ROMA – Il ventesimo romanzo di Amelie Nothomb, Uccidere il padre (Voland, 2012 p. 91 euro 9), non delude le aspettative del lettore. La Nothomb, con la sua scrittura snella e efficace delinea un mondo inimmaginabile, dove accade l’impossibile.
Siamo in Nevada, in una di quelle province americane dove il paesaggio brullo è tagliato da un’unica strada, e Joe Whip è un quindicenne abilissimo nei trucchi di magia. Sua madre conduce una vita sregolata, cambiando un uomo a settimana al punto da non sapere chi è il padre di Joe. Il ragazzo per colmare quest’infinita solitudine si dedica con passione alla magia. Joe diventa allievo di Norman Terrence, il più grande mago di Reno, città del Nevada. Norman lo prende a casa con sé in un’adozione tacita e condivisa con la compagna Christina, acrobata che duetta con il fuoco. In tutto il romanzo Joe sembra comportarsi come un adolescente qualunque, rissoso e provocatorio, innamorato di Christina e potenziale rivale del padre-Norman. Ma Amelie Nothomb, signora dei colpi scena, con una verità cruda e banale ribalta, proprio al suo termine, il senso dell’intera storia. Non si tratta solo di una storia che spiazza, colpisce e incanta ma anche del racconto della natura della paternità; infatti, anche quando essa è biologica, il padre sceglie il proprio figlio e lo riconosce come tale. La Nothomb getta una luce nuova e sui lati oscuri del rapporto padre-figlio.
Amélie Nothombe nasce a Kobe, in Giappone, nel 1967. Figlia di un diplomatico belga, trascorre l’infanzia in Giappone per poi trasferirsi in Cina. Ha vissuto anche negli Stati Uniti, in Bangladesh e in Europa. Nel 1991, torna in Belgio e pubblica il suo primo romanzo, l’Igiene dell’assassino, che è stato un grandissimo successo e l’ha fatta conoscere al grande pubblico. La Nothomb vive oggi tra Parigi e Bruxelles, ha pubblicato 20 romanzi e ha vinto numerosi premi.