“Elena e la casa dal cancello rosso”: a tu per tu con l’autrice, Giorgia Meo, fautrice della gentilezza

Giorgia Meo, 32 anni leccese, già manager nel campo editoriale, ha un’indole fortemente creativa, che l’ha spinta a cimentarsi nella scrittura, pubblicando il suo primo libro di narrativa per ragazzi: “Elena e la casa dal cancello rosso”. La incontriamo per saperne di più.

Un libro per ragazzi come esordio letterario, da cosa è stata dettata questa scelta?

L’avviamento di una collana dedicata ai ragazzi all’interno della casa editrice: “I Libri di Icaro” era qualcosa che era già in cantiere da diverso tempo fa. Durante il primo lockdown, ho trovato il tempo di dedicarmi finalmente a questo progetto, sviluppando un’idea che avevo da diversi anni: il resto è venuto da sé!

Qualcosa in particolare, da cui ha tratto ispirazione?

Senza dubbio, la più grande fonte d’ispirazione per la scrittura di “Elena e la casa dal cancello rosso” è la casa in cui abito, che è contraddistinta da un ampio giardino in cui qualunque bimbo saprebbe inventare e mettere in scena giochi, storie e piccole avventure. Il cancello rosso citato nel titolo e all’interno del libro è appunto il cancello della mia casa. Durante la scrittura, trovarmi in quel luogo è stato molto stimolante.

Quale messaggio vorrebbe che i giovani e meno giovani apprendessero da questa fiaba?

C’è concetto fondamentale sotteso nel libro: quello di cura. La parola “cura” esprime tantissimi significati che si legano all’idea di amore, sia esso quello rivolto alla persona amata, a un amico, a un fratello o anche alla natura in tutte le sue declinazioni. Prendersi cura, accudire, fornire sostegno emotivo, pratico e psicologico: sono tutte diverse inclinazioni di un sentimento estremamente positivo e che può fare la differenza nella vita di ognuno di noi. Mi piace, inoltre, l’idea di trasmettere un messaggio di gentilezza, di garbo e di pacatezza. Credo che questo sia un valore sempre troppo poco considerato, ma inestimabile: possiamo farci sentire anche senza urlare, rispettando l’altro, promuovendo un modo sano e misurato di relazionarci con l’altro. La piccola Elena, la protagonista del mio libro, porta avanti inconsapevolmente questa mia visione e convinzione.

A chi la consiglierebbe?

Mi piacerebbe che il mio libro fosse letto dai genitori e dai nonni e che possa diventare un pretesto per creare un clima di armonia in famiglia. Mi viene in mente la frase: «Un bambino che legge sarà un adulto che pensa » dello psicologo statunitense Jerome Bruner; ecco, mi piacerebbe che il mio libro possa essere il pretesto ideale per spingere bambini e adulti a riunirsi intorno a un libro e a condividere l’atto della lettura e della narrazione.

Sin da giovanissima dirige una casa editrice: “I libri di Icaro”, com’è nata questa passione per l’editoria?

La mia passione per il mondo dell’editoria ha un nome e un cognome preciso: Maurizio Meo, mio padre. Abbiamo avviato il progetto “I Libri di Icaro” insieme, io ero giovanissima e sicuramente molto acerba. Gradualmente, ha saputo lasciarmi sempre più spazio e autonomia nella gestione, fino a defilarsi del tutto, affidando a me il controllo della casa editrice. Credo ci sia anche qualcosa di fortemente simbolico in questo percorso – “I Libri di Icaro”  – ci hanno unito ancora di più, permettendomi di conoscere mio padre anche dal punto di vista professionale: ho imparato tantissimo da lui e, alla fine, quando è giunto il momento, mi ha lasciato procedere da sola. 

Ha già qualche progetto per il prossimo libro?

Sì, ho in mente nuove idee editoriali. Nello specifico, mi piacerebbe portare avanti un nuovo progetto, destinato però al pubblico dei lettori adulti… Ma per scaramanzia preferisco non aggiungere altro!

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