Cartoline & Ritagli 7. La casa delle farfalle

Are you really sure that a floor can’t also be a ceiling?

Per aiutarci a ripensare il nostro rapporto con il mondo che ci ospita, con la produzione di energia dopo Fukushima, con il diritto non contrattabile di poter disporre da parte di tutti dei beni naturali primari come l’acqua, l’aria, il sole, è utile ed opportuno chiedere aiuto, oltre che alla politica e alla scienza, anche a quella meravigliosa fabbrica di inutilità che è l’arte.

Qualche mese fa il Nuovo MACRO a Roma ha ospitato l’opera degli artisti olandesi Bik Van Der Pol (Liesbeth Bik e Jos Van der Pol), vincitori di un premio per l’arte contemporanea sponsorizzato dall’ENEL. L’oggetto del concorso era la realizzazione di un’opera che riflettesse sul tema dell’energia e che fosse appositamente pensata per i nuovi spazi del MACRO. La risposta di Bik Van Der Pol è stata di estrema semplicità e di misteriosa, femminile, profonda e intensa complessità come solo la vita può essere; in una parola, hanno dato una casa alle farfalle. Il loro motto era: Are you really sure that a floor can’t also be a ceiling? (Sei davvero sicuro che un pavimento non possa essere anche un soffitto?).

La casa da loro realizzata non era una qualsiasi, ma una casa ispirata ad una delle più celebri icone dell’architettura contemporanea, la Farnsworth House di Mies Van der Rohe, ricostruita all’interno degli spazi del MACRO, progettato da uno dei più interessanti architetti del nostro tempo, la francese Odile Decq. Liesbeth Bik e Jos Van der Pol ci hanno invitato ad entrare nella casa delle farfalle e ad essere protagonisti dell’opera, attraversando quel microcosmo di vita ricreato, esplorando la capacità dell’arte di offrire conoscenza e comunicazione, attraverso il rapporto dell’uomo con la natura, stimolando comportamenti compatibili con l’ecosistema. All’interno della casa infatti, grazie alla collaborazione scientifica di naturalisti ed entomologi, è stato riprodotto il microclima adatto alla vita e alla riproduzione di centinaia di splendide farfalle multicolore.

Il pubblico ha avuto libero acceso in quel frammento di mondo, a gruppi limitati per tutelare l’equilibrio climatico necessario alla vita delle farfalle, ponendo domande agli scienziati, osservando da vicini migliaia di battiti d’ala, comprendendo quanto la nostra presenza possa comportare mutamenti catastrofici se non improntata ad un consapevole rispetto dell’ambiente che ci ospita. E’ ovvio che la maggiore responsabilità, in positivo e in negativo, della grandissima parte di tali cambiamenti è da attribuire alle attività del genere umano, in un mondo dominato dalla globalizzazione economica e non solo: non è un caso che gli artisti abbiano sviluppato la loro riflessione a partire dalle farfalle che sono considerate una specie particolarmente sensibile ai cambiamenti e alle variazioni dell’ambiente.

L’opera di Bik Van Der Pol rimanda simbolicamente a quell’effetto farfalla che ritroviamo in tanto immaginario mitologico contemporaneo a partire dal racconto fantascientifico di Ray Bradbury Rumore di Tuono, alla battuta del matematico, esperto di Teoria del caos, Ian Malcom, in Jurassik Park: calpestare una farfalla può provocare conseguenze catastrofiche per la storia del mondo, cosi’ come un innocente battito delle sue ali può essere responsabile di un tornado dall’altra parte del globo! E la Farnsworth House di Mies Van der Rohe cosa c’entra? Progettata e costruita nei pressi di un fiume, in un ambiente rurale non distante da Chicago, verso la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, si presenta come un volume puro in vetro e acciaio, sollevato di circa un metro e mezzo dal suolo, completamente open space con al centro il blocco chiuso dei servizi. Le pareti perimetrali sono completamente trasparenti costituite da grandi vetrate che mettono in continuo rapporto visivo l’interno con l’esterno ritagliando lo spazio abitativo dalla natura circostante.

Simbolo della modernità, progettata proprio per enfatizzare il concetto di continuità tra interno ed esterno e del rapporto tra l’uomo e la natura, si trovò più volte ad essere aggredita dall’acqua del fiume che, a causa della successiva ed eccessiva urbanizzazione dell’area, superò in diverse occasioni quel vuoto sottostate, lasciato per permettere all’acqua di fluire, divenendo nell’opera degli artisti olandesi metafora della necessità dell’uomo di conciliare e armonizzare lo sviluppo con l’ambiente, monito a riscoprire un rapporto corretto con la biosfera che ci ospita.

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