore sano e paradossale, che produce eleganza. Ottavia riesce a imporsi sulla scena, con l’intelligenza di chi sa stare un passo indietro. Il suo timbro inusuale, raro, resta impresso nella memoria dei sensi e si farà strada, con la sua ferma espressività, tra le tristi ridondanze del teatro italiano.

“Girls like That” di Evan Placeytornerà in scena stasera e domani al Teatro Due di Roma, nell’ambito della rassegna “Lei-attraversamenti in territori femminili”. Come molte piccole produzioni, anche questo validissimo spettacolo ha avuto un percorso distributivo volatile, iniziato quest’estate con il debutto nel festival di Carmen Pignataro, “I Solisti del Teatro”, proseguito con “Trend – Nuove frontiere della scena britannica”, la rassegna curata da Rodolfo Di Giammarco, e approdato ora, come si diceva, al Teatro Due. 

     

Intervista al cast di Girls like That

 

Eugenio Murrali

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