Libro inchiesta. La farfalla avvelenata. Il Trentino che non ti aspetti. IL VIDEO

ROMA – Fumo, diossina, scorie, aria e terreni inquinati, leggi non rispettate, ambiente a rischio. Non è questa l’immagine che tutti hanno del Trentino. Non è l’immagine della Farfalla, simbolo della promozione turistica della provincia autonoma, che fa il giro del mondo.

“Trentino: l’Italia come dovrebbe essere” recitava un controverso slogan degli anni novanta. E improvvisamente i trentini si sono risvegliati meno sani, meno belli. “La farfalla avvelenata” (Città del Sole Edizioni) – di Andrea Tomasi e Jacopo Valenti – racconta tre inchieste giudiziarie, promosse da due donne: la pm Alessandra Liverani (Procura della Repubblica di Trento) e Maria Principe (vicequestore del Nucleo investigativo del Coropo forestale dello Stato, con sede a Vicenza). Principe – ironia della sorte – è anche il soprannome dell’ormai ex governatore del Trentino, oggi canidato al Parlamento con Mario Monti.
Gli inquirenti hanno sollevato il coperchio di una pentola di veleni. Una pentola insospettabile, quella dell’autonomia speciale che, con il suo budget milionario, non è riuscita a proteggere il territorio dalle ecomafie (ricordiamo che la Provincia di Trento ha un suo Corpo forestale che, allertato dai cittadini, ha fatto poco o nulla). 
Tre filoni di indagine: una sui rifiuti tossici scaricati nell’ex cava di Monte Zaccon (Roncegno Valsugana), una sui rifiuti depositati nella cava di Sardagna a Trento (ai piedi del Monte Bondone) e una sui fumi prodotti dall’Acciaieria di Borgo Valsugana. Sullo sfondo i depositi “sospetti” nei terreni pubblici e privati (la cosidetta “Ecoterra”, nella quale venivano invece mischiati residui industriali). E poi ci sono (tuttora in corso) le indagini sulle scorie depositate negli anni in Val di Sella (poco sotto quel paradiso artistico vegetale che è Arte Sella)
Il Trentino come Gomorra? Tutto è partito dalla segnalazione di privati cittadini al Corpo forestale dello Stato di Vicenza. Doppio il danno percepito dalle istituzioni locali. Ma come? Ci sono scorie tossiche dove non dovrebbero esserci e a fare emergere il problema sono i veneti? Si tratta di una scossa non da poco. Nei primi giorni qualcuno grida al complotto: a Roma – si dice – governa il centro destra (il Pdl di Berlusconi e la Lega Nord); è un attentato alla specificità locale.
Le prime indagini risalgono al gennaio dello stesso anno: intercettazioni, pedinamenti, incrocio di dati da parte degli esperti del Coordinamento di Enego. L’operazione si chiama “Tridentum”. Da questa nasceranno le inchieste “Ecoterra” e “Fumo negli occhi”. I numeri danno le dimensioni della situazione: Tridentum, 8 arresti; Ecoterra, 2 arresti; Fumo negli occhi: 12 indagati. E – secondo l’accusa – in due siti posti sotto sequestro sarebbero state smaltite complessivamente circa 400 mila tonnellate di rifiuti illegali.
In un primo momento gli inquirenti si concentrano sui depositi nelle cave. Rifiuti provenienti da Lombardia, Friuli, Veneto e, naturalmente, Trentino. Ma poi la mappa dei rifiuti si allarga.  Piano piano si risale alle aziende che conferiscono il materiale nelle cave. L’attenzione si concentra su una società, la Ripristini Valsugana di cui è responsabile l’ingegner Simone Gosetti. Nel mirino degli inquirenti finisce anche la fonderia di Borgo Valsugana.
È una “bomba” che esplode nelle mani di Lorenzo Dellai e del suo vice (oggi governatore pro tempore) Alberto Pacher, che ha la delega all’ambiente.
Quella su Monte Zaccon è un’indagine che dà molto fastidio per tempi e modi. A fine 2008 il presidente della Provincia di Trento ha da poco presentato al pubblico il suo terzo esecutivo, una Giunta Rosé: nell’Italia berlusconizzata il governo locale non è né rosso né bianco; il partito di maggioranza è il Pd, che convive con l’Upt, l’Unione per il Trentino (l’ex Margherita, nata come Civica di centro, con profonde radici democristiane) e il Patt (Partito autonomista trentino tirolese). I Verdi non sono nell’esecutivo, ma sono in maggioranza. L’ambientalista Roberto Bombarda si muove da battitore libero. All’opposizione ci sono esponenti di Pdl, Lega Nord e Lista Divina, da nome del senatore leghista che aveva tentato il braccio di ferro elettorale con il fortissimo Dellai. Sotto i riflettori c’è quella valle operosa, che si chiama Valsugana, che ha dato i natali allo statista Dc Alcide De Gasperi, grazie al quale il Trentino con l’Alto Adige gode dell’autonomia speciale. Le cronache di quei giorni raccontano di una valle sgomenta, di cittadini allarmati e di amministratori provinciali che non riescono a tranquillizzarli. Se sono dovuti intervenire quelli del Corpo forestale dello Stato – si dice – un motivo ci sarà. L’inverno della Valsugana sembra più freddo del solito. Ma sulle pagine dei giornali finisce anche un altro luogo – quando il destino si dice beffardo – caro allo statista democristiano: Sardagna, piccolo borgo compreso nel comune di Trento dove, nel 1850, nacque il padre di Alcide, Amadio, che solo una volta dopo aver preso moglie si trasferì a Pieve Tesino.

