Michael Jackson “daddy” – racconto ventisettesimo

Michael Jackson, dopo la nascita di Prince Michael, prese molto sul serio le responsabilità verso la  famiglia “non tradizionale”. I suoi problemi psichici originavano dai cattivi rapporti con i genitori, dall’infanzia mancata, dalla paura delle donne, dalle tendenze sessuali non riconosciute,  dalla sovraesposizione mediatica, dalle relazioni senza rete con nugoli di cavallette mascherate da sostenitori che volevano il suo oro.

Michael, anche all’apice del successo, si era sentito solo al punto da riempire le case di manichini, quale surrogato della presenza umana. Amore e popolarità non sono complementari, il primo non vive sotto i riflettori. Dopo il primogenito tuttavia il vuoto interiore sembrò attenuarsi e Michael  promise a se stesso di svezzarsi dalle sostanze stupefacenti. Il neonato era diventato la sua ragione di vita: passava ore a giocarci, gli piaceva nutrirlo, fargli il bagnetto, prenderlo in braccio, cantargli ninnenanne. Rallentò gli impegni di lavoro, tranne quelli irrinunciabili, per stare con Prince. Fu molto attento a mantenere il massimo della privacy sul bambino e se vendette alle testate “OK!” e “National enquirer” per tre milioni di dollari un servizio fotografico su suo figlio,  fu per dare nuovo smalto alla sua immagine rimpinguando le casse della “Heal the world”, associazione benefica a favore dell’infanzia che aveva fondato nel ‘92 durante il Dangerous world tour. La “Heal the world”, oltre al supporto ai bambini nelle zone in conflitto, alle vittime degli abusi,  si occupava anche di quelli con problemi di salute e organizzò una campagna per finanziare il trapianto di fegato ai ricoverati nei reparti di pediatria degli ospedali ungheresi.

Dopo la nascita di Prince nel 1997 la persona più indicata a prendersi cura di lui sembrò Grace Rwaramba,  una bella ragazza di colore, alta, slanciata ed energica, di quasi dieci anni più giovane di Jacko, immigrata negli Usa negli anni ’80, assunta  dal re del pop nel 1991 come segretaria.  Nata e cresciuta a Ishaka, nell’Uganda occidentale, da padre ospedaliero  e madre profuga rwandese, i  compagni di scuola raccontavano che Grace fosse buona e socievole. Cresciuta in una famiglia di quindici bambini Grace era adatta al lavoro di baby sitter, anche se in America aveva studiato amministrazione finanziaria. Era bella e poco dopo essere entrata in casa Jackson si favoleggiò che avesse una relazione sentimentale con il fratello di Michael, Jermaine,  e avesse sposato il re del pop.   Grace Rwaramba ebbe un ruolo centrale con i figli di Michael Jackson che presero a chiamarla “mum”, mamma.  Prince, che non aveva mai vissuto accanto alla madre biologica, identificò in lei il calore materno che mancava. Per Michael contava che il bambini riconoscessero in  lui il genitore vero.  Si sentiva profondamente ragazzo padre e  subito volle imparassero  la parola “daddy” .                                                       

A maggio del 1997 “Daddy” era in procinto di partire per l’Italia , dove avrebbe partecipato alla cerimonia dei “Telegatti” con Luciano Pavarotti, anche per annunciare il suo programma umanitario. La sera prima della partenza Jacko copriva di baci il  piccolo, sillabandogli il nome con cui voleva essere chiamato.
– Come mi chiamo io? Dad-dy…dad-dy…
Prince Michael sorrideva senza parlare. Grace si avvicinò:
E’ ancora troppo piccolo…
Mi spiace partire,  non mi staccherei mai da lui …  quando mi chiamerà Daddy?
Non essere impaziente…

Michael non era mai apparso alla televisione italiana,  ma martedì 6 maggio 1997 salì sul palcoscenico del Teatro Nazionale di Milano per il gran premio internazionale della TV, “I Telegatti”, nel galà in onda su Canale 5. Non avrebbe cantato, ma mostrato il video del suo ultimo successo “Blood on the dance floor”, una raccolta di otto brani di HIStory remixati, più cinque nuove canzoni.

