Il mercato delle papi girl tra emulazione e indifferenza, dove il denaro fa da padrone

ROMA – Man mano che vengono rivelati  nuovi stralci delle intercettazioni del caso Rubygate, spuntano  inedite frequentazioni ed emergono testimonianze fresche fresche, sale l’indignazione come un fiume in piena.

Almeno così dovrebbe essere. Anche se in questo paese, un tempo associato ai poeti e ai navigatori, persiste un silenzio assordante, inusuale perfino in chi ci guarda dall’estero. Eppure, la vicenda Rubygate con tutte le sue connessioni e collusioni ha aperto uno squarcio dissacratorio sulla credibilità delle istituzioni che governano l’Italia, evidenziando la strisciante corruzione che ci attraversa. Diventa addirittura difficile trovare una giusta definizione per quello cui stiamo assistendo, perché da questa storia emerge una miseria sociale senza eguali che è sempre più difficile da sopportare.

L’opportunismo spregiudicato, il menefreghismo, l’ignoranza sfrontata, le amicizie particolari, i ricatti, la negazione della realtà di fronte all’evidenza dei fatti. E non solo da parte di chi, a partire dalle alte cariche istituzionali, è coinvolto in questa sporca vicenda, ma anche di chi se ne rende partecipe come semplice spettatore, quasi volesse elogiare quei comportamenti deprecabili che alla fine non smuovono le coscienze più di tanto. Un risultato davvero umiliante per un paese come il nostro, spesso riconducibile al rimbombante lavaggio televisivo del cervello, che si è talmente incuneato con il quotidiano da farlo passare inosservato.
Dai “Drive in” degli anni ’80 con le prime apparizioni delle “sgallettate” senza cervello, lanciate dalla prima rete televisiva privata di Berlusconi, alle lunghe fila di madri orgogliose che accompagnano le figlie alla selezione del “Grande Fratello”, come fosse l’unica meta per arrivare alla notorietà del successo, al guadagno facile, compromessi permettendo. Il passaggio è stato così fulmineo e fulminante che non ha lasciato neppure lo spazio di fermarsi per realizzare cosa stesse succedendo in questo paese.

E non è solo colpa dell’opportunismo umano, specie di chi, con i soldi in tasca si crede il padrone del mondo, ma anche di chi ne asseconda le  voglie recondite, i perversi vizi privati. E di chi si è abituato ad essere guardato dall’alto verso il basso e non ha mai pensato che forse esistono delle alternative a questa vergogna.
Fanno inorridire le madri di queste giovani fanciulle, figlie di un’epoca in cui è drammaticamente assente ogni punto di riferimento, che difendono appassionatamente l’integgerrimo comportamento delle loro figliole. La madre di Noemi Letizia parlò di sua figlia come una ragazza dedita ai valori umani. Che poi appena 17enne frequentasse un uomo di oltre 50 anni più vecchio di lei non fa nessuna differenza, tanto il papi rappresenta il ruolo della figura paterna, il nonnino misericordioso sempre pronto ad aiutare il prossimo.
Fanno riflettere ancor di più le ragazze sbucate dal nulla e pronte a tutto pur di cancellare le tracce di un misero passato e quelle laureate con il massimo dei voti. Entrambe accomunate da effimere aspirazione, dove il dio denaro sopprime ogni forma di ragione.
Fanno dubitare le madri che seguono in diretta televisiva i loro figli impegnati a non farsi squalificare dal Grande Fratello, bestemmie e scopate in diretta incluse. Espedienti raccapriccianti che la dicono lunga sulla miseria umana che affolla una società dove la televisione diventa simbolo  del successo o dell’insuccesso.

Il puttanaio di cui parla  una delle intercettate ospite dei festini bunga bunga non è solo dentro le sfarzose ville del presidente del Consiglio, ma come un serpente subdolo e silenzioso si è introdotto nel corso della storia un po’ ovunque, dove pulsa la vita sociale, ridotta a rapporti di scambio per soddisfare il bisogno di denaro da una parte e quello di onnipotenza dall’altra.
Per questo il più delle volte la reazione su questa vicenda fa scattare quel senso  di emulazione e non di vergogna come ci si aspetterebbe: “Beato lui che può”, “Fa bene, lo farei anch’io”. E questa responsabilità non sta solo nel fatto che il protagonista principale sia la quarta carica dello Stato, espressione per antonomasia del senso incorruttibile delle istituzioni  a cui dovrebbe ispirarsi, ma va ben oltre. Scardina quel labile confine fra ciò che è lecito e ciò che non lo è, distruggendo come un apocalisse gli ultimi valori che ancora sopravvivono in una società già lacerata dalla corsa al denaro.  Inutile nasconderlo le responsabilità sono anche degli sprovveduti spettatori del XXI secolo che, nonostante il pluralismo dell’informazione, hanno ignorato le conseguenze letali.

Inutile affannarsi. In quest’Italia precipitata nel fondo del barile  non resta più nulla su cui aggrapparsi, se non alla forza di voler risollevarsi lentamente dalle macerie morali provocate da questo terremoto epocale. E pensare che il protagonista principale della torbida vicenda ha minacciato delirante di fare una causa allo Stato.    
Non c’è nulla da aggiungere, questo paese  somiglia sempre più ad una nuova Cartagine,  un tempo  cosparsa di sale affinché non potesse crescere neppure un filo d’erba. Verde, come la speranza di un cambiamento necessario.

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