Democrazia in pericolo. La tesi di Asor Rosa suscita perplessità. Ma Berlusconi va fermato prima che sia troppo tardi

Dopo l’articolo-editoriale di Alberto Asor Rosa sul “Manifesto”, soprattutto sulla Rete, si è scatenato un dibattito che alterna perplessità ad entusiastiche approvazioni. Ma che cosa ha veramente scritto lo storico della letteratura italiana?

Asor Rosa ha messo l’accento sui pericoli che la democrazia italiana sta correndo per colpa della cricca berlusconiana. Secondo l’autore, si tratta di una minaccia molto seria, equiparabile a quella annunciata dai manipoli fascisti poche settimane prima del 30 ottobre 1922 o a quella hitleriana del gennaio 1933. L’opposizione non si trova in una situazione molto diversa da quella in cui versavano liberali (al governo) e social-comunisti in quei terribili giorni che annunciavano il declino delle libertà in Italia. Ecco, dunque, scrive Asor Rosa, che “Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall’alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d’emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d’autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d’interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l’Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale”.

La proposta ha suscitato un vespaio di polemiche, soprattutto perché proviene da un autorevole studioso, già membro del partito comunista. Secondo Salvatore Cannavò, blogger de Il Fattola regressione politica e culturale ci sembra evidente: a un degrado della democrazia si risponde proponendo di annullarla, sia pure in nome dei sacri princìpi della democrazia stessa, con un colpo di mano”.

Anche il Partito democratico, per bocca di Enrico Letta, evidenzia tutta la sua contrarietà alla proposta-shock: “Sono rimasto esterrefatto dalla lettura dell’editoriale di Asor Rosa di ieri sul Manifesto in cui propone lo ‘stato di emergenza’ con Carabinieri e Polizia per risolvere i problemi politici di questa legislatura”. Secondo Walter Veltroni la tesi di Asor “è frutto della radicalizzazione in atto. Più si radicalizza, più si genera radicalizzazione”. Anche l’Italia dei Valori, per bocca del capogruppo alla Camera Massimo Donadi, è contraria alla tesi, rimarcando, però, che  ci troviamo di fronti ad una “maggioranza che procede a strappi” lacerando la Costituzione.

Si deve comunque constatare che lo stesso storico della letteratura ha oggi chiarito oggi che la sua era un’evidente forzatura, che vuole imporre un dibattito a quello che è un pericolo reale, ma tanto è bastato ai pretoriani di Arcore, fra i quali Giuliano Ferrara, per gridare al tentativo di golpe. A proposito del lauto stipendiato dalla Rai e dal Cavaliere, Alessandro Gilioli, sul blog de L’Espresso nota come “quella di Asor Rosa è stata palesemente una puttanata sesquipedale” ma che sono del tutto strumentali le dichiarazioni di Ferrara che scambia i contenuti delle tesi di Asor per quelle ufficiali dell’opposizione. Il corpulento direttore de Il Foglio cerca, scrive Gilioli, di dimostrare “che sia del tutto sana una democrazia in cui un tycoon televisivo usa i suoi media per acquisire e conservare consenso, trasformando nel tempo questo conflitto d’interessi in un plebiscitarismo populista”.

Ora, se pure la tesi del celebre storico della letteratura può suscitare moltissime perplessità in tutti coloro che hanno partecipato alle manifestazioni in difesa della Costituzione Repubblicana, (che non prevede alcuno “stato di eccezione”, al contrario ne persegue perfino l’eventualità), una cosa bisogna dirla: fin quando Silvio Berlusconi sarà il proprietario di un partito politico, con la sua enorme forza economica e mediatica, la democrazia italiana non solo sarà imperfetta ma addirittura impossibile. Infatti, appare evidente che, se pure le attuali opposizioni dovessero vincere le prossime elezioni (il che non è affatto scontato), il Berlusconi leader dell’opposizione (o chi per lui) potrà continuare nelle sue scorribande, acquistando gruppi di deputati e modificando le maggioranze parlamentari, come provò a fare con il governo Prodi (episodio ancora oscuro e oggetto di un’inchiesta della Procura di Roma). Lo “stato di eccezione” è una categoria concettuale del filosofo politico di destra tedesco Carl Schmitt e si contrappone allo “stato di diritto”. Schmitt lo prefigurava come possibilità per il popolo di contrapporsi alla debolezza dei sistemi liberali di inizio secolo. In quanto tale, “lo stato di eccezione” non trova alcuno spazio nelle Costituzioni democratiche del dopoguerra (ma nemmeno in quella americana).

Da quanto si è detto deriva l’assoluta necessità di approvare una legge sul conflitto di interessi (perché quella attuale è come se non ci fosse) che escluda Berlusconi e i suoi gerarchi dall’agone politico, impedendo l’inquinamento affaristico della vita parlamentare e governativa. I futuri leader governativi dovranno poter assumere gli incarichi senza alcun potere televisivo nelle loro mani e senza alcuna potenza finanziaria alle loro spalle. Se ciò non sarà, a prescindere dalle ardite tesi di Asor Rosa, la democrazia italiana continuerà ad essere impossibile.

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