Michael Jackson ai Telegatti  1997

***                                                                       

Secondo “Forbes” Michael Jackson nel 1996 aveva guadagnato 35 milioni di dollari,  era tra gli uomini più ricchi del mondo, anche se a lui le vendite sembravano poca cosa perché aspettava  l’album da cento milioni di copie. Quel patrimonio  immenso gli faceva temere per il figlio:  in viaggio si chiedeva cosa stesse facendo, aveva paura gli accedesse qualcosa,  era certo lo avrebbero rapito per chiedere un riscatto. Il 18 giugno 1997 Jacko,  di nuovo a Milano,  avrebbe dovuto tenere un concerto allo stadio di San Siro, dove  45.000  fan col naso all’insù aspettavano che atterrasse sul palco da una navicella spaziale. Mancava poco ad andare in scena e  gli avevano detto di affrettarsi, ma Micheal Jackson era in ansia  perché non era riuscito ad avere la comunicazione telefonica con Neverland.  Quando finalmente arrivò si arrabbiò:
Grace! – urlò Jacko –  Sarebbe questa l’ora di farti viva? Ho cercato di contattarti…
Anch’io Michael…
Come sta Prince?
Non preoccuparti, bene…
Che tempo fa?
Caldo…
Anche a Milano… se porti fuori il bambino Grace ricordati di coprirgli il volto… ci sono in giro un sacco di malintenzionati!
Michael, pensi che lo dimentichi?
***

Le preoccupazioni sulla sicurezza dei figli raddoppiarono quando nacque la secondogenita Paris Michael Katherine. I giornali, con la complicità di alcune persone che erano state vicine alla pop star, costruirono leggende ironizzando sull’ abitudine di nascondere il volto dei bambini: lo attribuirono alle ossessioni di Michael Jackson più che a un pericolo reale. Di vero c’era semmai che le finanze del cantante non godevano più dell’ottima salute che avrebbe allettato i ladri: nel 1997 aveva guadagnato appena 20.00 dollari e nel marzo del 1999 i suoi genitori avevano dichiarato bancarotta. Un colpo duro, che impensierì la famiglia Jackson tanto che un paio d’anni dopo, Michael e sua  madre ne parlavano ancora  con la stessa apprensione.
Dobbiamo stare attenti agli approfittatori, Michael tu sei circondato da sanguisughe, anche tra le persone di servizio… ti fidi di Grace Rwaramba?  – gli chiedeva  Katherine
Certo! I bambini la chiamano “mum”…
Non mi piace questa cosa, ai tuoi figli voglio pensare io…
Se morissi saresti tu ad avere l’affido…
Dio santo Michael, cosa vai a pensare?
Ci penso a volte… a chi lascio tutto quello che ho? I miei figli non devono diventare bambini perduti…
A proposito… non stai dilapidando troppo in beneficenza?
Fidati, so quello che faccio…  ho un nuovo manager  –  Michael la rassicurava –  è Prince Alwaled , membro della famiglia reale saudita… abbiamo parlato di progetti faraonici… investire in parchi a tema, hotel, ristoranti, cinema…
L’ associazione benefica Michael Jackson and friends è stata un pozzo senza fondo…
So quello che faccio mamma … nel 2000 sono entrato nel Guinness dei primati per aver supportato 39 associazioni umanitarie! La mia credibilità è ristabilita… sono quasi contendo adesso… mi manca solo…
Cosa?
Un terzo figlio…

Nel 2001 Michael Jackson pubblicò  “Invincibile” un album che vendette otto milioni di copie: per le aspettative e le abitudini dell’artista, un fiasco.  Una di queste canzoni riassumeva il suo impegno umanitario, il suo amore per i bambini.

Michael Jackson – The lost children

Quel motivo lo aveva insegnato anche a Prince e a Paris, Michael amava cantare per i suoi bambini e adorava che loro lo facessero per lui: in quel periodo si era lanciato in una terribile querelle con la Sony a causa del flop dell’ultimo disco e i suoi figli diventarono il rifugio più sicuro. Per festeggiare i loro compleanni rinunciava ad altri impegni, quando giocavano insieme difficile dire chi si divertisse di più, se tornava da un viaggio portava loro i giocattoli più incredibili. A tre anni Prince  ricevette dei bellissimi scacchi, con cui disputarono molte partite. Coloro che frequentavano Neverland restavano ammirati di quanto fossero ben educati e affettuosi quei bambini. Il re del pop si sforzava di non far rivivere a Prince e a Paris le sofferenze che lui aveva conosciuto. I due, nati in circostanze insolite, sembravano non risentire del divorzio tra “Daddy” e Debbie Rowe, come non riconoscessero in lei la madre: papà, nonna Katherine,  Grace Rwaramba bastavano ed erano il loro mondo… almeno in apparenza.

Daddy Michael,  Prince e Paris

(continua)

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