SIENA – Nuova giornata nera per Rocca Salimbeni, che da tempo non vede uno spiraglio di sole.
L’agenzia Moody’sha tagliato il rating di due punti. Da “Baa3” a “Ba2”, con previsioni negative. Titolo “junk”, spazzatura, perché ritiene che ci sia una ragionevole probabilità che gli aiuti di Stato richiesti non bastino a garantire un adeguato rafforzamento patrimoniale. Inevitabile, ieri, la chiusura del titolo in profondo rosso, a -6,36%, a quota 0,23 euro, con scambi per oltre 343 milioni di pezzi, pari al 2,93% del capitale. La discesa del titolo negli ultimi dodici mesi è pari a – 41,5%.
L’agenzia USA ritiene che l’aiuto di 1,5 miliardi di euro, in arrivo dal Governo, non basti a risollevare le sorti della banca, che potrebbe avere bisogno di un ulteriore sostegno dall’esterno nell’arco dell’orizzonte del rating. La decisione non è stata vista di buon occhio dall’amministratore delegato Fabrizio Viola, che, non solito alle repliche delle agenzie di rating, ieri ha commentato: “incoerente e ingiusto… sia nella tempistica che nelle motivazione”. L’agenzia di rating, infatti, tra le motivazioni porta “un’incapacità adeguata di generare reddittività e proprio questo è il motivo per cui il management ha presentato e avviato un nuovo piano industriale”. Motivazione ingiusta, secondo Viola, perché “o arriva troppo tardi, in quanto fa riferimento a questioni che attengono la scarsa capacità di generare reddito dell’ultimo anno e mezzo o troppo presto perché di fatto bocciare o mettere in discussione un piano industriale che ha una prospettiva di tre anni e mezzo a distanza di soli tre mesi dall’avvio non mi sembra giusto”.
Tre linee di azione previste dal piano industriale
“Il piano industriale- ha sottolineato Viola-prevede tre linee di azione: l’autofinanziamento, il programma di cessione di asset e l’aumento di capitale. Non abbiamo sottovalutato il fabbisogno di capitale”.
Nelle stesse ore viene anche smentita dall’istituto di credito l’indiscrezione pubblicata sulla Stampa, secondo cui “ il management avrebbe cominciato dopo l’assemblea, a sondare le disponibilità di alcuni advisor cui affidare l’incarico di seguire il delicato dossier. In primis la svizzera Usb, guidata da Sergio Ermotti che Profumo conosce bene perché lo ha voluto a Unicredit tra i suoi quattro vice e con il quale si dice il Presidente del Monte sia rimasto in ottimi rapporti”. Alle affermazioni, i vertici di Rocca Salimbeni, hanno risposto: “BMps non ha sondato la disponibilità di UBS o di altri soggetti relativamente all’ipotesi di aumento di capitale da 1 miliardo sul quale l’assemblea straordinaria degli azionisti ha deliberato, il 9 ottobre 2012, di attribuire delega al Consiglio di Amministrazione”.
Preoccupazione dei sindacati e tensione in città
Nel frattempo, tra dichiarazioni, agenzie di rating e smentite i sindacati di Banca Mps, si sono recate, in riunioni separate dal Prefetto di Siena, Renato Saccone, e dal Commissario Prefettizio del Comune di Siena, Enrico Laudanna. Ad entrambi hanno “ rappresentato il livello di preoccupazione e di tensione esistente in città e più in generale fra i lavoratori della Banca a seguito delle misure previste dal Nuovo Piano Industriale del Gruppo Mps, con particolare riferimento ai licenziamenti, al progetto di esternalizzazioni, alla cessione di Aziende del Gruppo, alla disdetta del Contratto Integrativo e all’utilizzo di una mobilità territoriale senza regole e confini.”
Tra le preoccupazioni più evidenti ci sono le lettere di licenziamento di alcuni Dirigenti. Le associazioni sindacali denunciano “ due pesi e due misure”. Infatti, non sarebbero stati ancora rese note “le laute remunerazioni” dei top manager. Dircredito – Fabi – Fiba/Cisl – Fisac-CGIL – UGL – Uilca/Uil sottolineano:
Il Top management immune dalle conseguenze della crisi
“Da una parte si vorrebbero imporre sacrifici ai Dipendenti, di ogni ordine e grado, a coloro cioè che sono la vera forza di questa Azienda, gli stessi che ogni giorno si adoperano con competenza e dedizione alla clientela, per cercare di aumentare la redditività della Banca, nei fatti, non a parole; gli stessi per cui il Lavoro è ancora un valore che dà dignità all’esistenza, oltre ad essere la fonte primaria di reddito; dall’altra, si crea un ambito, costituito dal Top Management, che appare immune dalle conseguenze della crisi e nel quale ci si rifiuta di dichiarare pubblicamente la propria retribuzione.”
La direzione dell’Azienda avrebbe intrapreso la strada dei: “ licenziamenti “ad personam” di colleghi, con i livelli retributivi più bassi della categoria Dirigenti, ai quali mancano anche più di sei anni al raggiungimento del diritto all’erogazione della pensione; una sorta di selezione mirata, priva di principi oggettivi e di linee coerenti con un reale progetto industriale. Si tratta di un comportamento inaccettabile; si salvano figure dal costo elevatissimo che non hanno dimostrato nel tempo alcuna capacità professionale e si colpiscono altri la cui unica “colpa” è quella di essere più vulnerabili dal punto di vista anagrafico.”
Due pesi e due misure che ledono “il livello salariale, professionale e dei diritti di tutti i Dipendenti della Banca”, mentre “stesso trattamento non si applica ai Top Manager”.
Voci su retribuzioni di oltre 400mila euro annui
“Le voci che registriamo- concludono i sindacati- parlano di oltre 400.000 euro di retribuzione annuale, con parte variabile legata ai risultati superiore al 100% della paga base e contratti che prevedono clausole di rescissione estremamente onerose per l’Azienda, indipendentemente dalla durata dell’incarico e dai risultati ottenuti; altre voci parlano di abitazioni costosissime date in uso al Top Management, ovviamente a totale carico dell’Azienda. Nello stesso momento nel quale si rivede il contributo alloggio per i colleghi e si vorrebbero abbassare le indennità legate alla mobilità.”