 “Qualcuno di noi si è rivolto al Corpo forestale della Provincia di Trento, ma ci hanno risposto che era tutto in regola. Però ogni notte c’era la fila di camion, tutti bilici con carico coperto da tendoni, pronti a scaricare all’ex cava. Non ci fidavamo così siamo andati in Veneto. E bisogna ringraziare la professionalità del Corpo forestale dello Stato  se finalmente il marcio è venuto a galla” (Trentino del 13 dicembre 2008).
 La notizia dell’intervento della Procura di Trento dà la stura alle parole dei politici locali. La consigliera comunale Paola Slomp: “In luglio hanno organizzato una giornata “porte aperte” della discarica per cercare di dimostrare che era tutto a posto. C’era anche il rinfresco, ma quando noi abbiamo sollevato il problema dei camion che scaricavano la notte, Simone Gosetti (responsabile della Ripristini Valsugana srl, oggetto di indagine, ndr) ci ha risposto sprezzante: “Non so voi. Io di solito la notte dormo”.

 Di quel giorno d’estate si ricorda bene anche Daniela Lovato, consigliera di minoranza a Roncegno Terme. “In quel frangente -dichiara – il sindaco si è dimostrato assolutamente sicuro che il materiale conferito presso la cava fosse del materiale inerte e quindi avesse tutti i requisiti per essere conferito in quel sito. E si è dichiarato persino disposto a mangiarseli, se questo fosse servito a dimostrare la “bontà” del materiale”. Alla luce degli sviluppi dell’indagine, fa impressione pensare che sia Slomp che Lovato, per il loro attivismo, siano state accusate di fare del “terrorismo psicologico”, dall’ex sindaco di Roncegno Terme Vincenzo Sglavo.
 Non è un bel momento per il Trentino che, come il resto dello stivale, è quasi sempre in campagna elettorale. Nel 2009 molti comuni della Valsugana dovranno rieleggere sindaci e giunte, mentre nel 2010 si vota per le Comunità di valle, i nuovi enti voluti dalla Giunta Dellai per sostituire i Comprensori. Ci si concentra sul territorio, ma intanto è proprio dal territorio che arrivano i problemi. Il caso dell’ex cava di Monte Zaccon, primo tassello dell’inchiesta sull’ambiente, diventa emblematico. A far insospettire i cittadini erano stati gli odori molesti provenienti da quel taglio nella montagna, la Zaccon , ex cava Jacopini, dal nome della famiglia che per settant’anni aveva gestito il sito, con  la concessione per l’estrazione del porfido. “La puzza c’era, ma nessuno è mai venuto a chiedere o a dirci niente – dice Guido Slomp, ex portalettere che la zona la conosce bene – Nel momento di massima attività ci lavoravano 170 persone. Fornivano il pietrisco per tutte le ferrovie del nord. Mio padre ci ha speso la vita lì dentro. Quando finivano di lavorare erano bianchi come il marmo. Poi ci hanno fatto il regalino della discarica. Qui c’è più mafia che a Palermo”.

 

«La farfalla avvelenata. Il Trentino che non ti aspetti.»
(ed. Città del Sole, 15 euro, 168 p.)
ISBN 10: 8873516122 / ISBN 13: 9788873516125
dei giornalisti  Andrea Tomasi e Jacopo Valenti

