La Maire Tecnimont spinge al massimo su idrogeno e biogas

Il presidente Fabrizio Di Amato: “Guardiamo al futuro valorizzando il passato dell’industria energetica italiana”

E’ proprio il presidente di Maire Tecnimont a parlare dell’architettura del nuovo piano.
“Abbiamo deciso di fare chiarezza nella struttura organizzativa, ce lo chiedono i clienti e il mercato.

Oggi Maire e’ una realta’ completamente trasformata, che capitalizza su quanto fatto finora e si riorganizza con due divisioni puntando da una parte sulle nuove tecnologie e dall’altra sulla storica capacita’ ingegneristica”.

“L’obiettivo – osserva il presidente – e’ giocare il ruolo di global technology leader nella transizione energetica. Unbox the Future e’ una prima tappa. Il piano guarda a dieci anni perche’ l’attivita’ di Maire segue i grandi trend delle rivoluzioni industriali”.

Fabrizio Di Amato, presidente Maire Tecnimont

Poi spiega come si muoveranno le due divisioni: “Sustainable Technology Solutions ampliera’ il portafoglio tecnologico, anche grazie alla capacita’ del gruppo di coinvestire in progetti sostenibili. Siamo gia’ presenti nelle tecnologie dei biocarburanti, dei biopolimeri e polimeri biodegradabili, nel riciclo della plastica, nella cattura della CO2 e nell’idrogeno.

La divisione potra’ lavorare in tandem con l’altra unita’, la Integrated E&C solutions, che rappresenta la nostra storica capacita’ impiantistica”.

“Il 95 per cento del nostro fatturato – aggiunge il presidente – viene dall’estero ma portiamo le competenze italiane nel mondo”. Per quel che riguarda, invece, l’impatto sul Paese, il presidente prende l’esempio del progetto di Roma, “dove producendo gas sintetico da rifiuti indifferenziati otterremo idrogeno ed etanolo, alternative piu’ sostenibili per la mobilita’.

Con questo tipo di impianti si potrebbero recuperare dai 16 milioni di rifiuti che ogni anno vanno in discarica a livello nazionale fino a 1,6 milioni di tonnellate di idrogeno che equivale al 20 per cento di quello che oggi si consuma in Europa”.

Insomma, “l’Italia potrebbe diventare un hub di idrogeno autoprodotto, come se avesse quelle risorse naturali che il Paese non possiede, facendo lavorare la filiera, stringendo partnership con industria e finanza”, ha concluso Di Amato.

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