La decrescita felice di Pallante: un pensiero sempre più attuale

Quando Maurizio Pallante coniò l’espressione “decrescita felice”, il termine suscitò curiosità, ma anche fraintendimenti. Molti la intesero come un invito alla rinuncia, alla povertà o a un ritorno nostalgico al passato.

In realtà, la proposta di Pallante è più radicale e, al tempo stesso, più moderna: ridurre la produzione e il consumo superfluo, recuperare la qualità della vita, rimettere al centro la persona e non il PIL.

La decrescita felice non significa “fare meno” in termini assoluti, ma scegliere meglio: ridurre gli sprechi, valorizzare i beni durevoli, promuovere la sobrietà e la solidarietà. È un cambio di paradigma che non misura il benessere con la quantità di merci prodotte, ma con la qualità delle relazioni, la salute dell’ambiente e la dignità del lavoro.


Un concetto nato prima della crisi climatica

Quando Pallante iniziò a scrivere e a divulgare questi concetti, l’emergenza climatica non era ancora percepita con la stessa urgenza di oggi. Oggi invece i rapporti dell’IPCC, i dati sul riscaldamento globale e le tensioni geopolitiche legate alle risorse energetiche rendono il tema della decrescita non solo attuale, ma necessario.

Ridurre i consumi non è più un’opzione etica per pochi visionari: è una questione di sopravvivenza collettiva.


L’attualità della decrescita felice

Nel 2025, il pensiero di Pallante risuona in diversi movimenti e pratiche:

  • Transizione ecologica: le politiche europee sul Green Deal spingono a ripensare il modello di sviluppo, riducendo l’impronta ambientale di produzione e consumo.
  • Economia circolare: riuso, riciclo e riduzione dei rifiuti rappresentano una traduzione concreta della filosofia della decrescita.
  • Benessere soggettivo: dopo la pandemia, cresce l’attenzione alla qualità del tempo libero, allo smart working sostenibile e alla salute mentale, valori che la decrescita felice aveva già posto al centro.
  • Nuovi indicatori: si moltiplicano gli studi che propongono misure alternative al PIL, come il BES (Benessere Equo e Sostenibile), capaci di restituire un quadro più reale della prosperità sociale.

Una sfida culturale

La difficoltà maggiore resta culturale e politica. La narrazione dominante lega ancora il progresso all’aumento della produzione e dei consumi. Parlare di decrescita continua a sembrare provocatorio. Eppure, l’attualità dimostra che la crescita illimitata in un pianeta limitato è un’illusione.

La decrescita felice non è un ritorno al passato, ma la ricerca di un futuro sostenibile, dove la tecnologia, l’innovazione e la cooperazione siano orientate non a produrre di più, ma a vivere meglio.


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