Fumo, diossina, scorie, aria e terreni inquinati, leggi non rispettate, ambiente a rischio. Non è questa l’immagine che tutti hanno del Trentino. Non è l’immagine della Farfalla, simbolo della promozione turistica della provincia autonoma, che fa il giro del mondo. “Trentino: l’Italia come dovrebbe essere” recitava un controverso slogan degli anni novanta. E improvvisamente i trentini si sono risvegliati meno sani, meno belli. “La farfalla avvelenata” (Città del Sole Edizioni) – di Andrea Tomasi e Jacopo Valenti – racconta tre inchieste giudiziarie, promosse da due donne: la pm Alessandra Liverani (Procura della Repubblica di Trento) e Maria Principe (vicequestore del Nucleo investigativo del Coropo forestale dello Stato, con sede a Vicenza). Principe – ironia della sorte – è anche il soprannome dell’ormai ex governatore del Trentino, oggi canidato al Parlamento con Mario Monti.
Gli inquirenti hanno sollevato il coperchio di una pentola di veleni. Una pentola insospettabile, quella dell’autonomia speciale che, con il suo budget milionario, non è riuscita a proteggere il territorio dalle ecomafie (ricordiamo che la Provincia di Trento ha un suo Corpo forestale che, allertato dai cittadini, ha fatto poco o nulla). 
Tre filoni di indagine: una sui rifiuti tossici scaricati nell’ex cava di Monte Zaccon (Roncegno Valsugana), una sui rifiuti depositati nella cava di Sardagna a Trento (ai piedi del Monte Bondone) e una sui fumi prodotti dall’Acciaieria di Borgo Valsugana. Sullo sfondo i depositi “sospetti” nei terreni pubblici e privati (la cosidetta “Ecoterra”, nella quale venivano invece mischiati residui industriali). E poi ci sono (tuttora in corso) le indagini sulle scorie depositate negli anni in Val di Sella (poco sotto quel paradiso artistico vegetale che è Arte Sella)
Il Trentino come Gomorra? Tutto è partito dalla segnalazione di privati cittadini al Corpo forestale dello Stato di Vicenza. Doppio il danno percepito dalle istituzioni locali. Ma come? Ci sono scorie tossiche dove non dovrebbero esserci e a fare emergere il problema sono i veneti? Si tratta di una scossa non da poco. Nei primi giorni qualcuno grida al complotto: a Roma – si dice – governa il centro destra (il Pdl di Berlusconi e la Lega Nord); è un attentato alla specificità locale.
Le prime indagini risalgono al gennaio dello stesso anno: intercettazioni, pedinamenti, incrocio di dati da parte degli esperti del Coordinamento di Enego. L’operazione si chiama “Tridentum”. Da questa nasceranno le inchieste “Ecoterra” e “Fumo negli occhi”. I numeri danno le dimensioni della situazione: Tridentum, 8 arresti; Ecoterra, 2 arresti; Fumo negli occhi: 12 indagati. E – secondo l’accusa – in due siti posti sotto sequestro sarebbero state smaltite complessivamente circa 400 mila tonnellate di rifiuti illegali.
In un primo momento gli inquirenti si concentrano sui depositi nelle cave. Rifiuti provenienti da Lombardia, Friuli, Veneto e, naturalmente, Trentino. Ma poi la mappa dei rifiuti si allarga.  Piano piano si risale alle aziende che conferiscono il materiale nelle cave. L’attenzione si concentra su una società, la Ripristini Valsugana di cui è responsabile l’ingegner Simone Gosetti. Nel mirino degli inquirenti finisce anche la fonderia di Borgo Valsugana.
È una “bomba” che esplode nelle mani di Lorenzo Dellai e del suo vice (oggi governatore pro tempore) Alberto Pacher, che ha la delega all’ambiente.
Quella su Monte Zaccon è un’indagine che dà molto fastidio per tempi e modi. A fine 2008 il presidente della Provincia di Trento ha da poco presentato al pubblico il suo terzo esecutivo, una Giunta Rosé: nell’Italia berlusconizzata il governo locale non è né rosso né bianco; il partito di maggioranza è il Pd, che convive con l’Upt, l’Unione per il Trentino (l’ex Margherita, nata come Civica di centro, con profonde radici democristiane) e il Patt (Partito autonomista trentino tirolese). I Verdi non sono nell’esecutivo, ma sono in maggioranza. L’ambientalista Roberto Bombarda si muove da battitore libero. All’opposizione ci sono esponenti di Pdl, Lega Nord e Lista Divina, da nome del senatore leghista che aveva tentato il braccio di ferro elettorale con il fortissimo Dellai. Sotto i riflettori c’è quella valle operosa, che si chiama Valsugana, che ha dato i natali allo statista Dc Alcide De Gasperi, grazie al quale il Trentino con l’Alto Adige gode dell’autonomia speciale. Le cronache di quei giorni raccontano di una valle sgomenta, di cittadini allarmati e di amministratori provinciali che non riescono a tranquillizzarli. Se sono dovuti intervenire quelli del Corpo forestale dello Stato – si dice – un motivo ci sarà. L’inverno della Valsugana sembra più freddo del solito. Ma sulle pagine dei giornali finisce anche un altro luogo – quando il destino si dice beffardo – caro allo statista democristiano: Sardagna, piccolo borgo compreso nel comune di Trento dove, nel 1850, nacque il padre di Alcide, Amadio, che solo una volta dopo aver preso moglie si trasferì a Pieve Tesino.
