Storie vere di cani veri. Gina & Gigi e l’uomo che parla ai funghi

Questa storia è quasi una favola che la jack russel Gina narra a suo figlio Gigi.

I due cagnolini appartengono al signor Roberto che tante volte se li porta a bordo del suo vissuto pickup, in scorribande per boschi che sovrastano il lago. Spesso della spedizione fa parte anche Eva, la first lady di Roberto. Sono una coppia fuori dal comune e abitano in due paesi diversi, anche se vicinissimi. L’avventura che la jack russel narra a suo figlio è questa …

Un giorno un amico dice a Roberto: “Conosco un muratore, Giancarlo, che dopo una giornata di lavoro, prima di rincasare, si ferma nell’orto e parla con i fagiolini … così si rilassa e gli passa la fatica”. “Che c’è di strano? Io parlo con i funghi!” replica Roberto. Anche senza i due vegetali (a dire il vero i funghi sono spore) la conversazione si svolge a tavola in una trattoria con vista sul lago. Roberto, l’uomo che parla ai funghi, è appena tornato da una passeggiata nei boschi, lungo paesi con una tradizione che Roberto non smetterebbe di narrare se a riportarlo con i piedi in terra non intervenisse Eva, la prima donna di quel paradiso terrestre. 

Senza Eva non ci sarebbe la trattoria (che lei, per distinguersi, chiama “ristoro”) e anche l’uomo dei funghi sarebbe altrove. Come spesso accade, è stato il caso a farli incontrare a tavola. Lui è una buona forchetta, lei è una cuoca provetta. Se fosse nata uomo sarebbe diventato uno chef televisivo. Per la fortuna dei suoi affetti, parenti, amici e clienti ama cucinare, con consumata esperienza. Ogni giorno appare sulla porta della sua minuscola cucina: fisico armonico, in testa il fazzoletto a fiori, immacolato il grembiule d’ordinanza, il sorriso pronto, gli occhi a fessura che ti scrutano. Eva la prima donna è curiosa di tutto. Nella vita ha già fatto molte cose buone, ma non le sono bastate, vuole farne altre. Un giorno, chissà, non la troveremo più nella trattoria sul lago, sarà volata via verso nuove avventure con il suo Roberto che forse avrà smesso di parlare con i funghi. Oggi però sono qui a discuterne. “È ancora presto, non è la stagione” precisa schivo Roberto mentre con dita esperte accarezza una piantina che ha fatto crescere in una bottiglia di plastica tagliata per lungo. “È incenso. Senti che profumo!”. Lontano dai turiboli di chiesa chi ha mai visto una pianta d’incenso? È un arbusto come il rosmarino: un giorno o l’altro Eva lo metterà nel sugo dell’arrosto o nel pollo alla cacciatora e tutti diranno “Che bontà!”, solo Roberto saprà la verità ma non la rivelerà a nessuno. 

 La loro è una storia d’amore, per così dire, itinerante, ma con precisi punti di riferimento. Vivono ognuno per conto proprio, in due paesi l’uno frazione dell’altro, poche centinaia di metri da casa a casa: un amore a “chilometro zero”. Lei ha viaggiato molto, per lavoro ha cucinato perfino nel cuore delle Dolomiti. Lui i sentieri, che da giovane percorreva a piedi, oggi li fa con un fuoristrada e arriva dove vuole, spesso con Eva accanto, ma anche da solo: è un po’ orso. Quando ha voglia di libertà (sono parole sue) un camper si sostituisce al fuoristrada. E allora il panorama può essere una spiaggia al tramonto, o un’alba dietro i monti. In quei casi il posto di Eva è preso dai jack russel Gina & Gigi, che non aspettano altro. Al ritorno, se è stagione, arrivano i primi porcini che approdano nella cucina del ristoro di Eva. (La parola ristorante che molti credono venga dal francese, in realtà viene da ristoro, termine che una volta era limitato alle gare ciclistiche fra dilettanti, o alle colonie marine del regime fascista. Bisogna riconoscerlo: in piena era di anglicismi, nel piccolo regno che è la sua cucina, Eva ha rivalutato la lingua italiana). Il giorno di chiusura settimanale del “ristoro” è in programma una gita sui Monti della Tolfa guidata da Roberto, il più esperto conoscitore di quei posti lontani dagli itinerari turistici, con i due cani al seguito. 

