Negli ultimi anni si parla sempre di più di gestione informativa digitale nelle stazioni appaltanti. Un concetto che a molti può sembrare astratto, ma che in realtà è già al centro del nuovo Codice dei Contratti Pubblici e dei processi di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.
La domanda chiave è: si tratta solo di un adempimento burocratico o di una vera occasione di innovazione?
Tra obbligo normativo e opportunità reale
Il rischio maggiore è quello di ridurre la gestione informativa digitale a una formalità: creare documenti digitali, caricare file su piattaforme dedicate, senza che questi diventino strumenti utili al lavoro quotidiano.
Eppure, se usata correttamente, la GID può trasformarsi in una vera leva strategica. Significa passare da un approccio basato sulla carta (anche se digitalizzata) a un sistema in cui i dati diventano un patrimonio condiviso, aggiornabile e consultabile da tutti gli attori coinvolti in una gara, in un progetto o in un’opera pubblica.
Le difficoltà che frenano la transizione
Perché allora la gestione informativa digitale fatica a decollare? Le cause principali sono quattro:
- Mancanza di competenze interne: molti enti non hanno figure formate per gestire processi digitali complessi.
- Scarsa attrattività del settore pubblico: le competenze digitali sono molto richieste anche nel privato, che spesso offre condizioni più competitive.
- Frammentazione degli strumenti: senza interoperabilità, ogni piattaforma rischia di diventare un archivio isolato.
- Approccio “difensivo”: molti enti vedono la norma come un vincolo, non come un’occasione per migliorare i processi.
I vantaggi di una gestione digitale ben fatta
Se invece la transizione viene affrontata con una visione strategica, i benefici sono tangibili:
- Maggiore trasparenza: i dati diventano accessibili e verificabili in ogni fase.
- Efficienza nei processi: meno duplicazioni, meno errori, tempi più rapidi.
- Collaborazione più semplice: imprese, professionisti e PA lavorano su piattaforme comuni, riducendo i conflitti.
- Patrimonio informativo duraturo: i dati raccolti non si “perdono” con la chiusura del progetto, ma restano disponibili per manutenzioni e monitoraggi futuri.
Come trasformare la sfida in un’opportunità
La vera svolta arriva quando la PA decide di:
- Investire in formazione: non bastano strumenti digitali, servono persone che sappiano usarli.
- Pensare in ottica di dati: non solo file e documenti, ma informazioni strutturate e condivise.
- Costruire ecosistemi integrati: mettere in comunicazione piattaforme di appalti, manutenzione e monitoraggio.
- Coinvolgere tutti gli attori: imprese, professionisti, università e centri di ricerca devono essere parte attiva del processo.
Il digitale non è un obbligo, è una opportunità
La gestione informativa digitale può sembrare, a prima vista, un percorso complicato e pieno di ostacoli. Ma se affrontata con l’idea di far crescere competenze, trasparenza e capacità di governo dei dati, diventa uno strumento potente per rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente, innovativa e vicina ai cittadini.
Non si tratta quindi di “fare quello che chiede la norma”, ma di cogliere una grande occasione: trasformare il modo in cui vengono progettate, gestite e monitorate le opere pubbliche in Italia.