 “Qualcuno di noi si è rivolto al Corpo forestale della Provincia di Trento, ma ci hanno risposto che era tutto in regola. Però ogni notte c’era la fila di camion, tutti bilici con carico coperto da tendoni, pronti a scaricare all’ex cava. Non ci fidavamo così siamo andati in Veneto. E bisogna ringraziare la professionalità del Corpo forestale dello Stato  se finalmente il marcio è venuto a galla” (Trentino del 13 dicembre 2008).
 La notizia dell’intervento della Procura di Trento dà la stura alle parole dei politici locali. La consigliera comunale Paola Slomp: “In luglio hanno organizzato una giornata “porte aperte” della discarica per cercare di dimostrare che era tutto a posto. C’era anche il rinfresco, ma quando noi abbiamo sollevato il problema dei camion che scaricavano la notte, Simone Gosetti (responsabile della Ripristini Valsugana srl, oggetto di indagine, ndr) ci ha risposto sprezzante: “Non so voi. Io di solito la notte dormo”.
 Di quel giorno d’estate si ricorda bene anche Daniela Lovato, consigliera di minoranza a Roncegno Terme. “In quel frangente -dichiara – il sindaco si è dimostrato assolutamente sicuro che il materiale conferito presso la cava fosse del materiale inerte e quindi avesse tutti i requisiti per essere conferito in quel sito. E si è dichiarato persino disposto a mangiarseli, se questo fosse servito a dimostrare la “bontà” del materiale”. Alla luce degli sviluppi dell’indagine, fa impressione pensare che sia Slomp che Lovato, per il loro attivismo, siano state accusate di fare del “terrorismo psicologico”, dall’ex sindaco di Roncegno Terme Vincenzo Sglavo.
 Non è un bel momento per il Trentino che, come il resto dello stivale, è quasi sempre in campagna elettorale. Nel 2009 molti comuni della Valsugana dovranno rieleggere sindaci e giunte, mentre nel 2010 si vota per le Comunità di valle, i nuovi enti voluti dalla Giunta Dellai per sostituire i Comprensori. Ci si concentra sul territorio, ma intanto è proprio dal territorio che arrivano i problemi. Il caso dell’ex cava di Monte Zaccon, primo tassello dell’inchiesta sull’ambiente, diventa emblematico. A far insospettire i cittadini erano stati gli odori molesti provenienti da quel taglio nella montagna, la Zaccon , ex cava Jacopini, dal nome della famiglia che per settant’anni aveva gestito il sito, con  la concessione per l’estrazione del porfido. “La puzza c’era, ma nessuno è mai venuto a chiedere o a dirci niente – dice Guido Slomp, ex portalettere che la zona la conosce bene – Nel momento di massima attività ci lavoravano 170 persone. Fornivano il pietrisco per tutte le ferrovie del nord. Mio padre ci ha speso la vita lì dentro. Quando finivano di lavorare erano bianchi come il marmo. Poi ci hanno fatto il regalino della discarica. Qui c’è più mafia che a Palermo”.

«La farfalla avvelenata. Il Trentino che non ti aspetti.»
(ed. Città del Sole, 15 euro, 168 p.)
dei giornalisti  Andrea Tomasi e Jacopo Valenti

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Gli autori

Andrea Tomasi
Andrea Tomasi è nato a Trento nel 1973. Giornalista professionista, laureato in giurisprudenza, ha lavorato per carta stampata, radio e tivù. Attualmente è cronista all’Adige. La farfalla avvelenata è il suo secondo libro, dopo Fotocamera con vista (Il Margine). Oltre che di due libri, è anche autore – con la moglie Cristina – di due gemellini, Francesco e Daniele, nati nel giugno 2012, a cui fa ascoltare la musica di Johnny Cash, di Matt Costa e del Wooden Collective.

Jacopo Valenti
Jacopo Valenti è nato a Trento nel 1982. Giornalista professionista, ha lavorato per la carta stampata, la radio (anche all’estero) e internet. Attualmente gestisce il quotidiano online http://www.trentotoday.it e collabora con l’agenzia Ansa. Gli piacciono i libri, cucinare, la musica (ogni tanto spolvera il suo Precision e tenta di suonarlo) e l’arrampicata.
Se potesse viaggerebbe per 365 giorni l’anno zaino in spalla.

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