Daje Ignazio, ma ho vinto qualche cosa?

Ritorno ad assaporare la vittoria. Oggi al bar sul bancone gelati i giornali celebrano la vittoria nei comuni del centrosinistra.
“Li abbiamo sfondati!”.
Seduto al solito tavolino, Tonino:
“Vacce piano, hai sentito Enrico? Dice che l’inciucio premia. E’ er solito boomerang. Mò vedi come je torna in testa. Nun sapemo perde, nun sapemo vince. Troppa grazia legge’ i risultati pé sti giovanotti de sta Roma bella!”.

“Ma che dici? Abbiamo vinto e basta. Il segnale è chiaro. Stiamo risorgendo”.
“Solo Gesù Cristo è risorto. Te lo ripeto, vacce piano, ce stanno i ballottaggi. Te lo ricordi Pisapia? E il referendum pe’ l’acqua pubblica? Poi com’è finita co’ Bersani?”.
Me li ricordo sì, andavamo forti. Ero convinto che la svolta era dietro l’angolo. Era a sinistra. Mi piaceva votare, andavo orgoglioso. Avrei pagato per andare tutti i giorni a compilare qualche scheda. Convinto che tutto quello che toccavo potesse divenire oro, avrò speso quattrocento euro in gratta e vinci.
Ieri invece a scuola mi nascondevo, ho incrociato il mio rappresentante di lista e ho abbassato lo sguardo, non volevo che mi salutasse, tutti mi avrebbero riconosciuto. Temevo che mi ridessero addosso, dicendomi:
“Eccolo il piddino. Ma ancora qua stai? Ma nun te vergogni?”
Il cameriere mi porta la solita bevanda e mi fa:
“Ti vedo bene pischellé! Ieri sera hai fatto conquiste! Eh?”
E sì, mi ero ripreso Roma, grazie a Ignazio.
Non gli rispondo e lui:
“Nun te sarai innamorato?”.
“Innamorato? No, no”.
Tonino mi brucia subito i miei cinque minuti da pavone:
“E’ na questione de cuore, ner senso che è annato in tachicardia pel nuovo sindaco. Ma nun c’è da preoccupasse, Marino fa il dottore, o risistema lui”.
Pochi scherzi, ha ragione il vecchio. Non è ancora fatta. Dodici punti di vantaggio per il Pd sono ancora pochi. Basta poco per perdere consensi.
Ha ragione la Serracchiani:
“Stiamo vincendo nonostante il Pd”.
Tonino ha una dote, riesce ad interpretare i risultati elettorali con grande lucidità, nonostante il vino.
“E’ annata bene perché stavamo con Sel, perché i candidati erano forti e nel caso di Ignazio pure dissidenti. Marino ha fatto un trapianto de fegato da un babbuino, è pe’ le coppie de fatto, pe’ l’eutanasia, nun ha votato la fiducia e s’è dimesso pe’ partecipà a ste elezioni. E’ genovese e s’è presentato con lo slogan “daje”. Sembra un po’ rincojonito, ma dimme: che c’ha a che spartì co’ quelli che stanno in Parlamento?”.
Per l’ennesima volta sono spaesato. Disarmato, subisco il colpo e comprendo che non posso godermi questo zuccherino.
“Ma allora Letta? Sei proprio sicuro che non ha ragione lui? Magari un po’ lo stiamo digerendo questo assurdo compromesso storico…”
“Digerendo? A me me fa vomità. E il voto lo dice chiaro. I voti che ce semo presi sò quelli dei delusi del M5S. Ma gli astenuti in più sò soprattutto de destra. Se se votasse oggi ce farebbero li bozzi. Quelli nun sò come noi, i berlusconiani nun votano perché se guardano le partite in tv. Ce lasceno le briciole, ma appena er piatto se fa ricco fanno la fila ai seggi e se fotografano pure le schede”.
“Gli astenuti sono anche di sinistra!”.
“Eccome no! Ma quelli ce sò sempre stati. E nun li schiodi co ‘n dottorino. Ce vole ‘n cambio de rotta. Vedi che i voti nostri al ballottaggio saranno quasi li stessi, quelli de Alemanno schizzeranno fino a facce tremà er culo. Je la potemo fa sur filo de lana. Ma sveja, noi stamo a Roma e Roma in fondo in fondo è sempre de sinistra.”
Lo spettro inizia ad intimorirmi, oramai lo so, non posso illudermi un’altra volta. Questo venticello rinfresca, ma non spazza via tutto quello che c’è stato.
E Tonino rincara la dose:
“Attento che te fanno la cojonella. Se la rigirano bene e te fanno crede che a livello nazionale hanno fatto le scelte giuste. Alla fine te dimenticherai tutto e manderai giù er boccone. N’artra vorta. Festeggia festeggia che le elezioni vere, quelle nazionali, s’allontanano”.
Perché mi crede così stupido non lo so. Vorrei spiegargli quanto è profonda la mia ferita. Vorrei sbottargli in faccia quante ingiustizie sto subendo per colpa di questa politica e anche della sua generazione. Ma lui:
“Er fatto è che voi ragazzi d’oggi nun ve sapete ribellà. Ve sete fatti er callo a esse presi in giro. Nun c’avete più l’occhi pe’ guardà, né la voce pe’ strillà. Bei rottamatori che ve sete trovati. Io all’età tua volevo esse Che Guevara, te che c’hai sur letto, er poster d’Alfano?”
Ci sono momenti in cui bisogna lasciare il bicchiere sul tavolo, alzarsi e andare a pagare il conto. Respiro e vado alla cassa. Per educazione, per autocontrollo.
Ma Tonino:
“Che fai te ne vai? Nun te piace er discorsetto! Eh!”
Mi giro mentre chiedo lo scontrino e con gli occhi di fuori:
“Quando ritorno ti faccio un culo così!”
Mi dispiace, non volevo, scappo via.
E lui al cameriere:
“Hai sentito sì? Sò contento, in quel piddino c’è ancora quarcosa di sinistra”.

(Continuerà… in Gioventù bruciata. Letta, Alfano e tanta voglia di movimento)

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