Meta del viaggio sono paesi ricchi di tradizione e angoli di bosco che diresti sacri: fra i centri abitati il maggiore è Canale Monterano dalla storia millenaria; il più suggestivo Montevirginio, che sembra un borgo del sud della Francia tanto silenzioso e lindo appare. E ancora Tolfa arroccata su uno sperone di roccia, Castelgiuliano con il monumentale palazzo Patrizi abitato dalle nuove generazioni della nobile famiglia. E il borgo della Farnesiana, dove una chiesa neogotica, da anni in totale abbandono e sul punto di cadere, fu eretta a beneficio dei minatori che hanno scavato per decenni nelle cave di allume di rocca, da cui il nome di Allumiere, al centro di commerci e relativi trasporti. Dal 1928 e fino alla metà del secolo scorso, una ferrovia ha collegato Civitavecchia a Orte, tratta strategica per il trasporto del minerale da imbarcare. Un mondo scomparso di cui sopravvive la stazione ferroviaria di Allumiere, elegante edificio dal tetto di tegole rosse e dalla scritta in maioliche gialle, oggi purtroppo barbaramente vandalizzato. Tutto intorno l’assurdo paesaggio di una ferrovia senza binari ma con una galleria di centinaia di metri scavata nelle viscere di un “montagnone” che sembra appartenere più a un paesaggio del Far West che a questa porzione di Maremma laziale. E infatti non pochi sono gli spaghetti-western girati sul suo sfondo. Lì sembra che la terra scotti sotto i piedi, ma non è un’illusione: una sorgente di acqua ricca di magnesio è fra i cespugli a disposizione dei viandanti, toccasana per i disturbi intestinali; un’altra a quasi 40 gradi invita al più bollente pediluvio. Alla fine di un sentiero da cinghiali puoi raccogliere i quarzi: affiorano dal terreno, ultimi testimoni di ben più consistenti giacimenti, che le piogge primaverili fanno brillare come gemme. Il panorama non è meno stupefacente: da un belvedere naturale si scopre il mare all’altezza di Santa Severa e di Ladispoli, nei giorni particolarmente limpidi si vede il monte Soratte, l’isola del Giglio, l’Elba, la Sardegna e la Corsica e, verso sud, gli hangar dell’aeroporto di Fiumicino, i Colli Albani, e pure una larga fetta di Roma compresa la cupola di San Pietro. 

Almeno così assicura Roberto, uomo sempre in attività, che nella vita ha fatto il panettiere, l’addetto al catering dell’Alitalia, il giocatore di rugby, ha disegnato abitazioni, intagliato mobili. Nella vecchia casa di paese ha scavato una grotta nel cappellaccio, il tufo della zona. Sembra di entrare in una tomba etrusca: sulla scala che scende ripida ha messo una lastra di vetro, come si fa con i resti archeologici da tenere a vista. Popolarissimo in paese, qualcuno lo vorrebbe sindaco (Eva sarebbe una splendida first lady), ma nessuno dei due ambisce a cariche pubbliche. Roberto è stato uomo di cavalli e l’ultimo personaggio della giornata è Zoe, la cavalla che ha fatto nascere improvvisandosi veterinario e levatrice. L’animale oggi gode di un’anticipata pensione perché il suo padrone, che una volta gareggiava con successo, per i doloretti dell’età ha dovuto ripiegare sul fuoristrada giapponese che gli fa da somaro sui tratturi. 

“I funghi sono magici, i porcini sono elfi” assicura Roberto, che di questi boschi conosce ogni albero. ”C’è un vecchio leccio tanto grande che ci vogliono più persone per abbracciarne il tronco”. Ogni suo racconto sembra una favola. “Io so dove sono i funghi, vado a naso, a occhio. Guarda lì, cosa vedi? Tu niente, io invece so che lì c’è un porcino. Lì nascono, crescono e muoiono se non li raccogli. Prima non c’erano, poi compaiono e spariscono. Ma non tutti possono vederli”. Roberto è convinto che i funghi lo aspettino per farsi trovare. E lui ricambia raccogliendo i rifiuti abbandonati nei boschi. “Capita spesso che dove raccolgo una bottiglia di plastica poi trovo un porcino: è la natura che mi ringrazia”. Ma prima ci parla: “E loro ti ascoltano, ti rispondono”. Non è da tutti comprendere il loro silenzioso, segreto messaggio. Roberto è fra i pochi che può farlo, e coglie i suoi porcini dopo aver scambiato con loro qualche parola, nel silenzio dei Monti della Tolfa.

Il racconto di mamma Gina al figlio Gigi finisce qui. È ora di tornare a casa, il fuoco del camino è troppo invitante per attardarsi ancora all’aperto, sta scendendo la sera. Anche i porcini dormono.

Da “20 storie vere di cani veri” di sandro Marucci, edizioni La Quercia 2021 – 20

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