Depurazione e riuso delle acque reflue. L’Italia compie un nuovo passo verso una gestione più sostenibile della risorsa idrica.
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) è infatti in procinto di adottare il decreto che assegna 60 milioni di euro nel triennio 2025–2027 alle Regioni per interventi di depurazione e riuso delle acque reflue affinate, una delle leve strategiche per contrastare la scarsità d’acqua e migliorare l’efficienza del servizio idrico integrato.
Un investimento strutturale per il futuro dell’acqua
Il provvedimento prevede che le risorse vengano destinate a progetti presentati dai gestori del servizio idrico integrato, attuati attraverso accordi di programma tra le Regioni e il Mase. L’obiettivo non è emergenziale, ma strutturale: creare infrastrutture e sistemi capaci di ridurre gli sprechi, aumentare il riutilizzo delle acque depurate e rafforzare la resilienza dei territori di fronte ai cambiamenti climatici.
Come sottolineato dalla viceministro dell’Ambiente Vannia Gava, il decreto rafforza l’impegno del Governo per una gestione sostenibile delle risorse idriche, promuovendo soluzioni di lungo periodo in grado di incidere concretamente sulla disponibilità d’acqua e sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Perché il riuso delle acque reflue è strategico
Il riuso delle acque reflue affinate rappresenta una delle risposte più efficaci alla crescente pressione sulla risorsa idrica. In Italia, nonostante una rete di depurazione avanzata in molte aree, il riutilizzo è ancora limitato rispetto al potenziale disponibile.
Le acque reflue opportunamente trattate possono essere impiegate per:
- usi agricoli, riducendo il prelievo da falde e corsi d’acqua;
- usi industriali, in particolare nei processi che non richiedono acqua potabile;
- usi ambientali, come il mantenimento dei deflussi ecologici;
- usi civili non potabili, come l’irrigazione del verde urbano.
In un contesto segnato da periodi di siccità sempre più frequenti, il riuso diventa una componente essenziale delle politiche di adattamento climatico e di economia circolare.
I criteri di riparto: popolazione e territorio
La distribuzione dei 60 milioni di euro avverrà sulla base di criteri che tengono conto della popolazione residente e della superficie territoriale, riconoscendo le diverse esigenze infrastrutturali e gestionali delle Regioni italiane.
Nel dettaglio, le risorse previste per il triennio 2025–2027 sono così ripartite:
- Lombardia: 8 milioni
- Sicilia: 5,5 milioni
- Campania: 5,3 milioni
- Lazio: 4,8 milioni
- Piemonte: 4,6 milioni
- Emilia-Romagna: 4,5 milioni
- Puglia: 4,4 milioni
- Veneto: 4,4 milioni
- Toscana: 4 milioni
- Sardegna: 2,9 milioni
- Calabria: 2,5 milioni
- Abruzzo: 1,7 milioni
- Marche: 1,6 milioni
- Friuli-Venezia Giulia: 1,3 milioni
- Liguria: 1,3 milioni
- Umbria: 1,2 milioni
- Basilicata: 1,1 milioni
- Molise: 0,5 milioni
- Valle d’Aosta: 0,3 milioni
Una distribuzione che mira a garantire equità territoriale, ma anche a stimolare progettualità concrete in tutte le aree del Paese.
Depurazione, riuso e sostenibilità ambientale
Il decreto si inserisce in un quadro più ampio di politiche nazionali ed europee orientate alla sostenibilità ambientale, alla tutela degli ecosistemi e all’uso efficiente delle risorse. Migliorare i sistemi di depurazione significa non solo aumentare la disponibilità d’acqua, ma anche ridurre l’impatto ambientale degli scarichi, proteggendo fiumi, laghi e mari.
Inoltre, il riuso delle acque reflue contribuisce al raggiungimento degli obiettivi legati alla transizione ecologica, all’economia circolare e alla sicurezza idrica, temi sempre più centrali nelle strategie di sviluppo nazionale.
Una sfida che passa anche dall’innovazione
Affinché questi investimenti producano risultati concreti, sarà fondamentale puntare su tecnologie avanzate, sistemi di controllo e monitoraggio, digitalizzazione delle reti e competenze tecniche adeguate. La depurazione e il riuso delle acque non sono solo una questione infrastrutturale, ma anche culturale e gestionale.
Il riparto da 60 milioni rappresenta quindi un’opportunità per modernizzare il servizio idrico integrato, rafforzare la collaborazione tra istituzioni e gestori e costruire un modello più resiliente, capace di affrontare le sfide ambientali dei prossimi decenni.



