Guerra valutaria in Asia e crescita zero in Europa per l’anno del Serpente

TRIESTE – Le celebrazioni del Capodanno cinese e dell’anno del Serpente hanno decretato la chiusura della Borsa cinese per l’intera settimana, pur continuando ad influenzare il sentiment degli investitori, passato dal picco massimo del 2007 per le prospettive di crescita all’attuale attenzione per il rallentamento economico dovuto alla corruzione ed al rischio politico;

perché il paese mantenga attrattività è necessario un riposizionamento delle aziende sulla catena del valore e, posto che queste non possono più competere solamente sui costi perchè i salari in aumento stanno erodendo questo vantaggio, sono imprescindibili investimenti in innovazione, brand awareness (responsabilità d’impresa) e distribuzione per creare un modello di business sostenibile.
L’altro grande player in grado di influenzare i mercati asiatici è il Giappone, che dallo scorso novembre sta attuando un’aggressiva politica monetaria che ha portato ad un deprezzamento di quasi il 20% dello yen sul dollaro, rendendo più competitive le merci del Sol Levante sulle piazze internazionali; il termine tecnico sarebbe “svalutazione competitiva”, anche se gli operatori economici e finanziari preferiscono parlare di “guerra delle valute” quando uno o più paesi utilizzano misure volte a svalutare di proposito le loro monete per ottenere vantaggi concorrenziali.
Stuart Thomson, Chief Economist di Ignis Asset Management, ritiene che la  crescita globale sia oggi caratterizzata da un’inflazione (aumento dei livelli dei prezzi) volatile e da un’espansione limitata, al di sotto del potenziale produttivo, un trend che dovrebbe mantenersi almeno fino al 2018 grazie al sostegno delle politiche monetarie ultra-accomodanti praticate dalle banche centrali: uno scenario che porta a stimare per l’Europa un periodo di crescita piatta, sostenuta da un progresso modesto nel corso dell’anno mentre gli altri mercati, in assenza di rischi sistemici concreti, sono pronti ad andare avanti relegando il Vecchio Continente ad un livello di crescita regionale insufficiente.

Dopo i velati accenni del presidente della BCE (Banca Centrale Europea) Mario Draghi sulla possibilità di agire sulla valuta nel caso in cui il rafforzamento dell’euro possa ostacolare la sua politica di stabilità dei prezzi, anche il G20 che si apre oggi a Mosca vedrà, anche se non ufficialmente, al centro della sua agenda l’ineludibile tema della   “guerra delle valute”: il rafforzamento dell’euro significherebbe per le aziende giapponesi una perdita di competitività, in contrasto con la volontà del Governo nipponico di stimolare l’inflazione e la crescita nel più breve tempo possibile,
Nel frattempo le ormai prossime elezioni italiane di fine febbraio stanno ritornando al centro delle attenzioni degli investitori con ampi dibattiti su qualsiasi nuova leadership futura: con il PIL (Prodotto Interno Lordo) italiano già in fase recessiva per il 2013 con un ribasso dell’1,3%, con vendite in calo del 6,7% a dicembre e ordinativi industriali in flessione del 5,4%, questa mancanza di slancio dell’economia potrebbe accrescere ulteriormente le pressioni sui politici affinché, a parità di altre condizioni, intensifichino le misure di austerity.
A causa di una simile congiuntura macroeconomica i listini di tutte le principali piazze europee si sono mossi all’insegna dell’incertezza per tutta la settimana ed anche nell’ultima seduta di oggi hanno operato senza una direzione precisa e con variazioni frazionali; molti paesi, in particolare quelli del sud Europa dove la crisi del debito sovrano e la recessione si sono fatte sentire con maggior forza, sperano in una unione di intenti tra i big delle economie mondiali riuniti a Mosca per frenare il rafforzamento della moneta unica.
Oggi la piazza peggiore è stata Madrid con una perdita dello 0,63%, mentre Amsterdam ha ceduto lo 0,32% e Bruxelles lo 0,17%; Piazza Affari si è mossa fra alti e bassi, chiudendo con l’indice FTSE MIB a +0,58% e con il FTSE Italia All-Share a +0,67% grazie al buon dato del saldo commerciale, positivo a dicembre 2012 per 2,2 miliardi di euro derivanti dalla compensazione del surplus con i paesi extra UE (+3,3 miliardi) con il disavanzo verso i paesi dell’Unione (-1,2 miliardi); buono anche il dato sul debito pubblico comunicato dalla Banca d’Italia, sceso a dicembre a 1.988 miliardi di euro dai 2.020 miliardi di novembre, il livello più elevato di sempre. Per quanto concerne le altre principali piazze europee, Francoforte ha viaggiato sulla parità (+0,09%) mentre Parigi (+0,53%), Londra (+0,24%) e Zurigo (+0,36%) sono salite.
Tra i titoli del listino milanese segnaliamo l’ulteriore debacle di Finmeccanica, ancora in rosso dopo i ribassi subiti nelle ultime tre sedute ed incerta nonostante il cambio di management; sessione negativa anche per i principali titoli bancari (Montepaschi, Intesa SanPaolo, Unicredit), con Banca Generali e Popolare di Spoleto in controtendenza; segno meno infine per Telecom Italia che, secondo quanto apparso su Il Sole 24 Ore, avrebbe in agenda per la prossima settimana una riunione del consiglio d’amministrazione per valutare una svalutazione degli avviamenti per un valore compreso tra i 2 e i 4 miliardi di euro che, se deliberata, azzererebbe l’utile del 2012.  
Senza particolari variazioni lo spread tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, con una differenza tra il titolo italiano (Btp novembre 2022) e quello tedesco prossima ai 276 Bp (Basis point, punti base) della chiusura di ieri ed un rendimento tornato sotto al 4,4%; stabile anche lo spread per la scadenza a due anni, fermo ai 144 punti di ieri con un rendimento sotto l’1,6%.

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