I dubbi cadono con le reti

Arrivo giusto in tempo per il With Love Festival. Finalmente potrò ascoltare Basile, a Milano riesco sempre a mancarlo. Al presidio c’è il solito fuoco, forse questa volta è un po’ più grande, e gente, tanta. Pochi di Niscemi, la prima faccia che mi saluta l’ho vista all’ultimo presidio No Tav in piazza San Sabila, ed è lo stesso volto che avevo accanto ad un incontro al parco il 2 giugno. il presidio ha lo stesso aspetto di marzo nella zona cucina/bar, accanto c’è una “saletta” in più che mi dicono è stata un baretto durante questi mesi ma adesso è ridotta a sgabuzzino.

La zona gazebo è stata ampliata, c’è un bel tronco al centro a reggere la struttura, pieno di nervature, ci hanno appeso degli acchiappasogni. C’è paglia intorno a far da parete, paglia sparsa a terra, altra paglia che invita a sedersi, ci sono un paio di librerie e qualche sedia. mi piace. Accoglie più di prima. Il pomeriggio dopo, quando ci ripasso, la luce che c’è mi invita al riposo e al sonno, ma c’è da lavorare, sistemare. Passo il pomeriggio con Gatta a pulire e tagliare verdure e condimenti per la pizza che un ragazzo di Udine sta preparando per la cena. Continua ad arrivare per tutto il pomeriggio gente che parteciperà alla manifestazione del 9. Ci sono dei ragazzi che vengono dall’estero, chi dal Messico, chi dalla Bulgaria, Francia, Repubblica Ceca. Dicono che la Sicilia è bella, ma è tenuta male, non ha mezzi di trasporto efficienti, e pochissima gente parla inglese. Ma credono che la nostra lotta sia giusta e vada portata avanti. Non le conto le tende colorate che riempiono l’area campeggio, ma sono tante e questo fa piacere. Riesco a tornare di nuovo al presidio l’8, mi metto sempre ad aiutare tra cucina e bar, comincia a sentirsi un po’ la tensione per l’indomani. capisco che c’è qualcosa, ma si parla poco… si preferisce andare avanti a fare quel che c’è da fare. Qualcuno torna con il reggiseno di E., lo passa ad A. dicendo di tenerlo. Anche A. assume un’espressione interrogativa, ma non fa domande, anche se non capisce. Solo verso le 19 veniamo a sapere che E. ha deciso di entrare in base e salire sull’antenna con altri 7. Le ragazze non approvano, viste le varie denunce a carico di E. …ma lei era decisa e anche felice di farlo. Un bel gruppo si dirige a far presidio con chitarre e voci sotto le antenne dove si sono arrampicati. Serve sostegno e anche che vengano visti. Sono partiti attrezzati: amache, teli per il sole, acqua e frutta. Resistono. Tutta la notte. Solo uno l’indomani mattina abbandona ed esce. Ma nel frattempo si scopre che altri due attivisti sono saliti su altre antenne un po’ più distanti. Lo scatto di un bacio sulle antenne e riusciamo a sapere chi sono. Al presidio si freme…Ore 15, ultima assemblea: dobbiamo andare a riprendere i compagni sulle antenne. Tutti insieme. Il percorso della manifestazione parte dalla grande quercia…Io sto con A. a metà percorso dove abbiamo creato un punto acqua. Vediamo passare in continuazione forze dell’ordine, la Digos passa veloce e tira su gran polveroni. Alla terza volta uno che era con noi gli fa segno di rallentare, che ci siamo qui noi e quella polvere non è piacevole. Parte il corteo, si sentono le voci, i cori. Si avvicinano sempre più. L’acqua che avevamo finisce quasi tutta e adesso possiamo unirci anche noi al corteo. Siamo tanti, nonostante agosto, nonostante il caldo. La base è davanti a noi, e loro sono schierati lì senza divisa e muniti di casco e manganello al di là della rete. Il corteo avanza e tenta di sfondare. Parte qualche manganellata, la gente urla, quelli davanti avanzano, quelli dietro arretrano, spaventati. Io mi trovo in mezzo , davanti a me un’attivista, una ragazza che con decisione si gira e grida : “dove andate? La parola del giorno non è corteo, ma occupazione!”. E’ forte. Quello che ha detto. Come lo ha detto. Mette forza. E qualche altro si avvicina. La situazione torna presto tranquilla, non so da chi parte l’idea, ma si decide di spostarsi verso destra. Facciamo avanzare tutta la gente in quella direzione, si cammina ancora un po’…. I primi arrivano in cima ad una collina. Da lì cominciamo a vedere gente correre prima indietro, poi qualche rete bucata e gente che comincia ad entrare. Inizialmente pochi. Da fuori si è increduli. Non si capisce cosa fare. Se entro, se non entro. Cosa rischio? Non possiamo lasciarli soli. Si era detto insieme. La maggior parte di quelli dentro sono di fuori. A ben pensarci quasi tutti sono di fuori. I niscemesi fanno solo il tifo. E anche i tifosi rimangono pochi. Si apre un altro varco più sotto. Poi un altro. E un altro ancora. Per ogni rete che cade un dubbio in meno sul da farsi. Per ogni rete che cade sempre più gente dentro. Entro anche io. Non si resiste a stare a guardare. Ti viene voglia di calpestarlo quel pezzo di terra. Di correrci dentro. Di sdraiarti a terra, nonostante sai benissimo che guarderai il cielo come da dentro una gabbia metallica. E così è. Di certo metà corteo è dentro. Qualcuno tira fuori una bandiera a stelle e strisce, la stende a terra e appicca il fuoco. Liberi. E felici. Nessuno l’avrebbe detto un paio di anni prima. Raggiungiamo gli altri sulle antenne, vengono giù, ci sono abbracci, sorrisi, lacrime e i colori di un tramonto che tutti ci ricorderemo. Qualcuno voleva restare. Anche io mi sono trovata a pensarlo. Ma forse non è ancora tempo di scriverla così questa storia. E allora usciamo. Mancano i due più lontani, ma sta facendo buio e vanno a prenderli con la Digos, tanto per nessuno scatteranno denunce. Non questa volta. La sera al presidio è festa. La stanchezza può essere ancora ignorata.

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